venerdì, Marzo 29, 2024
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Il calcio di Tony, il ragazzo tornato dalla Luna

La storia di Antonio Palermo, uno sportivo “tornato dalla Luna” per continuare a giocare a calcio

C’è una cosa che ti colpisce, subito, quando parli con Tony. Sono i suoi occhi. L’azzurro li rende belli ma è quello ha vissuto a renderli unici. Antonio Palermo oggi ha 43 anni, è Assessore allo Sport e alle Politiche Giovanili nel Comune di Cavallino in provincia di Lecce (Puglia) ma appena può gioca a calcio. La sua è la storia di un ragazzo che sembrava predestinato ad entrare nell’Olimpo dei grandi calciatori ma che si è dovuta interrompere violentemente per una malattia che lo ha semi-paralizzato e dalla quale è riuscito a guarire solo grazie all’amore per il pallone e alla sua forza di volontà, che gli hanno fatto compiere ciò che molti medici trovavano impensabile. Oggi Tony non è più la giovane promessa del Salento ma è un uomo che con gli occhi vivi come quelli dei bambini, rimane il ragazzo che palleggiava per strada con le arance, le palline da tennis, i rotoli di scotch o qualsiasi cosa potesse prendere vita tra i suoi piedi. “Quando giocavo non contava niente altro, dice Tony, per me era sempre un momento magico della giornata e questo momento non finiva mai perché cominciava la mattina e finiva la sera quando non c’era più il sole e dovevo andare a dormire”. Una passione totalizzante. Anche l’allenatore Antonio Toma ricorda che aveva “un sinistro ai livelli di Messi, un piede che era un prolungamento del muscolo sul pallone. Aveva una velocità di base impressionante e nell’uno contro uno saltava tutti. Tecnicamente era il giocatore più importante che c’era da Roma in giù” (primi anni 2000).

Tony e Figo

Verso la Serie A, passando per gli spot della Nike

Sembrava predestinato a fare del calcio non solo la sua ragione di vita ma anche la sua professione. Il momento più bello arriva proprio nei primi mesi del 2000 quando viene scelto, unico in Italia, per fare alcune pubblicità della Nike. Furono degli amici a trascinarlo a Carmiano (Lecce) dove si tenevano le selezioni per lo spot diretto da Terry Gilliam. Lui nemmeno ci voleva andare, doveva allenarsi con la squadra. Viene scelto, di pubblicità ne fa 3, in una di queste è anche la controfigura di Figo per i Mondiali del 2002. Viaggia, vola a Roma, conosce alcuni dei suoi idoli, giocatori professionisti che, perché no, avrebbero di lì a breve anche potuto diventare compagni di squadra.

8 dicembre 2002

Però Tony stava male. Da un po’. Vomitava, perdeva l’equilibrio era sempre stanco. Eppure non mollava, non smetteva di allenarsi però qualcosa non andava. Un ricovero urgente dovuto ad un infortunio al ginocchio, fa scoprire la verità: un tumore al cervelletto diventato troppo grande, arrivato all’ultimo stadio, da operare con la massima urgenza. Numerosi interventi, perdita di coscienza, ictus. Tony si paralizza, completamente, in tutta la parte sinistra del suo corpo. Riapre gli occhi ma il corpo non risponde più a nessun comando, nessuno stimolo. “Ero legato al lettino, racconta Tony, pensavo di non “essere” più niente e che fosse arrivata la mia fine”.

La famiglia, gli amici, la riabilitazione

Tre amici per due mesi si trasferiscono a Milano, per stargli vicino, per fargli coraggio. La sua famiglia, il papà Adriano, Gianna la mamma, la sorella Chiara e il più piccolo Gianmarco. Un muro di amore, tra Tony e la malattia. “Quando ero nel letto di ospedale e vedevo un campo di calcio fuori dalla finestra, immaginavo di poter tornare ad essere come quei ragazzi che giocavano liberamente. Quando ti trovi in quelle situazioni ti rendi conto che tutto quello che facevi prima era una fortuna, sia giocare che camminare”. “Era tornato come un bambino, racconta la madre, doveva imparare nuovamente a fare tutto”.

Il calcio di Tony: il ragazzo tornato dalla Luna

Giorni, settimane, mesi che si sono trasformati in anni. Di sforzi, fisioterapie, sfide con se stesso. Tornare a camminare non bastava, Tony voleva tornare a correre, a tirare in porta, a divertirsi con il pallone. “Per ricominciare a giocare a calcio ho dovuto fare migliaia di prove perché non avevo il controllo della gamba. Però avevo capito che il mio miglioramento, anche se non era veloce, poteva essere graduale e costante, seppur lento”. Cinque, sei anni di allenamento, ogni giorno. “Mi avevano detto che potevo camminare, conclude Tony, ma a me non bastava. Io dovevo giocare, dovevo continuare a fare sport. Del resto l’uomo è nato per migliorarsi, deve sempre cercare di farlo. E io sono un uomo e devo sempre migliorare”.

La rinascita

“Quello che mi è successo mi ha cambiato profondamente perché ora riesco ad apprezzare di più le cose semplici della vita, come uscire con gli amici, fare una passeggiata con la fidanzata, o anche semplicemente svegliarsi ogni mattina e poter scendere dal letto. Grazie al calcio– conclude Tony- ho avuto la forza di fare tutto quello che ho fatto. L’obiettivo era di poter tornare a giocare. Non sono diventato un calciatore professionista ma ora sono soddisfatto anche solo di venire invitato dagli amici a giocare a calcetto, perché se non sei bravo, gli amici non ti invitano!”

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