"Il bocconotto, ovvero l’Unità d’Italia nella carta forno"

Cari amici,
oggi parliamo di un tema scottante. Più scottante di una seduta della commissione parlamentare antimafia. Più caldo di una brioche lasciata al sole sul cruscotto di un’auto a Ferragosto. Parliamo del bocconotto.

Ora, sia chiaro, il bocconotto non è solo un dolce. È una dichiarazione d’intenti. È l’essenza della geografia italiana riassunta in un morso, la prova vivente – anzi, cotta – che questo paese, pur diviso su tutto, riesce almeno a mettersi d’accordo su una cosa: infilare roba buona dentro la pasta frolla.

Si parte dal Seicento, amici miei. Altro che food blogger su Instagram: qui si parla di Corrado, non Maria Teresa, ma Vincenzo, e del suo “Cuoco Galante” del 1773. Uno che già all’epocNel Salernto In Puglia, ad esempio, ha deciso di stabilirsi a Galatina, come un nobile in pensione che ha trovato casa vista barocco. E lì è nato il “Buccunottu gallipolino”. Nome che già da solo sembra un attacco di singhiozzo in dialetto. È fatto con pasta frolla, crema pasticcera e, quando si vuol far colpo, pure con un po’ di marmellata all’amarena. È il dolce che ti guarda e ti dice: “Ti piaccio anche con le calorie?”.

E poi, la storia! Siamo nel tardo Ottocento, quando la famiglia Ingrosso (che non è un outlet, ma una stirpe pasticcera) apre il laboratorio e il Caffè Menotti. Mentre in Italia si discuteva se mettere o no il busto di Garibaldi nelle scuole, a Gallipoli si decideva cosa infilare dentro un bocconotto. Priorità.

Negli anni Quaranta, in pieno clima bellico, mentre il mondo esplodeva, loro che facevano? Spostavano il negozio in via Forni. Nome profetico. E poi arriva Antonio Bellisario nel 1986, che non è un personaggio di Beautiful ma un uomo che, con eroismo degno del Risorgimento, eredita la ricetta e la mantiene intatta, come fosse la Costituzione o la ricetta segreta della Coca-Cola.

E vogliamo parlare della linguistica? Eh no, perché “bocconotto” non è solo un dolce, è una saga filologica. Il LEI – che non è l’ennesimo ente statale ma il Lessico Etimologico Italiano – gli dedica due colonne fitte fitte. Altro che Dante. E il GRADIT, che sembra un test del sangue ma è un vocabolario serio, lo definisce “pasticcino dolce o salato a seconda delle regioni”. E lì capisci tutto. Il bocconotto è anarchico. È democristiano. È federalista. È, in pratica, l’Italia.

Quindi, amici miei, ricordiamolo: il bocconotto è la dimostrazione che, mentre la politica litiga, i pasticcieri uniscono. E che a volte, per capire un popolo, basta assaggiare cosa mette in forno.

Alla prossima,
Antonio Bruno
(con la frolla nel cuore e la crema nei pensieri)


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