Quando il sangue ascolta la mente

Di Antonio Bruno

C’è una convinzione dura a morire: che il nostro corpo sia una specie di condominio con regolamento rigido, dove la mente può al massimo bussare, ma non decidere cosa succede dentro.
Questo studio racconta una storia diversa. Più sussurrata che roboante. Ma proprio per questo, più interessante.

Un gruppo di persone ha fatto una cosa apparentemente semplice: per sette giorni ha dedicato tempo alla meditazione, alla respirazione consapevole, alla regolazione delle emozioni, a rivedere il modo in cui interpreta se stessa e il proprio corpo. Nessuna pillola. Nessun macchinario. Nessun intervento invasivo. Solo attenzione, presenza, e un’idea nuova: che il corpo non fosse un nemico da riparare, ma un alleato da riascoltare.

Dopo una settimana, ai partecipanti è stato prelevato il sangue.
Non per cercare miracoli, ma per fare una cosa molto concreta: usare il plasma su cellule neuronali vive, in laboratorio.

Ed è qui che la storia smette di essere poesia e diventa biologia.

Le cellule esposte al plasma “post-intervento” crescevano di più.
Allungavano i neuriti più velocemente.
Mostravano segnali biochimici di maggiore plasticità.
Il BDNF, una molecola chiave per la salute del cervello, era aumentato.

In altre parole: quel sangue portava un messaggio diverso.

Non perché fosse diventato “magico”, ma perché la sua composizione molecolare era cambiata. Le proteine, i metaboliti, i segnali chimici raccontavano una storia nuova: quella di un organismo meno in allarme e più orientato alla riparazione.

Lo studio non dice che la mente “cura tutto”.
Non parla di campi quantistici o di poteri segreti.
Dice una cosa molto più sobria — e forse più rivoluzionaria: il modo in cui pensiamo, sentiamo e interpretiamo ciò che viviamo lascia una traccia misurabile nel corpo.

Non è suggestione.
Non è solo correlazione psicologica.
È un effetto osservabile, riproducibile, analizzato con strumenti di laboratorio.

Il punto non è che sette giorni cambino una vita.
Il punto è che il corpo non aspetta anni per rispondere. Ascolta subito. E risponde subito.

Forse per questo il momento più delicato della giornata è l’inizio. Quando ci svegliamo. Quando il cervello è ancora morbido, meno difensivo, più disposto a credere. In quei minuti decidiamo se raccontargli una storia di minaccia o una storia di possibilità.

Questo studio non ci dice cosa pensare.
Ci ricorda però una cosa che avevamo dimenticato: non siamo fatti di pezzi separati. Siamo un dialogo continuo tra ciò che crediamo e ciò che diventiamo.

E alla fine, la domanda non è se funzioni.
La domanda è se siamo disposti a trattare il nostro sistema nervoso non come un oggetto rotto, ma come qualcosa che — ancora — sta ascoltando.

Jinich-Diamant, A., Simpson, S., Zuniga-Hertz J.P. et al.
Neural and molecular changes during a mind-body reconceptualization, meditation, and open label placebo healing intervention.
Communications Biology 8, 1525 (2025).
DOI: https://doi.org/10.1038/s42003-025-09088-3 Nature

Link diretto allo studio (open access)

Puoi scaricare il paper completo in PDF dalla pagina ufficiale dell’articolo su Nature:

Scarica qui lo studio (PDF Open Access):
https://www.nature.com/articles/s42003-025-09088-3.pdf Nature

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Se vuoi leggere l’abstract e i dettagli, includendo eventuali dati supplementari:

Pagina ufficiale dell’articolo su Communications Biology (Nature):
https://www.nature.com/articles/s42003-025-09088-3 Nature

 

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