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Cassa integrazione, rapporto Uil segnala calo del 59% a ottobre nella provincia di Lecce

Cassa integrazione, rapporto Uil segnala calo del 59% a ottobre nella provincia di Lecce

 Giù la cassa integrazione in provincia di Lecce, ma l’emergenza-lavoro continua. Ad ottobre si registra un calo del 59% delle ore autorizzate rispetto a settembre. Sono state 26mila446 le ore richieste, contro le 64mila757 del mese precedente. Accanto alla flessione registrata dalla cassa integrazione in deroga (-57,3%) e straordinaria (-81,1%), si assiste tuttavia ad un aumento della cassa integrazione ordinaria (+268,2%). È quanto emerge dal 10° rapporto della Uil – Servizio Politiche del lavoro sulla cassa integrazione, elaborato su dati Inps.

“Si tratta di dati – commenta Salvatore Giannetto, segretario generale della Uil di Lecce – che ancora una volta non possono avere una lettura positiva, ma sono più che altro il sintomo di un sistema economico in costante crisi: la realtà ci dice che le aziende del nostro territorio continuano a bruciare posti di lavoro. Non bisogna dimenticare, infatti, il possibile effetto restrittivo dei nuovi criteri di autorizzazione della cassa integrazione previsti dal Jobs Act. Si pensi, ad esempio, alla limitazione della durata temporale della cassa ordinaria e di quella straordinaria (con un tetto complessivo di 24 mesi nel quinquennio mobile) o al preoccupante e sensibile aumento del costo dell’ammortizzatore sociale con il significativo rischio che talune aziende optino per la scorciatoia della riduzione del personale”.

L’analisi del sindacato è agghiacciante: “Sembra ormai che il nostro territorio si sia assuefatto – dice il segretario Uil – con il perdurante stato di difficoltà di una buona parte del nostro apparato produttivo. Gli ultimi dati fotografano un Salento dilaniato dalla piaga della disoccupazione giovanile e femminile. E? questa la vera emergenza. Complessivamente, parliamo di 180-190mila disoccupati di ogni età solo nella nostra provincia. Numeri enormi, specie considerando che tantissimi giovani ormai nemmeno si iscrivono al Centro per l’impiego perché non intravedono possibilità di trovare lavoro. La disoccupazione giovanile è intorno al 55%, quella femminile è al 60%. L’aspetto più preoccupante e? che la metà dei giovani senza un lavoro ha un diploma o una laurea: e? paradossale che un territorio ad alta concentrazione di specializzati non riesca ad offrire alcuno sbocco ai suoi ragazzi. Un territorio che non da? prospettive ai giovani non ha futuro. E? su questo che la classe politica deve intervenire».

Il segretario della Uil di Lecce punta il dito anche contro il perdurante abuso dei buoni-lavoro. “I voucher? Per me andrebbero aboliti – dice – o fortemente limitati. Oggi sono il principale mezzo per nascondere il lavoro irregolare. In Puglia c’è stato un boom: 5 milioni di voucher in un anno e la provincia di Lecce, purtroppo, “eccelle” con 1,5 milioni di voucher. Nel primo trimestre del 2016 è andata ancora peggio: a livello regionale, risultano utilizzati già 1 milione e 437mila voucher, con un incremento del 57 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso. Questa è una vera e propria piaga per il mercato del lavoro. E accanto a questa piaga – prosegue – mi preme continuare a denunciare il dramma che vivono i tanti lavoratori salentini che hanno perso il posto a 55 o 56 anni: troppo giovani per la pensione e troppo anziani per trovare un nuovo impiego. Anche per loro, è urgente che si faccia qualcosa”.

Le proposte del sindacato sono chiare. “Dobbiamo smettere – sostiene il segretario Giannetto – di pensare con la testa rivolta al passato: la logica del contoterzista, del basso costo e della bassa qualità non paga più. Il vecchio Tac salentino è quasi scomparso, perché negli ultimi dieci anni abbiamo perso circa 13mila posti di lavoro. Oggi o si punta alla qualità delle produzioni con aziende medio-piccole o non potremo mai essere concorrenziali sul mercato internazionale. Anche l’edilizia sta soffrendo: troppi cantieri bloccati mettono a rischio centinaia di posti di lavoro e non possiamo più bendarci gli occhi. Accanto a un rilancio ragionato di questi settori, dobbiamo investire sui settori a più alto tasso di innovazione: turismo, meccatronica, agroindustria, servizi alla persona. Politica e Università devono trovare una strada comune per portare la ricerca nelle imprese e collocare i giovani specializzati che continuiamo a formare (e a perdere) ogni anno. La politica batta un colpo – conclude – perché stiamo pregiudicando il futuro di intere generazioni”.

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