Lu Pupuru”, quannu lu Natale parlava leccese

di Davide Tommasi

I Pupari, il Puparu e l’Anima di Lecce: Tradizione che Parla”

Lecce, 18 dicembre 2025 Ci sono sere in cui Lecce non è solo una città, ma una voce antica che torna a farsi sentire. Una voce fatta di parole lente, di gesti tramandati, di silenzi pieni di senso. È una voce che sembra respirare insieme ai suoi vicoli stretti, alle piazze illuminate a festa, agli angoli dove la pietra racconta storie di generazioni. Il 18 dicembre 2025, nel Chiostro dei Teatini, quella voce, come ogni anno, trasmette la tradizione leccese e parla leccese, riportando in vita sensazioni che solo chi conosce la città può davvero comprendere. È un richiamo alle radici, un invito a fermarsi, a ricordare, a sentire il Natale non come una data sul calendario, ma come un sentimento che scorre nelle mani, negli occhi e nel cuore della gente.

Tra le colonne di pietra chiara, consumate dal tempo e dalla preghiera, è stato presentato il numero unico natalizio di “Lu Pupuru”, la rivista che da anni non si limita a raccontare Lecce, ma la tiene viva. Una pubblicazione gratuita, sì, ma dal valore incalcolabile: perché custodisce ciò che non si compra, la memoria del popolo, le storie di chi ha vissuto e di chi vive ancora la città con occhi curiosi e cuore aperto. Ogni pagina è un ponte tra generazioni, un filo sottile che lega passato e presente, tra ironia, devozione, ricordi e racconti.

E come ogni anno, Lu Pupuru si è ripresentato puntuale, comu facea na fiata, fedele a se stesso, così come lo aveva immaginato e voluto il suo fondatore, Roberto Monaco, grande puparu leccese. Voce ruvida e sincera della città, uomo di strada e di parola, Monaco sapeva stare tra la gente e raccontarla senza filtri, senza paura, senza chiedere permesso. Non scriveva per piacere, ma per ricordare, per pungolare, per tenere sveglia la coscienza popolare. Con la penna faceva quello che altri facevano con la predica: diceva la verità, e la diceva con coraggio, senza mai piegarsi alle convenzioni. La sua voce rimbalzava tra le strade e le piazze, entrando nelle case e nei cuori di chi aveva voglia di ascoltare e imparare.



Roberto Monaco aveva capito, prima di tanti, che il Natale, a Lecce, non è solo una data sul calendario, ma un sentimento collettivo. È ironia che graffia, devozione semplice, memoria che non chiede permesso. È il popolo che si riconosce, che ride e che si commuove, che si raccoglie attorno al presepe, alla luce di una candela o al calore di un abbraccio. Ogni nuova edizione di Lu Pupuru è una stretta di mano data attraverso il tempo, un atto di rispetto verso chi ha seminato cultura parlando la lingua vera del popolo, quella che non si studia, ma si vive ogni giorno per strada, tra i vicoli, le botteghe e le piazze del centro storico.

“Lu Pupuru” prende il nome dalla Fiera de Lu Puparu, quella che annunciava il Natale quando le luminarie erano poche e bastava l’odore delle caldarroste per sentirsi in festa. Era lì che si incontravano le famiglie, che si parlava in dialetto senza vergogna, che si compravano statuine per il presepe e si scambiavano notizie, sorrisi e promesse. È un mondo che profuma di pane appena sfornato, di storie raccontate dai nonni ai nipoti, di piccole cose che fanno grande la memoria. La rivista è figlia di quel mondo, e ne porta addosso la stessa dignità semplice e testarda, come un segno di resistenza contro il tempo che corre e dimentica.


La gioia, quella vera

A dare voce a tutto questo è stato Oronzino Invitto, direttore responsabile di Lu Pupuru e anima instancabile dell’associazione Rote Pacce. Le sue parole non erano un discorso, ma un racconto detto col cuore, capace di fermare il tempo e far sentire a ognuno il senso profondo del Natale. Ha parlato di gioia: non quella rumorosa e veloce, ma quella che nasce dalla condivisione, dal riconoscersi parte di una storia comune, dal sapere che ogni gesto, piccolo o grande, contribuisce a tenere viva una comunità.

Invitto ha ricordato il presepe, che nel Salento non è solo fede, ma linguaggio, artigianato, famiglia. È il nonno che sistema la grotta, la madre che accende la lucina, il bambino che chiede perché Gesù nasce povero. È la festa della memoria concreta, fatta di mani, occhi e cuore. Il presepe è una lezione di umanità che si ripete ogni anno, senza bisogno di spiegazioni, un rito che insegna la pazienza, la cura e il rispetto verso gli altri.


La città che non dimentica

Il saluto dell’amministrazione comunale è arrivato attraverso Bronek Pankevich, presidente della Commissione Consiliare Attività Produttive. Il suo intervento è stato un riconoscimento sincero a un lavoro che dura da anni dI Oronzino Invitto, fatto di ostinazione buona e amore vero per la città. “Lu Pupuru”, ha sottolineato, è cultura che non resta chiusa nei salotti, ma cammina per strada, entra nelle case, parla a tutti. È la dimostrazione che la tradizione non è polvere, ma respiro quotidiano, se qualcuno ha il coraggio di difenderla.

Natale è stare insieme

A riportare il Natale alla sua dimensione più intima è stata Loredana De Benedetto, collaboratrice della rivista, che ha ricordato quanto sia importante oggi parlare di serenità, fiducia e vicinanza. Perché il Natale, quello vero, non è vetrina, ma incontro: è guardarsi negli occhi e riconoscersi, è condividere un sorriso o una parola gentile, è sapere che apparteniamo tutti a una stessa comunità che si nutre di storie, memoria e amore.

I ragazzi e il futuro della memoria

Uno dei momenti più commoventi è stato vedere i ragazzi della Scuola Media Ascanio Grandi, coinvolti direttamente nella realizzazione della rivista. La copertina del 2025 porta la loro firma, le loro mani e il loro sguardo sul mondo. È un passaggio di testimone, una promessa che la memoria continuerà a vivere attraverso chi saprà amare e custodire la propria città.

La dirigente scolastica Maria Rosaria Manca ha ricordato che simboli come il presepe e il crocifisso non dividono, ma insegnano a vivere insieme, perché parlano di rispetto, sacrificio e accoglienza. Coinvolgere i giovani nella cultura significa non lasciarli soli, ma consegnare loro una storia da continuare, un’eredità fatta di parole, gesti e affetti che si trasmettono senza bisogno di spiegazioni.

La solidarietà che non fa rumore

Presente anche la Croce Rossa Italiana – Comitato di Lecce, che ha ringraziato Lu Pupuru per l’attenzione al volontariato. È un mondo fatto di mani tese, di notti senza sonno, di umanità concreta. La stessa umanità che il Natale dovrebbe ricordarci ogni giorno, e che in questi momenti trova voce, attenzione e rispetto.

Il sorriso della satira popolare

Tra i ricordi e i desideri è riaffiorata anche la speranza di rivedere la rivista satirica che accompagnava la festa noscia di Sant’Oronzo, quando Lecce sapeva ridere di sé senza perdere rispetto. Perché anche la satira, quando è popolare, è forma di verità. Roberto Monaco lo sapeva bene: ridere, a Lecce, non è mai stato un modo per scappare dalla realtà, ma per guardarla in faccia senza paura, con coraggio e consapevolezza.

“Lu Pupuru” non è solo carta stampata: è voce, è radice, è casa.

È il Natale raccontato come lo raccontavano una volta: senza effetti speciali, ma con l’anima. In un tempo che corre e dimentica, Lu Pupuru si ferma e ricorda. E nel farlo ci dice che essere leccesi non è solo nascere qui, ma sentirsi parte di una storia che continua, ogni volta che qualcuno sceglie di non dimenticare.

E finché ci sarà quiddhru ca se ferma a sentire, a ridere, a ricordare, Lu Pupuru nu mmore mai. Pecché Lecce, quannu parla cu lu core, parla ancora leccese.

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