Dopo 6 anni di lavori a singhiozzo all’ex Pronto soccorso del «Vito Fazzi» il direttore generale della Asl rescinde il contratto alla ditta Ercoappalti.
L’ impresa di costruzioni, di Talsano (Ta), aveva sottoscritto regolare contratto d’appalto il 16.2.2009, per un importo di 475,256 euro al netto del ribasso d’asta del 23,618%. Al piano terra dell’ospedale leccese la Ercoappalti doveva eseguire lavori di “ristrutturazione e adeguamento a norma” del vecchio Pronto soccorso. Locali che non sarebbero stati adibiti a Pronto soccorso, visto che il reparto, diretto dal dottore Fracella, si è trasferito negli attuali locali interrati, sul retro del fabbricato. Un contratto e un rapporto con la ditta tarantina nato decisamente male. Intanto non si capisce perché l’inizio dei lavori, della durata contrattuale di 6 mesi, viene dato il 5 luglio 2010, dopo più di un anno dalla sottoscrizione del contratto.
Successivamente la direzione della Asl, chiede alla Ercoappalti una variazione alla sistemazione logistica. Così il 8.1.2010 i lavori vengono sospesi per una perizia suppletiva di variante. Perizia che viene approvata dal direttore generale Valdo Mellone dopo più di 2 anni, il 6.3.2012. Nella circostanza viene concordato un aumento del prezzo di 70.671 euro, che fa lievitare l’importo complessivo a 556mila euro. La «boccata di ossigeno» favorisce la ripresa dei lavori, il 20 marzo 2012. Ma qualcosa ancora non gira. E il 13 giugno 2013 i lavori si bloccano ancora. La Ercoappalti chiede e ottiene il calcolo del Sal (stato avanzamento lavori) a quella data, pari a 351.328 euro.
Il 18 luglio 2013 venivano presi in carico anticipato parziale alcuni lavori eseguiti nel blocco A e parte del blocco B e il 7 aprile 2014 veniva consegnata alla Ercoappalti una nuova area di intervento. Ma nonostante ripetute sollecitazioni della direzione lavori la Ercoappalti non riprendeva i lavori e il 23 dicembre 2014, dopo un anno e mezzo di blocco, il responsabile del procedimento l’ingegnere Fiorenzo Pisanello, assegna alla ditta 10 giorni di tempo per «lo sgombero e smaltimento dei materiali di risulta nell’area del cantiere che rappresentavano pericolo per il flusso di utenza». Pare che dietro a questi episodi non isolati di imprese che si bloccano e non portano a termine i lavori ci siano proprio le difficoltà di ottenere finanziamenti dalle banche e le rigide regole dei contratti con le Asl, che concedono gli anticipi sui lavori soltanto a determinate condizioni divenute oggi insostenibili.