Antonio Bortone e Fanfulla: scultura, storia, identità salentina

di Antonio Bruno

Antonio Bortone e il Fanfulla da Lodi: L’eredità scultorea del Salento tra Neoclassicismo e Rinascimento

Nel cuore del Salento, nella piazzetta dedicata a Raimondello Orsini Del Balzo, si erge un’opera d’arte che incarna lo spirito epico e la raffinatezza plastica dell’Ottocento italiano: il monumento bronzeo a Fanfulla da Lodi, realizzato dal maestro Antonio Bortone. Questa statua non è solo un omaggio a un personaggio leggendario della storia italiana, ma rappresenta anche una sintesi dell’evoluzione stilistica e culturale di una generazione di artisti salentini che si formarono tra Roma e Firenze, vivendo in prima persona la tensione tra classicismo e modernità.

Fanfulla da Lodi: l’eroe della disfida di Barletta

Il soggetto scelto da Bortone è Fanfulla da Lodi, uno dei tredici cavalieri italiani che parteciparono alla Disfida di Barletta del 13 febbraio 1503, evento celebrato anche da Massimo d’Azeglio nel romanzo Ettore Fieramosca. La figura di Fanfulla è emblematica: valoroso, ribelle, amante della guerra e della libertà, incarna lo spirito rinascimentale dell'uomo d’arme al servizio di ideali superiori. Il monumento ne cattura la forza morale e fisica in una posa intensa: il volto concentrato mentre affila un pugnale, gesto semplice ma ricco di tensione emotiva e simbolica.

Antonio Bortone: un artista tra Firenze e il Salento

Antonio Bortone (1844–1938), originario di Ruffano, fu uno dei più raffinati scultori del Salento tra XIX e XX secolo, insieme a Eugenio Maccagnani, Giuseppe Riccardo Ramirez e Salvatore Saponaro. A differenza di Maccagnani, che si stabilì a Roma, Bortone completò la sua formazione a Firenze, all’epoca capitale artistica e culturale d’Italia. In questa città ebbe l’occasione di confrontarsi direttamente con la tradizione plastica del Quattrocento, tra Donatello, Jacopo della Quercia e Verrocchio, e ciò influenzò profondamente il suo stile.

Il monumento a Fanfulla, infatti, esprime una tensione tra idealizzazione neoclassica e verismo rinascimentale, con particolare attenzione allo studio anatomico, alla gestualità realistica, ma anche alla resa delle pieghe degli abiti, che seguono armoniosamente l’andamento corporeo. Un tempo si rimproverava a Bortone una certa rigidità nel trattamento dei panneggi, ma proprio questa scultura dimostra la sua piena padronanza tecnica, valorizzando il dialogo tra corpo e abito, luce e ombra.

Un’opera salvata dal tempo

La prima versione del Fanfulla fu realizzata in gesso nel 1877, durante il soggiorno fiorentino dell’artista. Rimasta a lungo in un magazzino, rischiava la distruzione fino a quando il preside del Regio Istituto Tecnico di Lecce, Brizio De Santis, salentino anch’egli, ne favorì il ritorno nel territorio natìo. Solo nel 1921 si decise la fusione in bronzo, che fu realizzata nuovamente a Firenze, suggellando il destino di quest’opera tra la patria dell’artista e la patria dell’arte italiana.

La resa plastica complessiva è armonica e potente: la statua si presenta con proporzioni auree, un uso calibrato dei volumi e una sintesi espressiva che lascia trasparire tanto il rigore accademico quanto una sensibilità moderna. Il volto di Fanfulla, teso ma sereno, non è solo quello di un guerriero, ma di un custode della dignità e dei diritti umani, come ricorda l’iscrizione poetica riportata sulla base.

Conclusione: un’eredità artistica da riscoprire

Il Fanfulla da Lodi di Antonio Bortone è molto più che una statua celebrativa: è un frammento vivo della nostra memoria storica e artistica, che testimonia il talento di una generazione di scultori meridionali capaci di inserirsi nel grande flusso della storia dell’arte italiana, senza mai rinunciare alla propria identità. In un’epoca in cui spesso si dimenticano le radici culturali locali, riscoprire artisti come Bortone è un atto di giustizia estetica e civile.

Bibliografia

  • D’Azeglio, M. (1833). Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta. Torino: Stamperia Reale.

  • De Santis, B. (1921). Scritti vari sulla cultura salentina. Lecce: Tip. Salentina.

  • Spinazzola, V. (1991). Il romanzo storico. Bologna: Il Mulino.

  • Panzetta, A. (1994). Nuovo dizionario degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento. Torino: Ad Arte.

  • Croce, B. (1902). Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale. Bari: Laterza.

  • Baldacci, P. (2002). Il Quattrocento fiorentino. Milano: Skira.

  • Russo, A. (2011). La scultura italiana tra Neoclassicismo e Simbolismo. Roma: Gangemi.


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