Una “Giornata particolare“ per Hidetoshi Nagasawa

di Davide Tommasi

Tra cielo e pietra, tra Oriente e Salento: la presenza viva di Hidetoshi Nagasawa oltre il tempo

Ci sono artisti la cui presenza non si estingue con il tempo, ma continua a vibrare come una frequenza invisibile, capace di generare nuovi sensi, nuovi incontri, nuove emozioni. Hidetoshi Nagasawa appartiene a questa rara categoria di spiriti.

A sette anni dalla sua scomparsa, la sua assenza è divenuta materia viva: un luogo abitato da memorie, opere, gesti e amicizie che continuano a crescere. E il Salento, terra che lo accolse e che lui amò profondamente, ha voluto restituirgli questo legame con una celebrazione intensa, poetica e collettiva: una “giornata particolare” capace di fondere memoria, arte e sentimento.

Il dialogo tra Oriente e Salento

Nato a Tonei nel 1940, Nagasawa arrivò in Italia negli anni Sessanta dopo un viaggio leggendario in bicicletta da Tokyo a Milano — una metafora perfetta del suo spirito nomade e visionario.In Puglia trovò un terreno fertile per la sua poetica dell’equilibrio, dello spazio e della leggerezza. Qui non solo collezionisti e sostenitori, ma veri amici, che lo accolsero con l’affetto che si riserva a chi sa ascoltare il silenzio delle cose.Fu Casarano, in particolare, a riconoscerlo come uno dei suoi, conferendogli la cittadinanza onoraria e ospitando una sua opera pubblica dedicata alle sorelle Daniela e Paola Bastaniutti, tragicamente scomparse nell’attentato di Sharm El Sheikh del 2005.

Il Salento divenne così il suo “Oriente mediterraneo”: un paesaggio dell’anima dove la pietra, la luce e il vento diventavano elementi di una poesia spaziale.

Le sue opere, disseminate tra spazi pubblici e collezioni private, continuano a raccontare una visione che unisce la potenza della materia alla delicatezza del gesto: il vuoto come pieno, la leggerezza come forza, lo spazio come possibilità.

Una giornata per ricordare e per continuare

Il 7 novembre 2025, nella luminosa cornice della Masseria Secolario di Otranto, l’Associazione “Amici di Hidetoshi” — nata per volontà di alcuni suoi stretti collaboratori e amici — ha reso omaggio all’artista con un evento che è stato insieme riflessione e celebrazione.

Una giornata curata da Adriana Polveroni, animata da voci diverse ma unite da un sentimento comune: la riconoscenza per un maestro che ha saputo trasformare la materia in spirito.

I padroni di casa, Raffaele Cazzetta e Giorgia Marrocco, hanno aperto la giornata con parole dense di emozione:

«Accogliere la memoria di un artista come Nagasawa qui, tra gli ulivi e la pietra bianca del Salento, significa restituire alla terra ciò che lui stesso ha donato: la capacità di vedere l’invisibile», ha detto Cazzetta.

«Questa giornata è un atto di gratitudine verso un uomo che ha saputo unire la delicatezza del gesto alla forza della materia. Sentiamo che la sua presenza continua a respirare tra questi spazi», ha aggiunto Marrocco.

Paride De Masi, presidente dell’associazione organizzatrice, ha ricordato l’artista come «una forza gentile, un pensatore del vuoto, capace di insegnare che la vera materia dell’arte è la relazione».

Luigi De Luca, direttore del Museo Castromediano di Lecce, ha evidenziato «la capacità di Nagasawa di dare peso all’aria e forma al pensiero, rendendo visibile l’invisibile e spirituale la materia».

Il video, le voci, la poesia del ricordo

La mattinata si è aperta con la proiezione del video “Vortici”, che racconta la vita e l’opera dell’artista attraverso immagini, incontri e parole. Un flusso visivo che ripercorre il suo amore per il Salento, per la natura e per quella dimensione sospesa tra scienza e spiritualità che attraversa tutta la sua ricerca.

Tra i relatori e ospiti della prima sessione, figure di grande rilievo nel panorama artistico internazionale: Bruno Corà, Aldo Iori, Giorgio Verzotti, Pablo Rico (in collegamento dalla Spagna), Silvia Fabro, Stefano Boccalini, Fernando De Filippi e Anna Cirignola.

Quest’ultima ha presentato un toccante video-ricordo, offrendo una testimonianza intima di chi ha condiviso con l’artista momenti di lavoro e di vita: “Hidetoshi aveva il dono di trasformare la pietra in parola, la leggerezza in equilibrio, la distanza in incontro”.

Commovente anche l’intervento di Ryomi Nagasawa, figlio dell’artista, che ha ricordato con semplicità:

«Mio padre cercava la bellezza nel silenzio. Diceva che lo spazio non è mai vuoto: è pieno di possibilità. Oggi sento che questo spazio siete voi, che lo avete amato e che lo fate vivere ancora».

Il pomeriggio della Fondazione Nagasawa

La sessione pomeridiana, seguita da un pubblico partecipe e attento, ha segnato un momento importante: la presentazione ufficiale della Fondazione Nagasawa, introdotta da Paride De Masi.

«La Fondazione nasce per custodire le opere di Hidetoshi e per continuare il suo dialogo con le nuove generazioni. La sua arte non è un’eredità da conservare, ma un seme da far germogliare», ha dichiarato De Masi.

Sono seguiti gli interventi di Andrea Alibrandi, Sara Zanin, Antonio Presti — ideatore della Fiumara d’Arte, dove si trova una delle installazioni più potenti di Nagasawa, scolpita nella roccia — e Paolo Gori, testimone del suo lavoro alla Fattoria di Celle in Toscana.

In collegamento da remoto, Fabio Cavallucci ha offerto un’analisi critica del percorso dell’artista, mentre Alice Cattaneo ha portato una riflessione sul suo insegnamento come maestro di vita.La proiezione del video “Un giapponese in Italia” ha concluso questa parte con un racconto intenso del suo viaggio fisico e interiore nel nostro Paese.

Nel prosieguo del pomeriggio, moderato da Valeria Raho, si sono alternati Caterina Niccolini, Michele Guido, Sara Zanin, Giacomo Zaza, Pietro Marino e ancora Alibrandi, in un dialogo corale tra pensiero critico e memoria viva.

Toti Semerano: il viaggio come architettura dell’anima

Tra gli interventi più intensi della giornata, quello di Toti Semerano ha rappresentato un punto di sintesi tra parola e visione, tra vita e progetto. Architetto, artista e amico di lunga data di Hidetoshi Nagasawa, Semerano ha condiviso non solo ricordi personali, ma una riflessione più ampia sul modo in cui l’opera dell’artista giapponese ha attraversato la sua stessa idea di spazio e di architettura.Nel suo intervento, Semerano ha evocato il “viaggio” come chiave di lettura dell’intera esistenza di Nagasawa: un cammino che non è mai stato geografico soltanto, ma soprattutto spirituale e conoscitivo. Quel celebre tragitto in bicicletta da Tokyo a Milano, raccontato come un gesto quasi leggendario, è divenuto nella sua lettura metafora di un’“architettura del sé”, una costruzione interiore che si espande nel mondo.

«Hidetoshi non cercava mete, ma direzioni. Ogni suo passo, ogni suo lavoro, era un modo per abitare lo spazio in modo nuovo. Non voleva possederlo, ma ascoltarlo. Per lui la materia non era mai resistenza, ma dialogo», ha ricordato Semerano davanti a un pubblico commosso.

Il suo racconto ha toccato momenti di vita condivisa, fatti di silenzi, scambi minimi e sguardi che diventavano pensiero. “Con Hidetoshi si parlava poco, ma ci si capiva sempre”, ha detto con una semplicità che racchiude un’intera filosofia dell’amicizia.

Semerano ha poi sottolineato come l’opera di Nagasawa, pur essendo radicata nella scultura e nella sperimentazione spaziale, abbia sempre avuto un valore architettonico e cosmico: la ricerca di un equilibrio tra forze invisibili, tra pieni e vuoti, tra gravità e sospensione.

In questo senso, l’incontro tra i due — l’architetto e lo scultore — è stato un dialogo tra discipline affini, due modi di misurare il mondo attraverso la forma e il silenzio.

«Nagasawa non costruiva per delimitare, ma per aprire. Le sue opere non chiudevano mai uno spazio, lo liberavano. Ogni pietra, ogni filo, ogni struttura sospesa era una domanda: dove inizia davvero la materia e dove comincia lo spirito?», ha osservato Semerano, in una riflessione che ha lasciato nella sala un silenzio denso e partecipe.

Il suo intervento si è trasformato in un racconto poetico sul valore del vuoto come spazio dell’incontro, una lezione che Hidetoshi aveva saputo trasmettere anche agli amici più vicini.

Non un elogio funebre, ma la testimonianza viva di un sodalizio umano e intellettuale, costruito nel tempo con discrezione e profondità.

«Oggi più che mai, guardando le sue opere, capisco che Hidetoshi ci ha insegnato a stare in equilibrio sul confine tra l’essere e il divenire. La sua arte non finisce: continua a respirare dentro di noi», ha concluso Semerano, tra lunghi applausi.

Oltre l’assenza, una presenza viva

Nagasawa ci ha insegnato che lo spazio non è un vuoto da colmare, ma una tensione da abitare.Nella luce chiara del Salento, tra i muri bianchi e gli ulivi secolari della Masseria Secolario, non si è celebrato un ricordo: si è incontrata una presenza.Quella di un artista che ha saputo coniugare Oriente e Occidente, rigore e poesia, forza e leggerezza.Una giornata per dire, con discrezione e affetto, che l’arte non muore mai: si trasforma in aria, in gesto, in memoria condivisa.In quella armonia instabile che Hidetoshi Nagasawa ha sempre cercato e che continua, oggi più che mai, a ispirare chi crede nella forza poetica dello spazio.

“L’equilibrio non è una condizione stabile. È un continuo movimento verso l’armonia.”— Hidetoshi Nagasawa

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