Il Sole tra i Filari
Di Antonio Bruno
C’è un’immagine che torna spesso quando si parla di innovazione agricola: contadini armati non di zappe, ma di tablet, che sorvegliano vigne attraversate da cavi e sensori come fossero sale operatorie. Ma questa volta la realtà supera la fantasia: sopra le viti, in certi angoli d’Italia, spuntano pannelli fotovoltaici sospesi a tre metri d’altezza.
Il vitivoltaico, lo chiamano. Una parola che sembra inventata da un enologo appassionato di fantascienza.
L’idea è semplice come un sorso di bianco d’estate: produrre energia solare senza sacrificare un metro di terra coltivabile. Ombra per le viti, elettricità per le case, un po’ di frescura per un mondo che scalda ogni anno qualche grado in più.
E infatti gli studi – quelli veri, con grafici, citazioni e studiosi in camice – dicono che funziona: le rese non crollano, le piante si adattano, gli zuccheri arrivano solo un po’ più tardi. Certo, qualche Cabernet sotto la tettoia luminosa pare prendersela più del dovuto, e in annate molto piovose l’umidità gioca brutti scherzi. Ma ci sta: anche l’uva, come noi, ha le sue giornate storte.
Intanto, nel resto del mondo, dalla Germania al Giappone, ogni Paese sperimenta il suo matrimonio tra vite e silicio. Ognuno cerca l’equilibrio perfetto tra la luce che fa maturare un grappolo e quella che accende una lampadina.
E un giorno, forse, ci racconteremo che la rivoluzione verde non è nata nei laboratori di ingegneria, ma tra i filari di una vigna, dove qualcuno ha pensato che il sole potesse fare due lavori al prezzo di uno.
Poi c’è il Salento, che col sole ci parla da secoli. Una simulazione nella provincia di Lecce racconta che un impianto tipo potrebbe produrre decine di migliaia di kilowattora all’anno: energia pulita, CO₂ risparmiata, bollette alleggerite. In cambio, qualche ombra in più sulle foglie e un po’ di pazienza in cantina.
Non un baratto iniquo, direi. Semmai un patto di convivenza: noi proteggiamo la vite dal caldo feroce, lei ci regala lo stesso vino di sempre, magari con un grado alcolico un filo più timido ma con molta, moltissima storia.
Certo, resta la domanda che ci accompagna ogni volta che il nuovo si presenta alla porta: stiamo migliorando il futuro o stiamo complicando il presente?
La risposta, come sempre, sta nel modo in cui useremo questa tecnologia. Se la pretenderemo onnipotente, ci deluderà. Se la tratteremo come un alleato – non come un sostituto della campagna né come un feticcio ecologico – potrebbe diventare una formidabile compagna di viaggio.
Perché la verità è che tra i filari non cresce solo l’uva. Crescono anche le idee. E a volte, per farle maturare bene, basta un raggio di sole in più. O in meno.
Per approfondire:
Agrivoltaico in vigneto: rese elevate ma qualità sotto controllo
Autore: Antonio Bruno
Istituzione: Associazione dei Laureati in Scienze Agrarie e Forestali della Provincia di Lecce
https://centrostudiagronomi.blogspot.com/2025/11/agrivoltaico-in-vigneto-rese-elevate-ma.html