Le Porte Dipinte di Rudiae ritornano al Castromediano
DI Davide Tommasi
Grazie a un accurato restauro filologico che ha permesso di recuperare forma, motivi decorativi e colori originali, tornano visibili al pubblico “Le Porte Dipinte di Rudiae”. Il restauro, interamente finanziato dalla Regione Puglia, è stato eseguito nel laboratorio del Museo provinciale “Sigismondo Castromediano” da un team di restauratori composto da Maria Francesca Coppola, Ianuaria Guarini, Gaetano Martignano e Giuseppe Tritto. Il lavoro è stato coordinato dai conservatori Brizia Minerva e Anna Lucia Tempesta, sotto l’alta sorveglianza dei funzionari della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Brindisi e Lecce: Luisa Rosato, Giuseppe Muci e Angelica Mancini.
Le “Porte Dipinte di Rudiae” furono scoperte nel 1959 a Rudiae, durante una campagna di scavi diretta dall’archeologa salentina Giovanna Delli Ponti, all’epoca direttrice del Museo Castromediano. La loro storia recente è stata segnata da numerosi trasferimenti e da un restauro invasivo e traumatico, eseguito negli anni Sessanta con materiali e metodi che oggi risultano superati, ma che allora erano considerati corretti.
Le Porte sono considerate “uno degli esempi maggiori dell’architettura funeraria nella Puglia prima di Roma” e si trovavano in un ipogeo ellenistico della seconda metà del IV secolo a.C. «Dal suo elemento di maggior spicco potremo indicarlo come “Ipogeo delle Porte Dipinte”», scrive Francesco D’Andria, professore emerito di UniSalento, nell’introduzione del volume che illustra il restauro e le ricerche che hanno accompagnato e permesso il nuovo allestimento al Museo Castromediano.
Si tratta di quattro ante in calcarenite che servivano a chiudere due camere funerarie. D’Andria descrive: «Ogni anta presenta due riquadri: quello superiore, delimitato da una cornice sottile, mostra un motivo a clessidra rosso, formato da curve simmetriche; i pannelli inferiori, più grandi, sono completamente dipinti in rosso. Sui lati esterni delle ante sono visibili teste di chiodi in colore bruno-dorato, relativi al sistema di fissaggio ai cardini cilindrici che ne permettevano l’apertura verso l’interno. Sulle tre fasce orizzontali del telaio di ciascuna anta corre una fila di cinque elementi circolari, dipinti dello stesso colore dei chiodi, a simulare le borchie di bronzo tipiche delle porte in legno degli edifici pubblici e privati delle città elleniche. All’interno dei vani furono trovati resti ossei, vasetti miniaturistici e unguentari, trascurati dagli scavatori clandestini. Ma anche alcune foglie d’oro, resti di una corona, segno del prestigio del defunto, forse il capofamiglia, sepolto in una delle camere».
Ora le Porte, riportate al loro antico splendore, sono esposte al Museo Castromediano, accompagnate da un video-documento realizzato da “A.R.Va, Archeologia Ricerca e Valorizzazione”, spin-off dell’Università del Salento guidato da Pio Panarelli, con la produzione di “AirFilm srl” di Roberto Leone e la collaborazione di Massimo Limoncelli del Dipartimento Culture e Società, ComLab Archeologia Virtuale dell’Università di Palermo.
Questo restauro e il nuovo allestimento delle Porte al Castromediano segnano l’inizio di una nuova stagione di ricerche e scavi a Rudiae, destinata a far luce sulla reale funzione dell’Ipogeo e a rivelare nuovi aspetti della vita nell’antica città messapica.