"Dalla Terra alla Rendita: perché la bonifica idraulica deve essere finanziata dalla fiscalità generale"
di Antonio Bruno
L’agricoltura italiana tra due secoli: un confronto necessario
Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, l’agricoltura italiana rappresentava il motore primario dell’economia nazionale. I dati dell’epoca ci restituiscono l’immagine di un settore produttivo autonomo, capace di generare reddito diffuso, sostenuto da investimenti sostanziali in miglioramenti fondiari, e vitale per l’occupazione e l’export del Paese.
Oggi, nel primo quarto del XXI secolo, lo stesso settore si presenta in forma profondamente trasformata: fortemente assistito da sussidi pubblici, dipendente dagli aiuti europei e nazionali, e con dinamiche economiche che lo avvicinano più alla rendita che all’impresa. Questo mutamento radicale impone una riflessione su chi debba sostenere i costi dei servizi ambientali, come la manutenzione del reticolo idrografico, che non servono più esclusivamente l’agricoltura, ma l’intera collettività.
Economia agricola: ieri motore, oggi settore assistito
Nel 1904 la produzione lorda agraria si attestava a circa 5 miliardi di lire oro, salendo a 7 miliardi nel 1910 e oltre 10 miliardi nei primi anni Venti. Le aziende agricole capitalistiche del Nord, come le “cascine”, mostravano una produttività per ettaro sei volte superiore a quella dei latifondi del Sud. Un ettaro coltivato in Lombardia produceva 596 lire annue, contro le 100 lire nel Mezzogiorno.
Anche gli investimenti erano ingenti: tra il 1876 e il 1880, si raggiungevano 1,1 miliardi di lire annue (a prezzi 1938), di cui il 97% era destinato a miglioramenti fondiari. Le bonifiche integrali, sebbene ancora marginali, erano parte della costruzione di una moderna economia agraria.
Nel 1921, più della metà della popolazione italiana viveva direttamente del lavoro agricolo. Il settore era quindi non solo produttivo, ma anche strutturalmente strategico per il benessere nazionale.
L’agricoltura del XXI secolo: tra sussidi e rendita
La fotografia dell’agricoltura odierna è assai diversa. Secondo i dati ufficiali, nel 2000 l’intero settore riceveva 15,6 miliardi di euro di sostegni pubblici. Nel 2022, la cifra si è ridotta a 11,8 miliardi, ma resta significativa.
Il peso di questi aiuti sul valore aggiunto agricolo è passato dal 55% nel 2000 al 34% nel 2019. Il sostegno proviene in larga parte dalla Politica Agricola Comune (oltre il 50%), seguito da cofinanziamenti regionali, agevolazioni fiscali e contributive.
Questa architettura di sussidi ha progressivamente trasformato il comparto agricolo: meno orientato alla produttività di mercato, più focalizzato sulla gestione dei fondi. Studi economici confermano che i pagamenti diretti della PAC aumentano il reddito, ma riducono la domanda di lavoro e incentivano la sostituzione del capitale umano con mezzi meccanici.
Si è cioè passati da un’economia agricola produttiva, a una economia agricola in rendita, sostenuta collettivamente dai contribuenti.
Il reticolo idrografico: bene pubblico, non solo agricolo
Il sistema di canali, fossi, argini, casse di espansione, pompe e impianti idraulici costruito in oltre un secolo di opere pubbliche e consorziali non serve più solo ai campi coltivati. Garantisce oggi servizi fondamentali a tutta la comunità nazionale:
regolazione delle acque,
prevenzione delle alluvioni,
rifornimento idrico,
protezione ambientale,
difesa della biodiversità,
sostegno all’equilibrio climatico locale.
Eppure, la gestione e la manutenzione ordinaria di questo reticolo grava ancora, in larga parte, sulle spalle degli agricoltori e dei consorzi di bonifica, con contributi obbligatori spesso percepiti come iniqui mentre la manutenzione straordinaria che ricade su risorse pubbliche per lo più è ridotta al lumicino.
Una proposta di giustizia fiscale e ambientale
Alla luce di questa trasformazione dell’agricoltura da settore produttivo a settore assistito, Newsimedia propone al Governo nazionale una revisione dell’attuale modello di finanziamento del sistema di bonifica.
La nostra proposta è chiara:
Il contributo per la manutenzione del reticolo idrografico deve essere a carico della fiscalità generale, e non più esclusivamente dei proprietari agricoli, in quanto i servizi ecosistemici prodotti sono di pubblica utilità e beneficio collettivo.
Questa misura risponderebbe a tre principi fondamentali:
Equità fiscale: chi riceve i benefici (tutti i cittadini) deve contribuire alla spesa.
Riconoscimento del valore ecosistemico: il sistema idrografico è un’infrastruttura ambientale, non solo agricola.
Semplificazione e trasparenza: il finanziamento pubblico assicurerebbe una gestione più uniforme e meno conflittuale.
Conclusione
Un secolo fa, l’agricoltura italiana era autosufficiente e produceva ricchezza investendo nel territorio. Oggi è un settore largamente assistito, ma da esso dipendono ancora infrastrutture strategiche, come il sistema di bonifica.
È giunto il momento di riconoscere che il reticolo idraulico non è più appannaggio del solo mondo agricolo: esso serve tutti.
E come tale, deve essere finanziato da tutti.
Newsimedia si fa portavoce di questa proposta e chiede al Parlamento e al Governo italiano di avviare una riforma in tal senso.
Fonti principali:
Enciclopedia Italiana Treccani (Agricoltura, Bonifiche, Economia rurale)
Il Sole 24 Ore / Agrisole
CREA – Centro di Ricerca Politiche e Bioeconomia
Wikipedia – Cascina (economia agraria)
Studi economici su PAC (arxiv.org, INEA)