Xylella: la lunga strada verso la rinascita verde del Salento
di Antonio Bruno
La Professoressa dell’Università del Salento Laura Rustioni
C’è un nemico silenzioso che da oltre dieci anni sta cambiando il volto del paesaggio pugliese: la Xylella fastidiosa, un batterio microscopico ma letale per molte specie vegetali, in particolare per gli ulivi secolari del Salento. Un tempo distese d’argento che raccontavano secoli di civiltà contadina; oggi, in molti casi, colline spoglie e tronchi secchi che ricordano la fragilità del nostro equilibrio con la natura.
Ma la scienza non si arrende. Nelle sale della Camera di Commercio di Lecce, studiosi e agronomi si sono riuniti per discutere i progressi del progetto nazionale ClearGenes, nato a Padova e oggi attivo anche nel cuore del Salento. L’obiettivo è ambizioso: creare varietà di piante resistenti alla Xylella, ma che siano capaci di mantenere l’eccellenza dei prodotti italiani — olio e vino in primis.
Un traguardo che, tuttavia, richiederà tempo: almeno 15 o 20 anni, secondo gli esperti, per selezionare e stabilizzare le varietà migliori. È un cammino lungo, ma indispensabile. Perché non basta salvare le piante: bisogna anche garantire che continuino a produrre oli e vini di alta qualità, degni della tradizione mediterranea.
La ricerca: pazienza, metodo e collaborazione
Come spesso accade nella scienza, la chiave sta nella collaborazione. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari e l’Università del Salento sono oggi in prima linea in questa battaglia. La professoressa Laura Rustioni ha spiegato come il suo gruppo stia studiando varietà di vite potenzialmente resistenti, dopo che si è scoperto che anche i vigneti pugliesi potrebbero essere a rischio.
«Abbiamo iniziato a creare e coltivare le prime piante in laboratorio e in campo sperimentale – racconta Rustioni –. Ma ci vorranno molti anni per arrivare a risultati solidi. Nel frattempo, è fondamentale contenere la diffusione del batterio e ampliare la diversità genetica delle nostre coltivazioni».
Le sue parole toccano un punto cruciale: la biodiversità non è un lusso, ma una necessità. Bloccare l’evoluzione delle varietà agricole significa diventare vulnerabili, non solo biologicamente, ma anche economicamente e socialmente. La natura, dopotutto, è dinamica — e noi dobbiamo imparare a esserlo con lei.
Gli agricoltori in prima linea
Accanto ai laboratori, ci sono i campi. E nei campi del Salento, tra Gagliano del Capo e Leuca, l’imprenditore Giovanni Melcarne sta sperimentando centinaia di incroci di ulivo. Oggi ne ha già più di 3.000.
«Il nostro obiettivo – spiega – non è solo salvare gli alberi, ma produrre un olio di qualità. Non vogliamo essere i giardinieri del Salento, ma i suoi produttori».
È una visione pragmatica e insieme appassionata: salvare la cultura dell’olio non come reliquia, ma come sistema vitale, in evoluzione. Melcarne lo dice con orgoglio: grazie alla collaborazione con il Cnr, i risultati stanno arrivando, anche se lentamente. Ma servirà che la politica e le istituzioni trasformino la ricerca in azione concreta, sostenendo gli agricoltori in questa difficile transizione.
Un messaggio per il futuro
Questa storia ci insegna qualcosa che va oltre la Xylella e oltre la Puglia. Ci ricorda che la scienza è una maratona, non una corsa. Che la natura ha i suoi tempi, e noi dobbiamo imparare a rispettarli, ma anche a comprenderli e a guidarli con intelligenza.
Ci vorranno forse vent’anni per avere nuovi ulivi e nuovi vigneti resistenti, ma ogni passo avanti rappresenta un investimento nel futuro: un futuro in cui la bellezza del paesaggio, la qualità dei nostri prodotti e la sostenibilità ambientale possano convivere.
Il faro di tutti sono le parole che seguono: “La conoscenza è l’unico vero vaccino contro l’imprevedibilità della natura. E coltivarla – proprio come un albero – richiede tempo, cura e fiducia.”