“Sotto i nostri piedi, un mondo invisibile da proteggere”

di Antonio Bruno

C’è un’immagine che mi piace evocare: camminiamo, tutti i giorni, su un pianeta che conosciamo appena a metà. Ci concentriamo su ciò che vediamo – alberi, animali, paesaggi – e spesso dimentichiamo che sotto la superficie vive un universo invisibile, brulicante di vita. Lo ricorda un lavoro pubblicato su Nature da Van Nuland e colleghi: un atlante globale della biodiversità dei funghi micorrizici, quei minuscoli alleati delle piante che popolano il suolo.

Finora parlavamo di “hotspot” di biodiversità pensando ad Amazzonia, Madagascar, le grandi foreste tropicali. Ma la mappa dei funghi ribalta qualche certezza: i veri tesori sotterranei, quelli di cui non sospettavamo l’esistenza, sono nelle tundre artiche, nelle savane brasiliane, nei nostri stessi paesaggi mediterranei. L’Amazzonia? Sì, ricca di alberi, ma sorprendentemente non un santuario per i funghi sotterranei.

Questi organismi sono più che semplici comparse. Come spiegano Smith e Read, le micorrize trasportano nutrienti, migliorano la salute del suolo, stoccano carbonio e rafforzano la resilienza delle colture. Insomma, senza di loro, la vita vegetale – e quindi la nostra – non sarebbe la stessa.

Eppure, solo il 10% delle aree più ricche di funghi e il 23% di quelle con specie rare ricadono in aree protette. Un dato che suona come un campanello d’allarme: stiamo trascurando un pezzo fondamentale del puzzle ecologico.

C’è un aspetto affascinante, quasi poetico, in tutto questo: servono tecniche di metagenomica e algoritmi di machine learning per scoprire questi mondi nascosti. Per guardare dove l’occhio non arriva e intuire connessioni invisibili.

Forse è il momento di allargare lo sguardo, di includere nelle nostre strategie di conservazione anche ciò che non vediamo, ma da cui dipende tutto. Perché, come spesso accade nella vita, le cose più importanti sono quelle che stanno sotto la superficie.







Van Nuland, M.E., et al. (2023). Global distribution of mycorrhizal fungi and their role in soil biodiversity hotspots. Nature, 618, 579–585. https://doi.org/10.1038/s41586-023-05906-7



  1. Distribuzione non uniforme della biodiversità

    • La biodiversità non è distribuita uniformemente e i cosiddetti “hotspot” sono già noti per piante e animali (Myers et al., 2000, Nature 403:853–858).

  2. Hotspot sotterranei di biodiversità fungina

    • Lo studio SPUN mappa per la prima volta la biodiversità dei funghi micorrizici su scala globale usando modelli di machine learning e oltre 2,8 miliardi di sequenze di DNA.

    • I risultati mostrano hotspot inattesi (es. tundra artica, savana brasiliana, foreste e macchie mediterranee) e confermano che alcune aree tipicamente considerate ricche (es. Amazzonia) non lo sono per le comunità fungine sotterranee.

  3. Ruolo ecologico dei funghi micorrizici

    • Confermato da ampie evidenze (Smith & Read, 2010, Mycorrhizal Symbiosis, 3rd ed.) il ruolo funghi micorrizici: trasporto di nutrienti, miglioramento salute del suolo, stoccaggio di carbonio, resilienza delle colture.

  1. Percentuale di protezione degli hotspot fungini

    • Lo studio stima che solo ~10% delle aree più ricche e ~23% di quelle con specie rare si trovano in aree protette, evidenziando un gap di conservazione.

  2. Tecniche genomiche e machine learning

    • Lo studio usa metagenomica e modelli predittivi per identificare pattern globali (Thompson et al., 2017, Nature 551:457–463 per la metodologia generale).

Conclusione

Lo stato attuale della ricerca e lo studio su Nature, che rappresenta il primo atlante globale della biodiversità fungina sotterranea, suggeriscono la necessità di strategie di conservazione che includano ecosistemi meno visibili ma ecologicamente cruciali.


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