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MERCATO DI PIAZZA LIBERTINI

IL CONSIGLIERE ANDREA GUIDO INTERVIENE SULLA QUESTIONE DEL MERCATO DI PIAZZA LIBERTINI

 
“Continua senza sosta il lavoro dell’Amministrazione Comunale teso allo svuotamento e alla desertificazione del centro storico leccese. Un obiettivo che Salvemini e Delli Noci, a quanto pare, perseguono con tutte le loro forze, consapevoli di essere in grado, finalmente, di azzerare in poco tempo tutti i traguardi raggiunti dalla città dal 1998, anno dell’insediamento della prima Giunta Poli, ad oggi. In particolare, il governo cittadino, forte degli strabilianti risultati raggiunti lo scorso weekend dalla propria parte politica in campo nazionale, spinge il piede sull’acceleratore e inserisce la quinta marcia per raggiungere il primario obiettivo della desertificazione del centro storico di Lecce. 
Lo scopo è più che preciso: riportare la città allo stato in cui si trovava prima della rivoluzione dello storico piano Urban, con il quale l’allora sindaco Poli Bortone, tra il 99 e il 2000, riuscì nell’impresa ciclopica ed epocale di rigenerare il centro rilanciandone immagine ed attrattività sul piano nazionale ed internazionale.
Con i 2 sfratti etici organizzati nel nome del bene comune Salvemini e Delli Noci sono riusciti a svuotare e spegnere in un solo colpo 2 aree del centro che fino a ieri erano luoghi di commercio, di incontro e di promozione dell’artigianato. Prima con i Teatini e poi con Piazza Libertini i 2 lungimiranti amministratori hanno organizzato l’ennesimo brutto colpo alla vita nel centro cittadino.
I mercati, in Italia, per tutto il Novecento, hanno rappresentato in ogni città non solo luoghi di commercio, ma anche spazi di socialità, confronto, scambio, integrazione, luoghi in cui si sono formate ed evolute le opinioni. I mercati, quelli delle periferie, così come quelli dei centri storici, hanno rappresentato la massima espressione del vivere sociale italiano. I luoghi della gente. Per la gente. Per gli anziani che non possono o non vogliono fare tanta strada per recarsi verso i freddi e impersonali centri commerciali. Per i giovani che fanno filone a scuola. Per le casalinghe che trovano in esso l’unico momento di socialità della loro giornata. Per i vecchi ambulanti con le loro mille storie da raccontare. Per i cittadini stranieri che in essi trovano occasione di integrazione. E per i visitatori e i turisti che per tradizione di viaggio sono abituati a fare gli acquisti per strada, passeggiando e ammirando la bellezza dei luoghi che visitano.
Del nostro centro, a breve, rimarrà un unico, vasto, buio, silenzioso e solitario percorso a slalom tra le decine, decine e decine di transenne bianche e rosse e segnali stradali precari disseminati in giro al fine di rendere visibile il cambiamento promesso: la personale visione della viabilità veicolare del nostro amato primo cittadino e del suo soccorritore elettorale.
Non si possono sfrattare commercianti, artigiani e rigattieri solo perché il Comune non è dotato di un Regolamento per il Commercio su Aree Storiche. Qui siamo al paradosso. Ed è strumentale invocare un decreto del 1983. In tutte le città italiane in cui il turismo è volano dell’economia locale esistono i mercati in centro, nei luoghi della storia e della cultura. Roma, Firenze, Torino, Ravenna, Pisa, Napoli, solo per fare degli esempi. E così è anche nel resto dell’Europa. Per quale motivo le due cose non possono convivere? Per quale motivo, come avviene dappertutto, i nostri commercianti non possono lavorare e smontare i propri allestimenti a fine mattinata per permettere una diversa fruizione degli spazi nel pomeriggio e nella sera? 
Questa Amministrazione fino ad oggi ha solo imposto personali visioni. Evitando puntualmente di scendere a compromessi con le esigenze, i problemi, le prerogative, i desideri e le speranze dei cittadini”.
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