sabato, Aprile 27, 2024
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Processo sui palazzi di Via Brenta, assoluzione per l’ex sindaco Poli Bortone e tutti gli imputati

Processo sui palazzi di via Brenta: tutti assolti dall’accusa di peculato. Lo ha deciso oggi la seconda sezione penale del Tribunale di Lecce che ha ritenuto innocenti l’ex sindaco di Lecce Adriana Poli Bortone, il suo consulente Massimo Buonerba, l’ex dirigente di Palazzo Carafa Giuseppe Naccarelli, il costruttore dei due palazzi Pietro Guagnano; l’ex assessore della Giunta Poli Ennio De Leo; Vincenzo Gallo, Maurizio Ricercato e Fabio Mungai; rispettivamente funzionario, ad e dirigente della società di leasing Selmabipiemme. Le accuse erano di peculato per distrazione – per il quale il pm Maria Vallfuoco aveva chiesto una condanna a sei anni – e abuso d’ufficio.

Gli imputati sono stati assolti dall’accusa perché il fatto non sussiste mentre per il reato di abuso d’ufficio i giudici hanno disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. La sentenza chiude così il secondo processo sulla compravendita dei palazzi di via Brenta diventati polo della giustizia civile. Tutto era nato dalla decisione del giudice Stefano Sernia, di inviare gli atti in Procura per valutare la posizione della ex prima cittadina Adriana Poli Bortone e per avviare un nuovo processo non più per truffa ma per peculato dopo la condanna a tre anni per la sola ipotesi di falso nei confronti di Giuseppe Naccarelli.

Secondo l’accusa, il Comune di Lecce aveva sottoscritto un contratto di locazione con la società costruttrice, la Socoge, dell’imprenditore Pietro Guagnano. Nel 2006, sulla scorta di una determinazione dirigenziale del responsabile del settore economico comunale Naccarelli, senza passare dal Consiglio, il Comune subentrò nel contratto di leasing sottoscritto dalla Socoge con la società milanese Selmabipiemme per l’acquisto dei due edifici, presentando l’offerta come vantaggiata per Palazzo Carafa.

L’operazione si sarebbe poi rivelata priva di convenienza a causa di un notevole esborso finanziario, pari ad un costo complessivo di 41 milioni e 436 mila euro. Secondo l’accusa, quindi, tutto avrebbe condotto a un assalto alle casse comunali per procurare intenzionalmente un vantaggio patrimoniale all’imprenditore Guagnano e alla Selma. Oggi la decisione che chiude la vicenda.

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