Lecce crocevia di memorie, identità e trasformismi storici

di Antonio Bruno

Passeggiando per il centro storico di Lecce, si ha spesso la sensazione che il tempo si sia stratificato, lasciando in ogni pietra un sedimento di civiltà. Il barocco che trionfa sulle facciate delle chiese e dei palazzi cela sotto di sé i segni di epoche più antiche: greca, romana, bizantina. Lecce, antica capitale culturale della Terra d’Otranto, è stata per secoli crocevia di culture, lingue e religioni. Una città di frontiera, non geografica ma spirituale e politica, in cui Oriente e Occidente si sono incrociati, a volte scontrati, più spesso fusi.

L’antico legame con il Patriarcato Ecumenico

Durante i secoli dell’Impero Bizantino, la regione del Salento fu culturalmente e religiosamente orientata verso Costantinopoli. Il greco era la lingua liturgica, il rito bizantino quello dominante, e il vescovo di Otranto era nominato in accordo con il Patriarca Ecumenico. Questa comunione durò fino all'avanzata normanna e all'occidentalizzazione progressiva voluta dalla Chiesa di Roma. Tuttavia, le tracce di questo legame perdurarono nei secoli, riaffiorando nel culto, nell’architettura, nelle consuetudini familiari.

Il grande scisma del 1054 separò ufficialmente le due Chiese, ma il legame con il mondo ortodosso rimase vivo in molte comunità dell’Italia meridionale. Questo vincolo simbolico trovò il suo momento di maggiore intensità nel Novecento, con l’incontro del 1964 a Gerusalemme tra Papa Paolo VI e il Patriarca Athenagoras, un gesto che segnò l’inizio della riconciliazione tra le due tradizioni cristiane. Non è un caso che proprio in contesti storici come quello leccese si potesse percepire con più forza il valore di tale gesto.

Lecce e il mosaico delle identità

L’identità leccese non si lascia definire in modo univoco. È frutto di un continuo dialogo tra componenti diverse: latine e greche, cattoliche e ortodosse, meridionali e levantine. La città ha sempre vissuto una duplice condizione: periferica rispetto ai grandi centri del potere politico, ma centrale per la sua posizione strategica nel Mediterraneo. Come accadde per altre città costiere — Trieste, Salonicco, Smirne — anche Lecce ha conosciuto l’intreccio di famiglie e storie che superavano i confini nazionali o religiosi.

Questo cosmopolitismo non fu solo geografico, ma anche culturale e politico. Nella borghesia colta del Mezzogiorno, tra Ottocento e Novecento, non era raro trovare archivi in francese, biblioteche in greco, corrispondenze con Costantinopoli o Vienna. L’identità nazionale, lungi dall’essere un fatto naturale, era una costruzione, spesso recente, talvolta fragile.

Il trasformismo: arte di sopravvivere

Una delle forme più affascinanti — e controverse — di questa fluidità identitaria è il cosiddetto “trasformismo”, cioè la capacità di intere élite locali di adattarsi ai mutamenti politici, passando con abilità da un regime all’altro. Il trasformismo, che nella storiografia liberale fu spesso criticato come forma di opportunismo, rappresenta in realtà una chiave di lettura essenziale per comprendere la sopravvivenza e la continuità delle classi dirigenti italiane.

Famiglie che sotto i Borboni avevano ottenuto titoli e incarichi continuarono a ricoprirli sotto i Savoia. Uomini che avevano combattuto per il Regno delle Due Sicilie diventarono deputati dell’Italia unita. Questo fenomeno, pur con tutte le sue ambiguità, garantì una certa stabilità al fragile tessuto statale post-unitario. E non si trattava solo di opportunismo: spesso, queste stesse persone erano sinceramente convinte che l’unico modo per difendere la propria comunità fosse quello di restare al potere, a qualsiasi costo.

Religione e laicità: un dualismo mai risolto

In molte case dell’aristocrazia e della borghesia meridionale si respirava un curioso equilibrio tra devozione e anticlericalismo. In alcuni casi si nascondevano fogli satirici contro il clero dietro quadri sacri, come se due anime — quella illuminista e quella cattolica — convivessero in una stessa stanza. Questo dualismo rappresenta bene la complessità dell’Italia post-unitaria, in cui la religione era insieme forza coesiva e bersaglio polemico.

Il Sud, spesso considerato bastione della tradizione, fu in realtà anche terreno fertile per sperimentazioni politiche, scuole laiche, logge massoniche e riviste anticlericali. Anche Lecce, città profondamente cattolica, vide fiorire circoli letterari e società scientifiche che promuovevano il pensiero razionalista e il progresso.

La casa come archivio della Storia

In molte dimore del Meridione, ogni volta che si restaura una parete o si apre un vecchio mobile, affiorano documenti, affreschi, lettere. Non sono solo oggetti: sono testimonianze dirette di un passato che non vuole essere dimenticato. Le case, soprattutto quelle delle famiglie colte, si configurano come veri e propri archivi viventi, in cui la memoria si deposita silenziosa ma persistente.

Ogni libro antico, ogni cornice o scrivania racconta una storia: di emigrazioni, di alleanze matrimoniali, di scelte politiche, di crisi di fede. In questi luoghi, la Storia non è solo una disciplina, ma una presenza fisica, quotidiana.

Conclusione

Lecce non è solo un museo a cielo aperto del barocco italiano, ma un palinsesto di identità, di fratture e di riconciliazioni. La sua vicenda ci ricorda che l’Italia — e il Mezzogiorno in particolare — non è mai stata un blocco omogeneo, ma un intreccio di influenze, contaminazioni, resistenze e adattamenti.
E forse proprio in queste memorie stratificate, custodite fra le mura di antiche dimore e nei ricordi di famiglie che hanno attraversato secoli di storia, si può trovare la chiave per comprendere davvero il carattere profondo della nostra nazione.

Bibliografia

  • Croce, Benedetto. Storia del Regno di Napoli. Laterza, 1925.

  • Della Peruta, Franco. Il trasformismo: Politica e società nell’Italia liberale. Il Mulino, 1975.

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  • Setton, Kenneth M. The Byzantines in Southern Italy (553–1059). Variorum Reprints, 1973.

  • Venturi, Franco. Settecento riformatore. Einaudi, 1969–1981.

  • Zamagni, Vera. Dalla periferia al centro: La storia economica d’Italia. Il Mulino, 1990.

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