FIMMINE – DONNE DEL SALENTO TRA VITA E RESISTENZA
di Antonio Bruno
Lecce, Palazzo Adorno. Giovedì 12 settembre, ore 12. In una sala che per secoli ha visto uomini parlare di uomini, questa volta parleranno le donne. Finalmente. Non per chiedere carità, non per ottenere un favore, ma per prendersi lo spazio che è loro.
Si chiama “Fimmine – Donne del Salento tra Vita e Resistenza”. Non è il solito progetto “culturale” partorito per giustificare un finanziamento pubblico e finire nel dimenticatoio. No. Questo nasce per fare rumore, per smuovere polvere, per costringere il Salento – e forse anche la Puglia – a guardarsi allo specchio.
Lo firma Improvvisart, che ha avuto il coraggio di vincere un bando dal nome quasi profetico: “Futura. La Puglia per la parità”. Parità? Bella parola, peccato che nel 2025 sia ancora un miraggio. Perché le donne continuano a guadagnare meno, a subire violenza, a morire per mano di chi dice di amarle. E allora sì, serve un teatro che diventi un pugno nello stomaco.
Ci saranno i soliti nomi, le solite cariche istituzionali: presidenti, sindaci, direttori, professori. Tutti pronti a lodare il progetto, a farsi fotografare, a dire che “la parità è importante”. Speriamo che poi non resti solo retorica. Perché di discorsi ne abbiamo pancia piena, ma di azioni concrete ce ne sono sempre troppo poche.
Il cuore di “Fimmine” è un laboratorio teatrale di 30 ore, gratuito, aperto a tutte. Un luogo dove le donne potranno entrare negli archivi, sporcarsi le mani di storia, leggere lettere dimenticate, sfogliare fotografie di chi ha resistito davvero: contadine, operaie, madri, ribelli. Da quelle voci nasceranno monologhi, canti, gesti. Non un teatro patinato, ma un teatro vivo, sporco di vita.
E poi tre performance finali. Non in sale borghesi, ma nei luoghi simbolo: il Polo Biblio-Museale, il Castello di Acaya, il borgo di Presicce-Acquarica. Perché la memoria va portata in strada, tra la gente, non lasciata a marcire in un archivio.
Chi vuole partecipare deve solo compilare un form su www.improvvisart.com. Non serve essere attrici. Serve avere il coraggio di mettersi in gioco, di parlare, di urlare se serve.
Perché qui non si tratta di fare spettacolo. Qui si tratta di resistenza. Di combattere con la voce, con il corpo, con la memoria. Di dire, una volta per tutte, che le donne non saranno mai più silenziose.