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Una mostra a New York celebra le quattro regine legate a Federico II

Per la prima volta in assoluto una mostra racconta le quattro regine e imperatrici legate a Federico II: si inaugura lunedì 7 marzo all’Istituto Italiano di Cultura di New York diretto da Fabio Finotti. L’Università del Salento ha realizzato un ampio ciclo di video-lezioni che saranno pubblicate periodicamente sulla piattaforma dell’IIC www.stanzeitaliane.it a cura di Francesco Somaini, coordinatore del nuovo Centro Studi Medievali dell’ateneo pugliese. 

Da Altamura vola per New York una preziosa riproduzione, realizzata dagli orafi Moramarco, della celebre corona dell’imperatrice Costanza d’Aragona che si unisce ai tesori autentici provenienti dalla Sicilia (Palermo e Monreale). 

Sarà l’Ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, a inaugurare la mostra, anticipando la Giornata internazionale della Donna.

Costanza d’Altavilla, regina e imperatrice (1154-1198), madre di Federico II; la prima moglie dello Stupor mundi, l’imperatrice Costanza d’Aragona (1184ca.-1222); l’imperatrice Costanza (1231ca.-1307/13) figlia naturale di Federico II e dell’amata Bianca Lancia, sposa bambina di Giovanni III Ducas Vatatze, imperatore d’Oriente a Nicea; la regina Costanza (1249-1300), figlia di Manfredi, altro figlio naturale di Federico II. Quattro donne – la madre, la moglie, la figlia e la nipote dell’imperatore svevo – che divisero un nome importante e che non rimasero mai in secondo piano; quattro regine, forte carisma e mano gentile, fedeli consigliere e spesso protagoniste delle corti duecentesche del Mediterraneo. A loro è dedicata una mostra preziosa per la quale sono partiti da Palermo e Monreale, alla volta di New York (in alcuni casi, per la prima volta in assoluto), opere antiche e di revival romantico ottocentesco: gioielli, icone, monete, sigilli,  frammenti di mosaico, antichi codici e documenti pergamenacei, per raccontare le quattro sovrane. Constancia. Donne e potere nell’impero mediterraneo di Federico II, sarà inaugurata lunedì 7 marzo all’Istituto Italiano di Cultura di New York alla presenza dell’Ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, e del direttore dell’Istituto, Fabio Finotti. Prodotta interamente dall’IIC – organo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) per promuovere all’estero l’immagine dell’Italia e la sua cultura umanistica e scientifica – anticiperà di poche ore la Giornata Internazionale della Donna, dato il tema cruciale del rapporto tra donne e potere.

«Federico II e il suo mondo ci spingono a guardare all’Italia e all’Europa in modo nuovo – spiega il direttore dell’IIC, Fabio Finotti che ha fortemente voluto questa mostra -; Federico II è imperatore eletto dai principi tedeschi, e contemporaneamente è re di Sicilia e re di Gerusalemme, e dunque guarda da un lato all’Europa del Nord dall’altro al Mediterraneo. Nella sua persona incarna la varietà dei popoli che in Sicilia si incrociano e convivono». 

 

La mostra sarà visitabile virtualmente  sulla piattaforma www.stanzeitaliane.it che da un anno costituisce il museo virtuale dell’IIC di New York: un modo per rendere fruibile l’intero lavoro documentario anche per il pubblico europeo e per i numerosi studiosi della figura dell’imperatore svevo e del Regnum Siciliae e che raccoglierà oltre a testi, approfondimenti e interviste a corredo, l’ intero ciclo di sedici video-lezioni a cura di Francesco Somaini, coordinatore del nuovo Centro Studi Medievali dell’Università del Salento e dedicate alla civiltà federiciana. «Questa mostra newyorkese – sottolinea Somaini – si propone di tornare a riflettere su un’età indubbiamente importante della storia dell’Europa, dell’Occidente, del Mediterraneo quale fu il periodo della dominazione sveva nell’Italia Meridionale. Stiamo parlando insomma dell’età di Federico II e di Manfredi, cercando però di esaminarla, seppure in modo non esclusivo, attraverso il prisma del femminile, prendendo in considerazione in particolare quattro figure di indiscutibile rilievo, accomunate dal nome di Costanza». 

 

«Sono molto contento – dichiara Fabio Pollice, rettore dell’Università del Salento – che un’istituzione prestigiosa ed importante come l’Istituto Italiano di Cultura di New York abbia colto le potenzialità del neo-costituito Centro Studi Medievali del nostro ateneo, nel quale convergono le specializzazioni di tanti profili accademici differenti che hanno collaborato con delle lezioni/conferenze sulle tematiche della mostra che si sta per inaugurare. Il tema che è stato prescelto rimanda ad una stagione della storia d’Europa e dell’area mediterranea in cui il Mezzogiorno, la Sicilia, il Sud dell’Italia nel suo complesso si sono ritrovati ad attraversare un’epoca di particolare centralità culturale, politica, economica. Credo che il Mezzogiorno abbia oggi tutte le potenzialità per tornare ad un nuovo protagonismo e istituzioni come le Università non potranno sottrarsi dallo svolgere un ruolo determinante nell’innescare processi di rigenerazione e rilancio dei rispettivi territori, anche nel quadro di un recupero più consapevole di queste lontane radici».

Da Altamura giunge in mostra anche una preziosa riproduzione, realizzata dagli orafi Moramarco nel 2018 in occasione della festa medievale di Federicus della Fortis Murgia, della celebre corona dell’imperatrice Costanza d’Aragona, che per motivi di sicurezza non lascerà la sua collocazione permanente nel percorso espositivo del Tesoro della Cattedrale di Palermo. La riproduzione è realizzata da argento dorato e filigrana d’argento dorata, perline d’acqua dolce e perle di acqua salata, oltre a gemme e smalti policromi.

Un’esposizione costruita con rigore filologico e con il coordinamento di un comitato scientifico presieduto dal direttore Fabio Finotti e da Maria Concetta Di NatalePierfrancesco Palazzotto e Giovanni Travagliato, docenti dell’Università degli Studi di Palermo, che sono riusciti a riunire i pezzi grazie a una importante sinergia di istituzioni, musei, biblioteche, archivi di Palermo e Monreale, collezioni private, tracciando un filo tra le quattro regine e imperatrici e sottolineando il loro valore in una società – quella del Mediterraneo – profondamente multiculturale; e ritrovandole, intatte, nella fascinazione del revival romantico ottocentesco e nei diari dei viaggiatori del Grand Tour. “È la prima volta che una mostra volge la sua attenzione alle regine e alle imperatrici che hanno svolto un ruolo di primo piano, come reggenti in primo piano o consigliere dietro le quinte – spiegano i tre curatori –, piuttosto che esclusivamente ai re normanni e agli imperatori svevi, finora esclusivi protagonisti nell’immaginario generale”.

Tra i pezzi inediti in esposizione, il quarzo taglio cabochon che adornava la fibula del mantello con cui Federico II venne deposto nel sarcofago di porfido rosso nel 1251 nella Cattedrale di Palermo. Ma voleranno a New York anche gli anelli del corredo funebre e la placca con l’iscrizione che identificava il corpo dell’imperatrice Costanza d’Aragona, di cui quest’anno ricorrono gli 800 anni dalla morte; l’antichissimo Martirologio della Cappella Palatina nel quale il 23 giugno di ogni anno si ricordava al clero di pregare per l’imperatrice Costanza, moglie di Federico II, che per la prima volta lascia la Biblioteca Comunale di Palermo (XII-XIII secolo), e il rarissimo Typikón (“regolamento”) di una confraternita medievale bizantina in pergamena (1080), anch’esso conservato alla Palatina; due monumentali icone bizantineggianti oggetto di grande devozione, i famosi “orecchini di Costanza” dal Museo Abatellis e il ricchissimo Paliotto Carondelet, parte del Tesoro della Cattedrale, ricamato in oro e seta, con  le sue splendide aquile federiciane applicate.

La mostra newyorkese, visitabile nella sede dell’IIC su Park Avenue sino all’8 aprile, seguirà essenzialmente due direttrici, il rapporto tra donne e potere; e quello tra spazio italo-europeo e Mediterraneo, rappresentato dal mondo di Federico II, attraverso beni preziosi dalle Cattedrali e dalle collezioni diocesane di Palermo e di Monreale, dalla Biblioteca comunale e dalla Cappella Palatina, dal Museo archeologico Salinas e dalla Galleria di Palazzo Abatellis di Palermo, dalle collezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana, oltre che da prestatori privati; alcune opere, che per ragioni conservative non hanno potuto raggiungere fisicamente la sede, saranno presenti virtualmente tramite foto e testi scaricabili con QR code.

Ufficio stampa

Simonetta Trovato | +39.333.5289457 | simonettatrovato@gmail.com

MATERIALI VIDEO LIBERI DA CREDITI

Video della partenza da Palermo dei pezzi in mostra | https://youtu.be/Pl0tUv4tmRE

Video – intervista ai curatori | https://youtu.be/o_-eCz4FVUM

Clip video sul quarzo cabochon ritrovato nella tomba di Federico II | https://youtu.be/c-27K4Y9W_g

 

LA MOSTRA NEL DETTAGLIO

Tre grandi icone di Maria, donna e Madre di Dio, esempi della religiosità normanno-sveva legata alla cultura mediterranea, aprono il percorso espositivo nelle due sale messe a disposizione dell’IIC. Il mosaico (prima metà XII secolo) della Madonna Aghiosorítissa (dell’Intercessione) si accompagna al Typikón (regolamento) in pergamena (1080) dalla Cappella Palatina, e avvia un dialogo formale sia con la Madonna della Perla (1171) del Museo Diocesano di Palermo, che con la più tarda Hodighítria (Madonna della Bruna, metà XIII secolo) della Cattedrale di Monreale. Riporta alle celebrazioni eucaristiche dei monaci di Monreale lo straordinario Evangelistario (precedente al 1189), con delicatissime miniature che segnano graficamente il passaggio dalla tradizione normanna a quella sveva. La tradizione locale lega alla regina madre Costanza gli orecchini in filigrana d’oro conservati al museo Abatellis, mentre le preghiere del clero per l’imperatrice Costanza, moglie di Federico II, sono indicate nel Sacramentario dell’Archivio Storico Diocesano e nel Martirologio che per la prima volta lascia la Biblioteca Comunale di Palermo (XII-XIII secolo). Dal corredo nella tomba dell’imperatrice giungono i tre preziosi anelli d’oro con gemme policrome e la placca d’argento con l’iscrizione funebre, cucita nel drappo nel 1222 (esattamente 800 anni fa), e descritta nel volume di Francesco Daniele (esposto in copia originale all’IIC) che narrò l’apertura nel 1781 dei sepolcri regi e imperiali della Cattedrale di Palermo; il confronto con una tavola dello stesso volume ha consentito la localizzazione originaria del famoso quarzo (ritrovato di recente ed esposto per la prima volta in assoluto) nella fibula che chiudeva il manto sepolcrale dell’imperatore svevo.

Ritorniamo a Costanza, moglie di Federico II: il suo nome compare nei due denari “delle nozze” (1209-1212) conservati al Museo archeologico Salinas; come reggenti del Regno di Sicilia, Costanza madre e Costanza moglie emanano due dei documenti esposti, redatti in favore della Cattedrale della città e datati 1196 (con il sigillo raffigurante l’imperatrice) e 1213.Del 1210 è, invece, un privilegio di Federico non ancora imperatore con il sigillo in ceralacca rossa di re di Sicilia.

All’epoca di quest’ultimo e all’emblema della casata imperiale degli Staufer, rimandano le sei aquile con smalti azzurri cucite sul ricchissimo Paliotto Carondelet, parte del tesoro della Cattedrale di Palermo, ricamato in oro, seta e perle.Costanza (figlia) è virtualmente presente anche nelle immagini dell’Evangeliario in greco (tra XII e XIII secolo) a lei appartenutopiuttosto che all’omonima madre di Federico come voleva la tradizione, proveniente dal monastero femminile del Santissimo Salvatore.

Il fascino di quell’epoca in Sicilia ritorna prepotentemente nel XIX secolo e si concentra in mostra sulla quarta Costanza (nipote di Federico II), personaggio chiave che spingerà il marito Pietro III d’Aragona alla guerra del Vespro nel 1282 contro gli Angioini appoggiati dal Papato: all’origine della guerra, leggenda vuole l’oltraggio dei soldati francesi ad una donna siciliana, come si vede nel dipinto di Bernardino Riccardi (metà ‘800), parte di una collezione privata ed esposto per la prima volta. Federico II è ritratto anche da Giacomo Conti (1861) in un ambiente che ricorda vagamente la Sala della Fontana della Zisa di Palermo. Dal Museo Diocesano di Monreale giungono a New York pezzi che non furono ricollocati dopo il devastante incendio che distrusse il Duomo nel 1811: il capitello e la base di una colonna, in porfido e un frammento di transenna in marmo con mosaici della seconda metà del XII secolo.L’apertura dei sarcofagi regi di Palermo nel 1781 – oltre alla cronaca del Daniele – ebbe uno strascico romantico nelle suggestioni dei viaggiatori del Grand Tour (in mostra il volume di Henry Gally Knight, London 1840), e influenzò gli artigiani di fine Ottocento: tra loro il mobiliere palermitano Andrea Onufrio che realizzò il cofanetto in osso (collezione privata,1889-90) che riporta sul coperchio proprio l’incoronazione di Pietro III d’Aragona e Costanza.

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