giovedì, Aprile 18, 2024
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Diritto d’asilo

Stretta del Viminale sul diritto d’asilo

Dispone controlli più rigorosi sulle richieste di asilo e più celeri procedure di esame delle istanze la circolare inviata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini alle prefetture italiane e ai responsabili delle commissioni per il riconoscimento delle tutele internazionali. In particolare, la direttiva del Viminale invita a esaminare con il necessario rigore il sistema di concessione del permesso di soggiorno umanitario, rilasciato dalle questure per gravi motivi umanitari o in caso di riconoscimento di forme di protezione temporanea.

Nella circolare del ministro Salvini si fa presente che “sono attualmente in trattazione circa 136mila richieste di protezione internazionale“. Un numero “significativo e con andamento crescente se si considera che lo scorso anno sono state presentate oltre 130.000 istanze di asilo, di gran lunga superiori ai 119.000 migranti sbarcati sulle nostre coste. La rilevante consistenza dei dati impone un’attenta azione riorganizzativa oltre ad una analisi prospettica della complessiva attività di valutazione delle domande di asilo”.

Il primo obiettivo riguarda “la riduzione dei tempi per l’esame delle istanze, ai quali è strettamente collegata la durata della permanenza nei Centri di accoglienza; i lunghi tempi di attesa infatti, oltre ad essere lesivi dei diritti di chi fugge da guerre o persecuzioni, non consentendo un rapido riconoscimento della protezione internazionale, comportano rilevanti oneri a carico dell’Erario”. “Essenziale” è quindi “che i 50 collegi valutativi, ubicati nelle diverse realtà territoriali, operino a ritmo continuativo (cinque giorni a settimana) sia a livello di commissione, i cui presidenti hanno ex lege un incarico esclusivo, sia a livello di sezione i cui titolari sono altresì chiamati a svolgere ulteriori funzioni presso le Prefetture”.

“A differenza di quanto accade in altri stati membri, – spiega la circolare – nei quali le tipologie di forme complementari di tutela sono espressamente e tassativamente individuate dalle norme e, pertanto concesse in casi limitati, la disposizione in esame, di carattere residuale rappresenta il beneficio maggiormente concesso dal Sistema nazionale. La norma de qua è tuttora vigente ed ha, di fatto, legittimato la presenza sul territorio nazionale di richiedenti asilo non aventi i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale il cui numero, nel tempo, si è sempre più ampliato, anche per effetto di una copiosa giurisprudenza che ha orientato l’attività valutativa delle Commissioni”.

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari “è stato quindi concesso in una varia gamma di situazioni collegate, a titolo esemplificativo, allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alle traversie affrontate nel viaggio verso l’Italia, alla permanenza prolungata in Libia, per arrivare anche ad essere uno strumento premiale dell’integrazione. La tutela umanitaria, concessa inizialmente per due anni, viene di fatto generalmente rinnovata in assenza di controindicazioni soggettive, in via automatica e senza il pur previsto riesame dei presupposti da parte delle Commissioni”.

Una prassi, sottolinea il documento, che “ha comportato la concessione di un titolo di soggiorno ad un gran numero di persone che, anche in base alla normativa europea sull’asilo, non avevano al momento dell’ingresso nel nostro Paese, i requisiti per la protezione internazionale e che, ora, permangono sul territorio con difficoltà di inserimento (salvo i pochi casi in cui il permesso umanitario è stato convertito in permesso per motivi di lavoro) e con consequenziali problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza”.

I NUMERI– La circolare fa poi menzione dei dati dell’ultimo quinquennio che “evidenziano che la percentuale del riconoscimento dello status di rifugiato è stata pari al 7%, quella della protezione sussidiaria al 15%; sono stati inoltre concessi permessi di soggiorno per motivi umanitari nella misura del 25%, aumentata al 28% nell’anno in corso”. “Com’è noto -viene rilevato- tale istituto non afferente l’acquis comunitario, trova il proprio fondamento nell’ Ordinamento nazionale, nell’art.5, comma 6 del d.lgs. n. 286/1998 (T.U. immigrazione), che prevede la concessione del beneficio qualora ”ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”, nei casi in cui non sussistono i requisiti per il riconoscimento di una forma di protezione internazionale”.

Nel documento Salvini intende richiamare l’attenzione “dei Collegi per il riconoscimento del diritto di asilo sulla necessaria rigorosità dell’esame delle circostanze di vulnerabilità degne di tutela che, ovviamente, non possono essere riconducibili a mere e generiche condizioni di difficoltà”. Il titolare del Viminale richiama poi una sentenza della Cassazione che ha evidenziato “come i ‘seri motivi’ previsti dalla normativa a base del permesso per motivi umanitari sono tipizzati dalla ratio di tutelare situazioni di vulnerabilità, calate in concreto, nella complessiva condizione del richiedente, emergente sia da indici soggettivi che oggettivi, laddove questi ultimi sono riferibili alle ”condizioni di partenza di privazione o violazione dei diritti umani nel Paese di origine”.

LE PAROLE DI SALVINI – A commentare la circolare ha pensato poi lo stesso Matteo Salvini. “Donne incinte, bambini e rifugiati restano in Italia. Si vergognino i disinformati che dicono e scrivono il contrario”, ha spiegato il titolare del Viminale, smentendo alcune anticipazioni della circolare diffuse dalla stampa. Quindi ha chiarito: “Il senso dell’iniziativa è limitare un abuso che va a discapito dei rifugiati veri”.

“Su 43mila domande esaminate – ha sottolineato il responsabile del Viminale – i rifugiati sono il 7 per cento mentre la protezione sussidiaria raggiunge il 5. Poi abbiamo la protezione umanitaria che, sulla carta, è riservata a limitati e residuali casi di persone che, pur non essendo in fuga dalle guerra hanno necessità di una tutela. Ma rappresentano il 28 per cento dei casi che poi arriva al 40 con i ricorsi, decine di migliaia di persone. E spesso diventano la legittimazione dell’immigrazione clandestina”.

Il titolare del Viminale ha annunciato inoltre che “abbiamo spostato 42 milioni dei fondi per l’immigrazione dall’accoglienza alla voce rimpatri”. “Quello che era un business che faceva arricchire pochi sulle spalle di molti ora diventa investimento in sicurezza e rimpatri” ha rimarcato.

Poi, in un post pubblicato su Facebook, ha aggiunto: “Con una circolare a prefetti e presidenti delle Commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale ho personalmente richiesto velocità e attenzione nel dare accoglienza a chi scappa veramente dalla guerra ma anche nel BLOCCARE tutti coloro che non ne hanno diritto”.

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