martedì, Maggio 14, 2024
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RUSSIA: LA RIVOLTA DI PRIGOZHIN

l leader del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin ferma l’avanzata su Mosca al termine di una giornata convulsa. Putin lo accusa di tradimento ma ormai il leader del Cremlino è nudo.

Il leader del gruppo paramilitare Wagner Yevgeny Prigozhin ha accettato di interrompere la marcia che i suoi mercenari hanno intrapreso diretti verso Mosca, dopo un colloquio telefonico con il leader bielorusso Aleksandr Lukashenko. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Tass”, secondo cui sarebbe stata individuata una “soluzione accettabile” per risolvere la situazione, con annesse anche delle garanzie di sicurezza per i combattenti del gruppo Wagner. L’annuncio è arrivato al termine di una giornata convulsa ore dopo che i paramilitari erano entrati nella città di Rostov sul Don, nel sud della Russia, da dove hanno lanciato una “marcia per la giustizia” ovvero un’insurrezione armata contro l’esercito russo e i suoi vertici militari. “Metteremo fine al caos che sta avvenendo in questo paese” aveva detto Prigozhin, sostenendo di avere sotto il suo controllo 25mila uomini e minacciando di arrivare a Mosca, se la sua richiesta di incontrare il capo di Stato Maggiore e il ministro della Difesa, non fosse stata accolta. Questa mattina in un intervento in diretta televisivaVladimir Putin ha accusato il capo della Wagner, un tempo un suo fedelissimo, di “un alto tradimento” che “sarà punito”. Con toni che confermano la gravità della minaccia, il leader del Cremlino ha definito la rivolta armata una “pugnalata alla schiena” e ammesso che la Russia sta combattendo “la battaglia più dura per il suo futuro”. Secondo fonti dell’intelligence britannica, i reparti della Wagner, rientrati in territorio russo attraversando il confine ucraino in più punti sarebbero arrivati quasi alle porte di Mosca in poche ore. La rivolta di Prigozhin, la sfida più diretta al sistema di potere russo dall’inizio della guerra, ha mostrato che Putin non ha più alcun controllo delle forze armate che non hanno opposto praticamente alcuna resistenza alla rapidissima avanzata dei suoi mercenari.

Non è un caso che l’insurrezione di Prigozhin sia cominciata con la conquista di Rostov sul Don, la principale città della Russia meridionale e capitale dell’omonima regione al confine l’Ucraina orientale. Ci abitano circa un milione di persone ed è un importante porto fluviale a mille chilometri a sud-ovest di Mosca. Ma soprattutto, è la sede del quartier generale dell’8a armata e del distretto federale meridionale della Russia. Prigozhin ha pubblicato un video in cui afferma di controllare i siti militari della città e con essi, il centro delle operazioni russe in Ucraina. Diverse testimonianze inoltre riferiscono che un ulteriore distaccamento della Wagner sarebbe a Voronezh, una città molto più a nord di Rostov e molto più vicina a Mosca, in cui ci sarebbero stati combattimenti anche piuttosto intensi. L’emittente britannica SkyNews ha mostrato immagini di elicotteri militari che bombardano un deposito di carburante per impedire ai miliziani di Wagner di accedervi. I residenti hanno riferito ai media russi che la principale autostrada risulta bloccata a sud e a nord della città, ma nonostante i blocchi Prigozhin assicura che le sue milizie “non hanno dovuto sparare un colpo” per avanzare. Non è chiaro però cosa abbia ottenuto il leader dei mercenari in cambio della retromarcia.

È significativo che nelle ore concitate seguite all’annuncio di Prigozhin, alcuni alleati chiave del capo della Wagner si siano allontanati o abbiano condannato la sua insurrezione. Tra questi il generale Sergei Surovikin, noto in Occidente come ‘generale Armageddon’ per la sua distruzione della città siriana di Aleppo. Surovikin, ex comandante delle forze di terra russe in Ucraina, molto popolare tra gli ultranazionalisti del paese la cui retrocessione lo scorso anno aveva provocato vibranti proteste on line ha esortato i miliziani di Wagner a cessare ogni opposizione alla leadership militare russa e a tornare in caserma. “Vi esorto a smetterla”, ha detto in un videomessaggio pubblicato su Telegram. “Insieme a voi, abbiamo percorso un percorso difficile, abbiamo combattuto insieme, abbiamo rischiato, subito perdite, abbiamo vinto insieme. Siamo dello stesso sangue, siamo guerrieri. Perciò vi esorto e fermarvi e obbedire al volere del presidente. Il nemico sta solo aspettando che la situazione peggiori nel nostro paese”. Allo stesso modo, il leader ceceno Ramzan Kadyrov, complice di Prigozhin lo scorso anno nel puntare il dito contro i vertici militari russi definendoli con disprezzo “generali in tempo di pace”, ha preso le distanze dal suo amico, dicendosi pronto ad aiutare il Cremlino “a mettere fine alla ribellione”. Anche gli influenti blogger militari russi favorevoli alla guerra e alcune agenzie di sicurezza, come il servizio di intelligence dell’FSB, hanno denunciato il capo della Wagner, schierandosi con il Cremlino.

Non c’è dubbio che l’ammutinamento di Prigozhin equivalga alla più grande crisi politica che Putin abbia affrontato nel suo quarto di secolo come leader della Russia. “È un colpo enorme per la legittimità di Putin”, osserva l’oppositore russo Mikhail Khodorkovsky secondo cui l’insurrezione della Wagner “indebolirà il capo del Cremlino”. Il fatto stesso che qualcuno possa averlo sfidato infatti, secondo Khodorkovsky, aumenterà i dubbi sulla sua presa del potere. Ma mentre il mondo osserva col fiato sospeso gli eventi delle ultime ore, non è ancora chiaro a che epilogo porterà il voltafaccia di Prigozhin. Se Kiev vede “una finestra di opportunità” in quello che sta accadendo in Russia e Kaja Kallas, la prima ministra dell’Estonia, annuncia che il suo paese ha rafforzato i controlli al confine con la Russia, in Europa l’atteggiamento più diffuso è di cautela per questioni, ripetono in molti, “interne alla Russia”. Intanto, voci non confermate riferiscono dell’aereo del Cremlino in volo da ore con il transponder spento a cui vari paesi ‘amici’ avrebbero negato l’atterraggio. “Vladimir Putin è a Mosca e sta lavorando” è la risposta secca del Cremlino. Ma la sensazione che qualcosa stia inevitabilmente per cambiare al Cremlino non è mai stata così reale.

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