Calimera ricorda l’incendio del 1960: teatro e memoria

di Davide Tommasi

A 65 anni dall’incendio del 1960, un’opera teatrale commuove la comunità tra arte, storia e dignità

Calimera, 12 giugno 2025 – Il teatro incontra la memoria nel cuore del Salento. Si è svolto con grande partecipazione di pubblico, nel rione 167 A di Calimera presso la cappella di Sant’Antonio, lo spettacolo “Quel fuoco che mi porto dentro”, evento speciale inserito nei festeggiamenti della tradizionale Festa dei Lampioni di San Luigi e di Sant’Antonio.

Un appuntamento sentito, pensato per ricordare una pagina dolorosa della storia di Calimera: l’incendio che il 13 giugno 1960 devastò la fabbrica di tabacco di Largo Immacolata, portando via la vita a sei donne tabacchine. Una tragedia che, a 65 anni di distanza, brucia ancora nella memoria collettiva della comunità.

A proporre lo spettacolo l’associazione “Ci Siamo”, con l’intento non solo di ricostruire la memoria storica dell’evento, ma anche di restituire dignità a un mestiere ormai scomparso, quello delle tabacchine, vero pilastro dell’economia salentina di un tempo.

A introdurre la serata, il vicepresidente dell’associazione Farizio Aprile e il presidente Gianluca Rosato, che hanno illustrato al pubblico le iniziative previste nelle due serate del 12 e 13 giugno, tutte dedicate alla memoria e alla cultura del territorio.

Autorità e istituzioni unite nel ricordo
Presenti all’evento anche i sindaci di Calimera, Gianluca Tommasi, e di Caprarica di Lecce, Paolo Greco. Entrambi hanno sottolineato l’importanza educativa e culturale dell’iniziativa: «Eventi come questo ci aiutano a non dimenticare, trasmettendo valori di dignità e memoria alle nuove generazioni», hanno dichiarato.

Anche l’assessore Brizio Maggiore ha ribadito il valore della cultura e dell’arte come strumenti per mantenere viva la memoria e far conoscere ai giovani la durezza delle condizioni lavorative del passato.

Una storia tra passato e presente
Scritto da Mario Montinaro e Guido Giampietro, con l’adattamento teatrale di Biagio Delle Donne, “Quel fuoco che mi porto dentro” racconta la tragedia attraverso un dialogo immaginario tra passato e presente. Protagonista è un anziano, interpretato da Mario Montinaro, che riceve in sogno la visita dello spirito della moglie, una delle vittime dell’incendio. Accanto a lui, il figlio (Marcello Morello) e la nipote Viola (Carla Persano), in un racconto che esplora dolore, silenzi e ricerca della verità familiare.

Particolarmente toccante il dialogo tra nonno e nipote, con il pubblico coinvolto e commosso in più momenti dello spettacolo. Applausi lunghi e sentiti hanno accompagnato l’intera rappresentazione.

Tra le fonti d’ispirazione, anche il racconto “Gli Angeli dal grembiule bianco” di Maria Roca Montinaro, presente in sala e visibilmente commossa. A fine spettacolo ha indossato simbolicamente il grembiule delle lavoratrici del tabacco, in un gesto di rispetto e memoria condivisa.

Le testimonianze della memoria
Molto forti anche le parole di Carmelo Palano, che ha ricordato non solo le difficili condizioni delle tabacchine, ma anche le ingiustizie subite dopo la tragedia: «Lo Stato non fu giusto. Pochi spiccioli come risarcimento e pene lievi per i responsabili. Eppure quella dignità è rimasta viva in tutti noi», ha raccontato con emozione.

Profondo anche l’intervento di Antonio Palano, figlio di una delle vittime: «Mi sono mancate le carezze di mia madre, quelle che vedevo ricevere dai miei coetanei. Questa ferita ce la portiamo dentro, ma sapere che la comunità ancora oggi ricorda ci dà forza e consolazione».

Un’opera corale
Lo spettacolo, nato come monologo, è stato trasformato in una vera e propria opera corale, con nuovi personaggi e approfondimenti psicologici e sociali. Il titolo in italiano ha sostituito quello originario in dialetto (“Lu focu… lu focu”), a sottolineare l’universalità del messaggio.

A completare l’opera una canzone originale di Antonio Ottino, ispirata a un’antica poesia in vernacolo. La scenografia di Biagio Delle Donne e gli effetti audio e luci di Giulio Salamanca hanno reso l’esperienza ancora più immersiva.

Il teatro, ancora una volta, si è dimostrato un potente strumento di memoria e coscienza civile, capace di trasformare il dolore in testimonianza e il passato in insegnamento per il futuro.

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