Kafka e il giusto processo: riflessioni a cento anni da Il Processo
di Davide Tommasi
Opacità, durata, verità: il contributo di Kafka al dibattito sul giusto processo
A un secolo dalla pubblicazione de Il Processo, il paradigma kafkiano continua a costituire una lente privilegiata per analizzare criticamente le garanzie del giusto processo nell’ordinamento italiano contemporaneo. Il convegno organizzato il 21 novembre 2025 dalla Camera Civile Salentina presso la Corte d’Appello di Lecce ha offerto l’occasione per una riflessione interdisciplinare sulle patologie sistemiche del processo, mettendo in dialogo diritto romano, teoria generale del processo, diritto penale, pedagogia giuridica e testimonianze concrete. L’articolo esamina i principali aspetti emersi, ricostruendoli alla luce della Costituzione (artt. 24 e 111), della CEDU (art. 6), della giurisprudenza costituzionale e della Corte EDU, nonché dei contributi di Chiovenda, Cappelletti, Ferrajoli, Dworkin e Rawls. In conclusione, propone una lettura del modello kafkiano come criterio ermeneutico e come stimolo per una riforma orientata all’effettività dei diritti.
Il convegno di Lecce e l’attualità di Kafka
Nell’Aula Magna della Corte d’Appello di Lecce si è tenuto il convegno organizzato dalla Camera Civile Salentina in occasione del centenario de Il Processo di Kafka, moderato dall’Avv. Salvatore Donadei. Dopo i saluti istituzionali dei rappresentanti degli uffici giudiziari, hanno preso la parola:
Prof.ssa Francesca Lamberti, ordinario di Diritto romano (UniSalento), che ha analizzato il valore storico e l’evoluzione del diritto processuale in relazione alla tutela dei diritti soggettivi;
Prof. Giulio De Simone, ordinario di Diritto penale (UniSalento), che ha individuato nella narrazione kafkiana elementi ancora oggi presenti nei sistemi giudiziari moderni;
Prof. Marco Piccinno, ordinario di Pedagogia sperimentale (UniSalento), che ha discusso il rapporto tra verità reali e verità processuali;
Dott. Stefano Sernia, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Lecce, che ha richiamato avvocati e magistrati alla responsabilità culturale, tecnica e professionale necessaria per garantire il giusto processo.
Il convegno ha stimolato numerosi interventi, soprattutto da parte degli studenti del Liceo Palmieri e dell’Università del Salento, che hanno sollevato questioni sulle modalità più corrette per perseguire una verità processuale che tenda alla verità reale.
Ne è emerso il significato più profondo dell’iniziativa: riconoscere che l’uomo, e con esso gli operatori del diritto, ha una costante necessità di migliorarsi, evitando idee precostituite e coltivando un approccio critico alla giurisdizione.
In questo contesto, la testimonianza del già Senatore Stefano Esposito, sottoposto a indagini per 2589 giorni e assolto con formula piena, ha rappresentato un momento di forte impatto umano e giuridico: una vicenda che riflette le sofferenze derivanti da un procedimento non adeguatamente governato e l’impossibilità, per il sistema, di correggere ex post gli errori giudiziari causati da scelte superficiali durante le indagini preliminari.
La sproporzione tra strumenti investigativi della magistratura inquirente e mezzi tecnici ed economici della difesa nelle investigazioni difensive, sottolineata dallo stesso Esposito, ha indotto i partecipanti a ribadire l’esigenza di riforme che garantiscano maggiore celerità dei processi, tutela della dignità e centralità effettiva della presunzione di innocenza.
La figura di Joseph K., smarrito in un sistema privo di trasparenza e intelligibilità, evoca così le difficoltà che il cittadino contemporaneo incontra nell’orientarsi nei meccanismi del processo, specie in presenza di durata irragionevole, formalismi sproporzionati o asimmetrie tra le parti. Un’immagine narrativa che diventa criterio interpretativo delle derive burocratiche del sistema giudiziario.
Le radici romanistiche del giusto processo e la positivizzazione costituzionale
La relazione della Prof.ssa Lamberti ha evidenziato come nel diritto romano fossero già presenti strumenti volti a limitare l’arbitrium iudicis, quali la provocatio ad populum e le prime forme di impugnazione.
Questi istituti costituiscono i precursori del moderno principio del “processo regolato dalla legge” di cui all’art. 111 Cost., che impone contraddittorio, imparzialità del giudice e ragionevole durata.
La dottrina processualcivilistica, da Chiovenda a Cappelletti, ha interpretato il processo come garanzia del diritto soggettivo, mentre Ferrajoli ha posto l’accento sull’indissolubile legame tra legalità sostanziale e legalità procedurale.
Gli attuali strumenti di controllo – dalle nullità ex artt. 156 ss. c.p.c. e artt. 178-180 c.p.p. all’obbligo di motivazione ex art. 111, co. 6, Cost. – rappresentano, in questo senso, i moderni anticorpi contro derive arbitrarie del potere giudiziario, come quelle narrate da Kafka.
Il Processo e le criticità del diritto penale contemporaneo
Il Prof. De Simone ha evidenziato come molte dinamiche kafkiane trovino riscontro nel procedimento penale moderno.
Il diritto a conoscere l’accusa
La condizione di Joseph K., ignaro dei fatti contestati, è incompatibile con gli attuali principi dell’art. 6 CEDU, dell’art. 24 Cost. e degli artt. 369 e 415-bis c.p.p. La Corte EDU (Pélissier e Sassi c. Francia, 1999) richiede una contestazione chiara e tempestiva, condizione essenziale per l’esercizio della difesa.
Parità delle armi e difesa effettiva
La sproporzione tra apparato accusatorio e difesa richiama l’art. 111, co. 2, Cost. e la giurisprudenza di Strasburgo (Imbrioscia c. Svizzera, 1993), che richiede un’assistenza difensiva concreta e non meramente simbolica.
Ragionevole durata del processo
La mancanza di un termine certo nel caso di Joseph K. è richiamata oggi dall’art. 111, co. 2, Cost. e dalle condanne inflitte all’Italia dalla Corte EDU (Scordino c. Italia, 2006). La Corte costituzionale, con sent. n. 24/2005, ha affermato l’obbligo del legislatore di prevenire ritardi irragionevoli, non solo di risarcirli.
Pedagogia del diritto e formazione degli operatori
Il Prof. Marco Piccinno ha proposto un approccio pedagogico al diritto processuale, distinguendo tra verità reale e verità processuale. La verità costruita nel processo è sempre mediata da limiti probatori, formalità e regole di esclusione o inclusione degli elementi di prova.
La formazione giuridica, secondo Cappelletti, rappresenta una componente dello Stato di diritto; per Dworkin e Rawls, il diritto deve incarnare l’equità e la protezione dei diritti come valori supremi.
Da qui l’esigenza, ricordata anche dal Dott. Sernia, di un impegno costante degli operatori per coniugare competenza tecnica ed etica della responsabilità.
La testimonianza di Stefano Esposito: un caso emblematico
La vicenda dell’ex Senatore Esposito, indagato per oltre sette anni e poi assolto, mostra come un processo possa trasformarsi esso stesso in una condanna, quando la durata eccessiva e l’assenza di strumenti difensivi adeguati determinano un pregiudizio irreparabile.
I principi coinvolti sono molteplici:
Presunzione di innocenza (artt. 27 e 111 Cost.; art. 6, §2, CEDU);
Risarcibilità dell’ingiusta detenzione (Corte cost., nn. 310/1996 e 189/2001);
Tutela della dignità della persona (art. 2 Cost.; art. 8 CEDU);
Equilibrio tra accusa e difesa, messo in crisi dalla sproporzione degli strumenti investigativi.
La sua testimonianza, particolarmente intensa, ha ricordato agli operatori del diritto che la garanzia del giusto processo non è mai un dato acquisito, ma un obiettivo da perseguire quotidianamente.
Kafka come criterio ermeneutico del processo contemporaneo
La giornata di studi ha mostrato come Il Processo costituisca un vero e proprio stress test delle garanzie procedurali.
Il modello kafkiano permette di identificare alcune criticità sistemiche:
Opacità procedurale e deficit di motivazione;
Asimmetria strutturale tra accusa e difesa;
Burocratizzazione del processo, che rischia di svuotare il ruolo delle garanzie;
Debolezza dei controlli sulla durata;
Insufficiente formazione etico-giuridica degli operatori.
Kafka diventa così uno strumento teorico e operativo per ripensare la funzione del processo come garanzia della persona.
A distanza di un secolo, Il Processo conserva un valore critico straordinario. La giurisdizione, se priva di adeguate garanzie, può degenerare in un sistema inefficiente e oppressivo.
Dal convegno di Lecce emerge una doppia lezione:
sul piano teorico, l’esigenza di vigilare continuamente sulle garanzie del giusto processo, rileggendo Kafka come monito contro derive burocratiche;
sul piano pratico, la necessità di riforme che assicurino celerità, motivazione adeguata, parità delle armi, effettività della difesa e tutela della dignità del cittadino.
Kafka rimane, dunque, un interlocutore imprescindibile per magistrati, avvocati, studiosi e studenti: un richiamo costante a rendere il processo non già una condanna, ma uno strumento di tutela dei diritti fondamentali.
Note bibliografiche essenziali
(come da testo originale, riorganizzate)
Chiovenda F., Istituzioni di diritto processuale civile, 1930.
Ferrajoli L., Diritto e ragione, Laterza, 2001.
Corte EDU, Pélissier e Sassi c. Francia, 1999.
Corte EDU, Imbrioscia c. Svizzera, 1993.
Corte EDU, Scordino c. Italia, 2006; Corte cost., sent. n. 24/2005.
Piccinno M., Pedagogia del diritto, UniSalento, 2023.
Cappelletti M., The Judicial Process in Comparative Perspective, Oxford, 1989.
Dworkin R., Law’s Empire, Harvard, 1986.
Rawls J., A Theory of Justice, Harvard, 1971.
Corte cost., sentt. nn. 310/1996; 189/2001.