Una comunità intorno alla luce: il Natale di Otranto

di Davide Tommasi

Nel silenzio del solstizio d’inverno, il Convento dei Cappuccini si accende di volti, memoria e speranza. E la città ritrova sé stessa.

OTRANTO – Ci sono sere in cui il tempo rallenta, quasi a chiedere permesso. Sere in cui il buio non fa paura, perché custodisce una promessa. È il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno, quella in cui la luce sembra lontana ma, in realtà, sta già tornando. Domenica 21 dicembre 2025, alle 17.30, Otranto ha scelto di fermarsi proprio lì, in quell’istante sospeso, per farlo insieme.

Lo ha fatto nel Convento dei Cappuccini, luogo di silenzio e di storia, dove le pietre parlano e l’aria conserva preghiere antiche. Qui è nata “Sorgente di Luce”, l’iniziativa promossa dall’Associazione culturale La Palumbara, insieme alla Pro Loco di Otranto e all’associazione Carpe Diem, con il patrocinio del Comune di Otranto e dell’Arcidiocesi. Ma più che un evento, è stato un gesto collettivo: un atto di fiducia nella forza della comunità.

Il titolo non è solo un nome. È un’immagine potente. La luce che nasce non per accecare, ma per scaldare. Una luce che non impone, ma accoglie. In quel giorno in cui il buio sembra vincere, “Sorgente di Luce” ha ricordato a tutti che la speranza non arriva all’improvviso: cresce lentamente, quando qualcuno decide di prendersene cura.

E non poteva esserci luogo più adatto del Convento dei Cappuccini. Fondato alla fine del Cinquecento, grazie anche al lascito del giureconsulto Nicola Zimara, questo spazio è stato per secoli rifugio di povertà evangelica, carità silenziosa, servizio agli ultimi. Ha conosciuto l’abbandono, le ferite della storia, gli usi impropri. Eppure è rimasto in piedi, come restano in piedi le cose che hanno un’anima. Tornare qui, oggi, significa riconciliarsi con la memoria e restituirle voce.

Quando il silenzio parla

Il taglio del nastro, presieduto da Sua Eccellenza Mons. Francesco Neri, Arcivescovo di Otranto, non è stato un semplice gesto inaugurale. È stato un passaggio. Un varco. Con lui, la presenza delle istituzioni cittadine ha suggellato un momento che apparteneva a tutti.

Poi è arrivato il Bambinello. Piccolo, fragile, essenziale. Portato in processione lungo il presepe, accompagnato dal suono lieve del flauto del giovane Mattia Lefons. Note leggere, quasi un sussurro, capaci di attraversare il cuore. In quel cammino lento, nel silenzio rispettoso dei presenti, lo stupore era visibile negli occhi. Non c’era fretta. Solo ascolto.

Nel cortile del convento, il tempo ha smesso di correre. La consigliera comunale e assessore alla Gentilezza Stefania Temis ha portato i saluti istituzionali con parole di gratitudine autentica, ricordando come la bellezza non nasca mai per caso, ma dal lavoro paziente di chi crede nella collaborazione e nel dono del tempo.


L’Incantato e la fede che non chiede nulla

L’intervento di Mons. Francesco Neri ha toccato corde profonde. Anche perché quel giorno era il suo 66° compleanno, vissuto non come celebrazione personale, ma come occasione di ringraziamento alla comunità. Il suo racconto si è fermato su una figura umile del presepe: “L’Incantato”.

Il pastore che arriva a mani vuote. Senza doni. Senza parole. Porta solo lo stupore. È lui, ha ricordato l’Arcivescovo, a insegnare la forma più pura della fede: quella che non pretende, che non misura, che semplicemente contempla. In un mondo abituato a dare valore a ciò che si possiede, “L’Incantato” ricorda che la meraviglia è già un’offerta.

Un presepe che respira

Il presepe “Sorgente di Luce” non è un’installazione, ma un racconto vivo. Realizzato e dipinto interamente a mano da Serena Ingrosso e Antonella Loschi, custodisce volti reali, riconoscibili, familiari. Giulio con il piffero vicino alla Natività, Sandro, presidente della Pro Loco, Gabriel e Maristella, fino a Pierluigi Merico nel ruolo di San Giuseppe.

Qui il sacro non è distante. Cammina accanto alla vita quotidiana. E racconta che il Natale non è altrove, ma accade dentro le relazioni.

Il sindaco Francesco Bruni lo ha ribadito con parole semplici e sincere: solo insieme si possono costruire cose che restano. Un pensiero che ha attraversato l’intera serata come un filo invisibile.

La musica del Taranta Project ha poi sciolto il silenzio in festa, fino al momento conviviale, tra panettone, spumante e auguri scambiati con sorrisi veri.

La luce che non si spegne

“Sorgente di Luce” è parte del cammino dell’Associazione La Palumbara, da sempre impegnata a tenere viva la memoria e a trasformarla in partecipazione. È la prova che la cultura, quando è condivisa, diventa casa.

In un tempo che corre veloce, questa serata ha insegnato a fermarsi. A guardarsi. A riconoscersi. Perché la luce più vera non cade dall’alto come un miracolo improvviso, ma nasce piano, quando qualcuno accende un gesto, una parola, una presenza.

E come accade ogni solstizio, proprio quando il buio sembra più fitto, Otranto ha ricordato a sé stessa che la luce, se custodita insieme, torna sempre.




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