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SCOMPARE DALLE ETICHETTE DEI PRODOTTI ALIMENTARI LA SEDE DELLO STABILIMENTO

All’interpellanza urgente del M5S di mantenere la norma che prevede l’obbligo per le aziende italiane di inserire in etichetta lo stabilimento di confezionamento e/o produzione anche con il nuovo Regolamento Ue, il Governo Renzi glissa

Dal prossimo 14 dicembre, i consumatori italiani potrebbero non leggere più in etichetta lo stabilimento dove viene prodotto ciò che acquistano. Un danno per tutti i cittadini che non avranno più un’informazione che gli permetteva di prediligere – sia per questioni prettamente economiche sia per fattori legati alla sicurezza alimentare – le merci prodotte nel nostro Paese. Il Regolamento (UE) 1169/2011, che entrerà in vigore tra qualche settimana, non prescrive, infatti, la sede dello stabilimento tra le informazioni obbligatorie in etichetta, non prevista neppure dalle direttive precedenti. L’Italia aveva perciò introdotto la sede dello stabilimento quale notizia obbligatoria ulteriore con l’avallo della Commissione europea, la quale aveva riconosciuto il fondamento di tale prescrizione nell’esigenza di garantire l’efficacia di gestione della crisi. Ma anche con il nuovo Regolamento Ue, Bruxelles aveva lasciato la porta aperta alla disposizione: un’occasione non colta, però, dall’Esecutivo di Matteo Renzi. Il Ministero dello Sviluppo Economico, infatti, ha prima inviato una nota informativa (mai resa pubblica) alle associazioni rappresentative delle varie categorie produttive lo scorso luglio e, ora, con la risposta all’interpellanza urgente presentata dal Movimento 5 Stelle, se ne è definitivamente lavato le mani. Sulla questione, mesi fa, ha preso il via anche la petizione online del sito web “Io leggo l’etichetta”.

Per una volta che l’Italia poteva vantarsi in sede europea di una propria normativa all’avanguardia, questo Governo è stato in grado di farci regredire – dichiara il deputato Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura – Dopo i tanti proclami ed i fiumi di chiacchiere sprecati in ogni tipologia di palcoscenico televisivo, questo è nei fatti l’interesse concreto dell’Esecutivo di Matteo Renzi. L’ennesimo colpo al tessuto produttivo italiano, al vero made in Italy, alle imprese sane ed oneste che lavornoa quotidianamente, creando ricchezza ed occupazione, nonostante la vessazione di un Governo sordo. E questa è l’attenzione per i consumatori ed i loro diritti: da metà dicembre non sapremo più qual è la sede dove un prodotto agroalimentare è stato fabbricato e confezionato. Se da un lato ci assicurano che non calerà l’informazione per il pronto intervento degli organi di controllo sulla sicurezza alimentare – continua Giuseppe L’Abbate (M5S) – dall’altro i cittadini non potranno più sapere quale economia stanno sostenendo: se quella locale o quella di altri Stati. Alto è il timore che si tratti del primo effetto delle trattative segrete legate al TTIP (Transatlantic Trade Investment Partnership), l’accordo tra Stati Uniti d’America ed Unione Europea su cui, dal primo giorno in Parlamento, chiediamo chiarimenti ai governi Letta e Renzi. Ancor più assurda la giustificazione del sottosegretario De Vincenti alla nostra richiesta di mantenere la norma, avallata da Bruxelles. A Palazzo Chigi sarebbe stato sufficiente comunicare all’Europa l’intenzione di continuare a conservare l’obbligo della sede di confezionamento e/o produzione sulle etichette ma il Ministero dello Sviluppo Economico ha preferito nascondersi dietro la mancanza di un riferimento normativo. In pratica, manca la legge. Il Governo delle 29 fiducie in meno di un anno, che sforna quotidianamente decreti e promesse, non trova il tempo di scrivere due righe per tutelare le imprese agroalimentari italiane. Alla prova dei fatti – conclude il deputato M5S della Commissione Agricoltura – l’Esecutivo di Matteo Renzi si rivela per quello che è: un coacervo di continui spot elettorali e chiacchiere sensazionalistiche che mirano alla pancia dell’elettore e non a riformare per davvero questo Paese. E anche quando si tratta solamente di copiare dai predecessori in un qualcosa di virtuoso, Renzi riesce nell’impresa di fallire”.

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