Proteggere, credere, accompagnare: ASL Lecce contro la violenza di genere
di Davide Tommasi
Conferenza e formazione multidisciplinare per tutelare donne e minori
Oggi 25 novembre 2025 al Polo Didattico dell’ASL di Lecce si è svolta una giornata di grande rilevanza civile e istituzionale con la conferenza “La rete antiviolenza e il Percorso Rosa in Ospedale”, che ha riunito professionisti della sanità, Centri Antiviolenza, forze dell’ordine, magistratura e rappresentanti della rete territoriale. L’evento è stato concepito come uno spazio di confronto ad alta intensità tecnico-operativa, nel quale i diversi attori coinvolti nella tutela delle vittime hanno condiviso esperienze, strumenti e criticità, consolidando nuove sinergie a beneficio della sicurezza e della dignità delle donne.
Si è trattato di un incontro strategico, dedicato alla formazione e al coordinamento operativo, con l’obiettivo di rafforzare la capacità del sistema pubblico di prevenire, riconoscere e contrastare la violenza sulle donne. La formazione rappresenta uno dei pilastri imprescindibili per garantire risposte tempestive e adeguate: solo personale preparato e una rete coordinata possono intercettare il rischio, attivare immediatamente percorsi protetti e ridurre la possibilità di ulteriori danni fisici e psicologici.
Al centro dei lavori, temi cruciali per la tutela delle vittime: dal protocollo aziendale per la gestione dei casi di violenza di genere al ruolo determinante dei Pronto Soccorso, fino ai contributi dei CAV, degli specialisti ospedalieri e delle forze dell’ordine. Ogni intervento ha evidenziato come la violenza sia un fenomeno che richiede competenze multidisciplinari: dalla capacità clinica di riconoscere segni spesso invisibili, alla conoscenza delle procedure legali, alla presenza costante dei Centri Antiviolenza come presidi di accoglienza e orientamento, fino al sostegno investigativo e preventivo delle forze dell’ordine.
Questo percorso integrato conferma l’impegno dell’ASL Lecce nel costruire un modello avanzato di protezione, con l’obiettivo di dotare l’intero territorio di procedure uniformi e strumenti condivisi. Solo così si possono ridurre le disuguaglianze di accesso ai servizi e garantire una risposta rapida, coordinata e realmente centrata sulle esigenze delle donne e dei minori coinvolti.
Dati 2024: la violenza di genere nel DEA “Vito Fazzi” di Lecce
L’analisi clinica e statistica dei casi gestiti nel 2024 restituisce una fotografia chiara e preoccupante. I numeri non descrivono solo la quantità degli episodi, ma anche la loro gravità e la complessità dei profili delle vittime, evidenziando quanto sia necessario un approccio capillare, sensibile e specializzato.
44 donne coinvolte, dai 5 agli 82 anni, età media 35 anni: la violenza colpisce tutte le fasce d’età, da bambine ad anziane.
Provenienza: 75,6% provincia di Lecce; 4,9% provincia di Bari; 19,6% Paesi esteri. La significativa presenza di donne straniere sottolinea l’importanza di percorsi di accoglienza culturalmente adeguati e capaci di superare barriere linguistiche, sociali e giuridiche.
Accessi e denunce: 95,2% delle donne ha effettuato un solo accesso; solo il 57,9% ha sporto denuncia. Il dato segnala la necessità di intensificare accompagnamento e supporto informativo, perché molte donne, pur arrivando in ospedale, non si sentono pronte o sicure nel denunciare.
Autori della violenza: compagni 29,5%, conoscenti 22,7%, sconosciuti 9,1%, parenti 4,5%. La maggioranza dei casi conferma che la violenza è prevalentemente domestica o relazionale, annidata nei contesti affettivi e familiari.
Tipologie di aggressione: 61,5% percosse, 23,1% violenza sessuale, 9,6% psicologica, 3,8% economica, 1,9% violenza in gravidanza. La varietà delle forme di violenza, fisiche e non fisiche, richiede competenze differenziate e interventi integrati.
Diagnosi cliniche: ecchimosi, ustioni, algie, lacerazioni, contusioni, fratture. Le conseguenze documentano l’impatto diretto della violenza sulla salute delle donne e confermano l’urgenza di un trattamento rapido, rispettoso e protetto.
Il 2025 mostra già un trend preoccupante: nei primi mesi dell’anno, 36 donne hanno denunciato episodi di violenza, confermando l’urgenza di rafforzare la rete di sostegno e protezione.
Formazione e sensibilizzazione: le voci della conferenza
La mattinata è stata aperta dalla dottoressa Tornese (Direzione Strategica ASL Lecce), che ha sottolineato la responsabilità della sanità pubblica nel diventare presidio attivo di ascolto, protezione e riconoscimento precoce della violenza. L’ospedale deve essere non solo luogo di cura, ma anche ambiente sicuro e consapevole, dove la donna venga accolta senza giudizio e orientata verso percorsi di protezione appropriati.
“La violenza contro le donne non è un’emergenza momentanea, ma una sfida strutturale”, ha dichiarato, evidenziando la necessità di un’alleanza stabile tra ospedale, Centri Antiviolenza, forze dell’ordine e magistratura. Approcci episodici non bastano: servono risposte permanenti, coordinate e misurabili nel tempo.
La dottoressa De Matteis (Fondazione Onda) ha illustrato l’iniziativa dei Bollini Rosa, che premiano gli ospedali impegnati in percorsi dedicati alle donne, ricordando la settimana nazionale di sensibilizzazione dal 21 al 27 novembre. I Bollini Rosa rappresentano uno stimolo continuo a migliorare qualità dei servizi, cultura, prevenzione e accessibilità.
Il ruolo dell’ASL e dei protocolli operativi
La dottoressa F. Cafarella ha evidenziato come il protocollo operativo per la gestione della violenza di genere si inserisca in tutte le iniziative dell’ASL contro la violenza, sottolineando che il fenomeno è grave, trasversale e prevalentemente legato alle relazioni di intimità. La violenza non colpisce solo le donne, ma anche i bambini che ne sono testimoni, e l’ASL si è assunta la responsabilità di questi percorsi attraverso:
Delibere e percorsi assistenti;
Progetto Ipazia e Monitor Antiviolenza;
Opuscoli informativi e mappatura dei servizi della rete territoriale.
La collaborazione tra ospedale e autorità giudiziaria è fondamentale per ridurre errori nella gestione dei casi, come il mancato riconoscimento della violenza di genere o la confusione con conflitti familiari.
Il Tavolo interistituzionale anti-violenza nasce per affrontare fenomeni complessi e migliorare le azioni di tutela di donne e minori, riducendo la vittimizzazione secondaria: ogni volta che una donna denuncia, se non è creduta o non riceve sostegno, subisce un ulteriore trauma.
Violenza sommersa e multidimensionale
Come ricordato dalla dottoressa Scotto di Carlo, i casi osservati rappresentano “solo la punta dell’iceberg”: molte donne non denunciano per paura, dipendenza economica o emotiva, sfiducia nelle istituzioni o mancato riconoscimento della gravità dei comportamenti subiti.
La formazione continua del personale sanitario è fondamentale per intercettare segnali sottili di violenza: cambiamenti comportamentali, segni fisici non spiegabili, atteggiamenti di paura o controllo. Individuare questi indicatori precoci significa prevenire episodi più gravi e salvare vite.
Il dottor D’Angelo (118) ha sottolineato come gli omicidi di donne da parte di partner o ex partner restino costanti nel tempo, dimostrando quanto la violenza domestica sia radicata e richieda interventi educativi, sociali e istituzionali ampi e continuativi.
La dottoressa Ciccarone (CAV) ha evidenziato criticità nei percorsi ospedalieri: scarsa informazione, difficoltà di continuità tra reparto e servizi esterni e gestione delle dimissioni senza collegamento con i Centri Antiviolenza. Migliorare protocolli, standardizzare procedure e rafforzare la comunicazione è essenziale per evitare vuoti assistenziali.
L’ispettore Melcarne ha illustrato strumenti operativi avanzati, come la Direttiva Procura 814 e la piattaforma digitale Scudo, che permettono condivisione immediata delle informazioni e attivazione rapida delle misure di tutela.
Costruire una rete forte e integrata
L’ASL Lecce investe nella costruzione di una rete territoriale solida, basata su protocolli condivisi, progetti dedicati come Ipazia e una mappatura dettagliata dei servizi. Non si tratta di linee guida teoriche, ma di una reale integrazione tra ospedali, Centri Antiviolenza, servizi sociali, forze dell’ordine, scuole e amministrazioni locali.
Un approccio sistemico permette di:
Uscire dalla logica del “caso singolo”;
Monitorare l’andamento del fenomeno;
Individuare punti deboli e migliorare protocolli;
Ridurre la vittimizzazione secondaria;
Garantire protezione a donne e minori con continuità e rispetto.
Oltre la commemorazione: un impegno collettivo
Il 25 novembre diventa non solo memoria, ma richiamo all’azione quotidiana: proteggere, credere e accompagnare le donne che chiedono aiuto.
Proteggere significa attivare subito tutti gli strumenti disponibili per sicurezza fisica ed emotiva.
Credere vuol dire accogliere senza giudizio, riconoscendo che la fiducia è spesso la prima barriera da superare.
Accompagnare significa garantire sostegno continuo, orientamento legale chiaro, assistenza sanitaria competente e supporto sociale fino alla completa messa in sicurezza e autonomia.
La solitudine alimenta la violenza: interromperla significa avviare un percorso di liberazione. L’obiettivo è costruire una comunità capace di riconoscere, prevenire e respingere ogni forma di abuso, restituendo alle donne sicurezza, diritti e libertà. Una comunità che sa leggere i segnali, intervenire tempestivamente, offrire protezione effettiva e garantire dignità, non tollerando il silenzio né delegando la responsabilità.