"Xylella, la malattia dell’indifferenza"
Sono passati più di dieci anni da quando la parola Xylella è entrata con prepotenza nel nostro vocabolario, ma ancora oggi sembra che non abbia trovato posto nella nostra coscienza collettiva. Eppure, quel batterio invisibile ha già messo in ginocchio l’anima agricola della Puglia, quegli ulivi secolari che erano monumenti viventi, testimoni silenziosi di civiltà, lavoro e identità.
La notizia dell’ennesimo focolaio a Bisceglie, dove quattro ulivi sono risultati infetti, mi ha colpito come uno schiaffo. Non per la sorpresa – purtroppo – ma per la conferma di una tragica verità: la Xylella non si è fermata, perché non siamo stati capaci di fermarla.
Nel 2013, la comunità scientifica aveva parlato chiaro. Lo aveva fatto con fermezza, con dati, con previsioni. Ma davanti a quella chiarezza, l’Italia ha risposto come spesso sa fare: con ricorsi al TAR, campagne complottiste, ulivi abbracciati come se bastasse l’amore a fermare un batterio. Abbiamo trasformato una questione fitosanitaria in una guerriglia ideologica, e la scienza – ancora una volta – è stata lasciata sola.
Mi chiedo: perché davanti al dolore siamo così bravi a commuoverci, ma così incapaci di agire quando serve davvero?
Guardiamo la Puglia oggi. Ventuno milioni di alberi contaminati. Interi paesaggi trasformati in cimiteri vegetali. E ora, la minaccia che avanza verso la provincia di Foggia. Si corre ai ripari con nuove piante resistenti, con fondi europei, con lodevoli iniziative di rigenerazione. Ma resta la domanda: non potevamo evitarlo?
La risposta, purtroppo, è sì. Bastava ascoltare gli esperti, eseguire le eradicazioni per tempo, fare sistema. Bastava non scambiare l’emotività per competenza.
Perché vedete, la Xylella non è solo un batterio. È lo specchio di un’Italia che troppo spesso confonde il diritto all’opinione con il diritto all’ignoranza. È il sintomo di un paese dove la prevenzione vale meno dell’emergenza, dove ci si sveglia solo quando il danno è fatto.
E allora oggi, mentre si cercano nuove soluzioni, non dimentichiamo l’unica vera cura: la fiducia nella scienza, l’umiltà nell’ascoltarla, e il coraggio – sì, il coraggio – di decidere anche quando fa male.
L’olivo è un simbolo di pace e di tenacia. Ma non può difendersi da solo. E se non lo faremo noi, perderemo non solo una pianta, ma una parte profonda di ciò che siamo.
Antonio Bruno
per approfondire: https://centrostudiagronomi.blogspot.com/2025/06/xylella-la-malattia-dellindifferenza.html