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FRANCESCO E BEATRICE, LA STORIA D’AMORE DEI MARCHESI DI CAVALLINO

FRANCESCO E BEATRICE, LA STORIA D’AMORE DEI MARCHESI DI CAVALLINO

Nella chiesa conventuale di Cavallino, in fondo all’abside, la statua di un uomo e una donna che si tengono per mano racconta la storia di un grande amore. E’ quello tra “i Romeo e Giulietta del Salento”, Francesco Castromediano e Beatrice, la splendida figlia di don Giovanni Acquaviva d’Aragona, che aveva compiuto 18 anni.
Il racconto ci riporta all’anno 1627, in cui la città di Cavallino era un tripudio di addobbi e canti popolari, scintillio di lame da parata e abiti sgargianti per le strade. Come racconta la pagina Salentoacolory una vera e propria scenografia teatrale accolse tutta la nobiltà di Terra d’Otranto per il matrimonio che stava per celebrarsi in pompa magna.

Gli abitanti dell’allora Caballino adoravano questa giovane donna, che sempre aveva tenuto in grande considerazione le necessità del suo popolo. Nel 1636 fu proprio lei che procurò alla popolazione un pozzo dal quale si poteva attingere acqua sorgiva e potabile a differenza di quella che si poteva avere dai pozzi circostanti, impura e maleodorante. Il pozzo è visibile ancora oggi, nella piazza della città, e sopra esso è incisa un’epigrafe in latino che recità così: “Colei che risplenderà di vivide acque, Beatrice Acquaviva, prima marchesa di Caballino, donò”. Ella si prodigò anche per la costruzione del convento dei Domenicani.Donna “Bice”, così come era amorevolmente chiamata in città, amò intensamente il marito, e lo stesso sentimento animò sempre don Francesco. In dieci anni di matrimonio, ella partorì nove figli, ma debilitata dalle innumerevoli gravidanze e dai parti complicati il 5 agosto del 1637 morì prematuramente all’età di appena 28 anni. La sua favola durò giusto 10 anni.

Così come era stato per il matrimonio, anche il suo funerale venne svolto in tre giorni, ma stavolta non c’era gioia nei cavallinesi, e fiumi di lacrime inondarono il catafalco della sfortunata marchesa tanto amata dal suo popolo. Il marito, distrutto dal dolore, con la complicità del reverendo padre G. Palumbo, fece espiantare il cuore dell’amata sposa e lo fece imbalsamare segretamente, in attesa di riaffiancarlo al suo, nel ricongiungimento finale del loro sfortunato amore.

Un monumento di rara bellezza è incastonato da allora nell’abside della chiesa conventuale, sorretto da due leoni, e costruito nel 1663 dal grande scultore alessanese Placido Buffelli, cui fu affidato l’arduo compito di eternare nella pietra il ricordo di don Francesco e donna Beatrice, ritratti nei tipici abiti della nobiltà del tempo. I due sposi continuano a stringersi amorevolmente la mano, camminando insieme per l’eternità.

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