“Torre dell’Orso: chi deve fare, faccia (e impari da chi lo fa)”
di Antonio Bruno
Quando sento parlare di Torre dell’Orso, penso a un angolo di paradiso. Io da ragazzo ci facevo campeggio libero e giovane ci andavo spesso con la fidanzata per sognare. Poi guardo le foto delle dune calpestate, della pineta sventrata e mi viene un dubbio: ma davvero vogliamo ridurla così?
Le dune non si rifanno in consiglio comunale, e la pineta non ricresce con una delibera. Ci vogliono tempo, soldi e, soprattutto, scelte coraggiose. Ma qui sembra che l’unica strategia sia aspettare che l’estate passi e sperare che il problema si dimentichi.
Eppure gli esempi positivi ci sono. Basta guardare a Punta Prosciutto, dove il Parco di Porto Cesareo ha delimitato gli accessi con passerelle e palizzate che funzionano, e ha messo in campo volontari e guardie ambientali che spiegano ai bagnanti come rispettare le dune. Oppure pensare alle Cinque Terre, dove i sentieri vengono chiusi e ripristinati quando il numero di visitatori mette a rischio la sicurezza o la natura. Funziona, e la gente torna comunque.
Non basta spendere centinaia di migliaia di euro in cartelli se poi nessuno controlla che quei cartelli vengano rispettati. Qui serve che qualcuno si assuma la responsabilità di dire “Stop”: stop al degrado, stop al far west turistico, stop all’idea che questa sia una terra di nessuno dove tutto è permesso.
Se le istituzioni tacciono, se i controlli non si fanno, se la pineta continua a morire, allora la prossima mareggiata non si limiterà a portar via un po’ di sabbia. Porterà via la nostra credibilità.
Perché, diciamolo, la colpa non è solo dei turisti maleducati: è di chi doveva vigilare e non l’ha fatto. È di chi ha preferito contare le presenze invece che i danni. È di chi ha trasformato la bellezza in un bancomat stagionale.
Io, da cittadino prima che da giornalista, dico: chi deve fare, faccia. Chi deve controllare, controlli. E chi ha paura di perdere consenso per aver chiuso un accesso o limitato l’afflusso, trovi il coraggio di spiegare che senza quelle misure, tra dieci anni, Torre dell’Orso la vedremo solo sulle cartoline.
Non abbiamo molto tempo. Gli altri ci dimostrano che si può fare: basterebbe volerlo.