Il cibo come diritto: la sfida che i Comuni non possono più rimandare

di Antonio Bruno

A Melpignano, piccolo centro del Salento, hanno fatto una scelta che dovrebbe scuotere tutta l’Italia: inserire nello Statuto comunale il diritto al cibo sano, sostenibile ed equo. Non un gesto folcloristico, non l’ennesima celebrazione gastronomica. Qui si parla di politica vera.

Il cibo non è solo nutrimento, ma salute, ambiente, dignità. È identità collettiva. È diritto. Eppure troppo spesso lo riduciamo a bene di consumo, lasciato in balìa delle logiche di mercato. Melpignano ci ricorda che non è così: il cibo è un bene comune, da proteggere e governare.

Ora la domanda è inevitabile: cosa aspettano gli altri Comuni? Perché non trasformare in regola ciò che altrove è già realtà? Non si tratta di mode o di “politiche alternative”: si tratta di mettere al centro la vita quotidiana dei cittadini. Dalle mense scolastiche a km zero, ai mercati equi che sostengono i produttori locali, fino all’educazione alimentare nelle scuole. Un’idea semplice ma rivoluzionaria: costruire comunità a partire dal cibo.

E non parliamo solo d’Italia. In molte parti del mondo il cibo è diventato arma di guerra: basta guardare alla Striscia di Gaza, dove i bambini muoiono di fame più che di bombe. Portare il diritto al cibo dentro le istituzioni significa anche questo: dire che la pace passa dal pane.

Cari sindaci, il tempo delle parole è finito. Il diritto al cibo non è un’utopia, ma un’urgenza. E chi amministra un territorio non può girarsi dall’altra parte. Melpignano ha acceso la miccia. Ora tocca a voi far scoppiare il cambiamento.

«Il pane non è merce: è diritto. I Comuni abbiano il coraggio di dirlo.»


  • Cibo come diritto e cittadinanza: il cibo non è solo nutrimento o bene di consumo, ma un diritto fondamentale da garantire.

  • Governance del cibo: il cibo diventa strumento di organizzazione e gestione territoriale, legato a salute, ambiente, socialità e cura del territorio.

  • Cibo come valore fondante della comunità: l’alimentazione corretta e sostenibile entra nello Statuto comunale come principio cardine.

  • Superamento della logica di mercato: il diritto al cibo non può essere lasciato esclusivamente alle dinamiche economiche, ma deve essere tutelato dalle istituzioni.

  • Partecipazione e comunità: la creazione di una “Comunità del cibo” come rete tra cittadini, produttori, associazioni e istituzioni.

  • Educazione e sensibilizzazione: il cibo come leva per la formazione culturale e civica (mense scolastiche a km 0, percorsi educativi, master universitari).

  • Sviluppo sostenibile: promozione di filiere etiche e di qualità, con attenzione al rispetto delle risorse naturali.

  • Cibo come bene universale: un approccio che lega il locale al globale, ponendo il cibo come strumento di pace e di diritti umani.

  • Responsabilità degli enti locali: i piccoli comuni come attori protagonisti nell’elaborare politiche alimentari innovative.

  • Cibo come cultura e identità: valorizzazione delle pratiche locali e costruzione di modelli che rafforzano il legame tra territorio, tradizioni e futuro.


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