“Salamelle, birra e silenzi: l’Italia nascosta a cena”

di Antonio Bruno


Una cena tra amici, inizio agosto, salamelle arrosto e birra ghiacciata, tutto sembra andare per il meglio. Le salamelle scoppiettano sulla griglia, la birra scorre fresca e l’aria d’estate avvolge la terrazza. Siamo lì a ridere, a raccontarci storie di vacanze, di lavoro, di cose leggere. Poi, per qualche ragione, qualcuno cita Paolo Mieli che ha gelato i cronisti di La7 parlando delle stragi. Dice che si parla di “stragi fasciste”, ma quando a farle sono stati i comunisti si parla solo di “stragi”. Come se solo i fascisti fossero criminali e gli altri fossero immuni, senza ideologie, senza colpe.

A quel punto cala il silenzio, quel silenzio che si sente pure dalla strada, e siamo in giardino. Non è il gelo del clima, ma quello che ti fa capire che la serata è cambiata. Dico che il potere ha un’unica ideologia, non cambia in base a chi ce l’ha. Oggi c’è la destra che fa ciò che la sinistra faceva ieri, domani sarà la sinistra a fare quello che oggi fa la destra. Un gioco delle tre carte che stanca.

Riferisco di un amico che sostiene l’astensionismo consapevole, come modo per far capire che non si può scegliere davvero quando l’alternativa è solo una maschera diversa della stessa cosa.

Poi l’amico che frequenta piccoli paesi in Germania dove si radunano nostalgici del nazismo. Paesi piccoli e chiusi, che si tengono stretti perché in città ormai ci sono troppe persone “venute da lontano”: islamici, africani, diversità che spaventa.

A quel punto dico senza filtri: “Se non facciamo figli, come possiamo sperare che in Europa ci siano ancora caucasici?” Non è un discorso razzista, è solo un dato demografico. E quel silenzio che segue è più pesante delle salamelle sulla griglia. Nessuno sa cosa rispondere.

La conversazione cambia, e si parla del candidato “vergine”, quello che vuole cancellare la storia politica, presentarsi come inedito, puro, senza passato. Tutti vogliono sbarazzarsi del passato, come se fosse un peso insopportabile.

Eppure, siamo in vacanza, e la cena dovrebbe essere solo leggerezza e allegria, no?

Poi c’è l’amico che è andato a Giacarta e racconta di aver visto scorrere acqua accanto alla strada, da cui saltellavano dei topi. Ha chiesto all’autista del taxi, che ridacchiando ha confermato che si trattava di topi e che quell’acqua era la fogna della città. Più avanti ha visto una madre che lavava il suo bambino in quell’acqua. Con 100 euro otteneva milioni di rupie, che però non riusciva a spendere, ricevendo inchini da tutti in attesa di incarichi e soldi.

La realtà può spesso essere molto diversa dalle apparenze o dalle aspettative. A Giacarta, ciò che per molti può sembrare una semplice strada o una banale fonte di ricchezza, nasconde problemi profondi come la povertà, le difficili condizioni igieniche e le disparità sociali. Anche quando si ha denaro, non è detto che si possa davvero “comprare” tutto, come il rispetto o il benessere. Questo ci ricorda di guardare oltre la superficie e di avere empatia verso situazioni e persone che possono apparire lontane o incomprensibili.

Insomma, questa cena è come l’Italia d’oggi: calda in superficie, ma con un fondo freddo che non si può ignorare. Come quando ti siedi con salamelle e birra in una notte d’agosto, e provi a sorridere mentre dentro ti chiedi che senso abbia tutto.

Parliamo di potere, che resta uguale, cambia solo chi lo detiene. Destra e sinistra che si scambiano i ruoli, e noi spettatori che ci stanchiamo.

C’è chi dice “Non voto più, tanto è tutto uguale.” Astensione consapevole, protesta silenziosa, forse l’unica che resta a chi non crede più in nulla.

Nei piccoli paesi tedeschi, i nostalgici si stringono per paura del diverso, ma la realtà è più forte, prima o poi bussa alla porta di tutti.

“Se non facciamo figli, l’Europa cambierà volto,” dico, e quella frase resta sospesa tra una birra e l’altra.

La politica è una festa dove nessuno vuole guardare in faccia la verità. I candidati si propongono come novità assolute, ma sono prodotti del passato con la pretesa di cancellare tutto come fosse un’app da aggiornare.

La storia non si cancella, ti resta addosso come un vestito stretto, imbarazzante ma necessario.

E mentre tutto questo succede, proviamo a ridere e scherzare, perché è una cena di vacanza, e la leggerezza è un salvagente. Ma sotto c’è un mare mosso che aspetta solo di travolgerci.

Questa cena, con salamelle finite e bottiglie vuote, è un piccolo specchio del mondo: pieno di contraddizioni, silenzi pesanti, aspettative tradite.

Tra una birra e una battuta, tra passato e futuro, resta una verità semplice: non conta chi comanda, conta cosa vogliamo davvero.

E se le scelte sembrano sempre le stesse, forse il primo passo è il silenzio consapevole, il rifiuto di partecipare a un gioco truccato.

Una cena tra amici, con il sapore dolce-amaro di un’estate calda, ma dentro un gelo che nessuna birra può sciogliere.

La prossima volta, magari, cercheremo di rompere quel silenzio, di portare un po’ di calore vero. Intanto brindiamo ancora, perché di sere così, con salamelle e birra, ce ne vorrebbero molte di più.


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