I “Signori dell’Acqua” del Salento: l’ipocrisia agricola che affama la terra

Ci risiamo. È la solita, stantia litania che si alza dalle campagne del Salento: «Non c’è più acqua! Bisogna costruire dissalatori! È colpa del governo!». Peccato che chi oggi alza la voce e accusa la “malapolitica” di ieri è lo stesso che per anni – decenni – ha ignorato, sprecato e lasciato inutilizzata la più preziosa fonte idrica del territorio: le acque reflue depurate, già pronte all’uso, già pagate dalla collettività, già validate da ARPA.

 

Facciamo due conti – che agli agricoltori, si sa, dovrebbero piacere: 480.000 metri cubi al giorno. Con questo fiume d’acqua, nella Provincia di Lecce si potrebbe irrigare almeno 3.500 ettari di colture. E invece? I dati del Consorzio di Bonifica, nero su bianco, dicono che meno di 1.200 ettari beneficiano di questa risorsa che non è quella depurata se non in minima parte, ma dai pozzi contribuendo ad esaurire la falda. Meno di un terzo. Il resto? Scaricato a mare, buttato per inerzia e inefficienza. Un insulto al buonsenso, una colpa grave verso la terra assetata e verso chi la lavora.

 

Il paradosso degli “Imprenditori del Lamento”

Strillano per i dissalatori (magari domani vorranno deviare il Danubio…) quando non si sono mai degnati di consumare fino in fondo ciò che la tecnica, la scienza e la buona amministrazione già offrono. Eppure, il Progetto RIUBSAL, promosso dall’Università di Bari e finanziato dalla Regione Puglia, ha dimostrato che le acque affinate azzerano il rischio-siccità e tagliano la spesa dei fertilizzanti fino al 40%. Ma questo non basta per vincere la burocrazia mentale e la pigrizia gestionale che soffoca la provincia di Lecce.

 

Peggio: gli stessi che si lamentano siedono da sempre nei cda dei Consorzi di Bonifica e negli organi direttivi dell’ARIF. Sono loro i custodi degli impianti, i registi della rete; sono loro che, nei fatti, non attivano progetti, non stringono accordi, non risolvono le strozzature tecniche che paralizzano la distribuzione. Da agricoltori a imprenditori del lamento, il passo è stato breve. E l’ironia si fa beffa della democrazia rappresentativa: chiedete al governo che sia il governo a risolvere ciò che vincolate a risolvere voi stessi da dieci, vent’anni.

 

Una richiesta strumentale e irresponsabile

Prima di pretendere milioni di investimenti pubblici in dissalatori ad alta energia, abbia il Salento il coraggio di guardarsi allo specchio: chi, tra chi semina, pota e raccoglie oggi, può dire di aver usato tutta l’acqua disponibile? Quanti agricoltori hanno davvero chiesto – e ottenuto – di gestire gli impianti per conto loro, come la legge impone? Nessuno, dei reggenti consortili, potrà lavar via questa responsabilità. La verità è che il problema non è solo a Roma o a Bari; il problema è nella lentezza, nel calcolo di bottega, nell’omertà autarchica di chi non muove un dito ma impreca contro “il sistema”.

 

L’acqua depurata non è la panacea, ma è l’unica alternativa immediatamente disponibile, monitorata, sostenibile, legale. Sprecarla oggi aspettando il fantasma tecnologico del dissalatore domani è pura irresponsabilità. Se la terra muore, non sono i governi incuranti a seppellirla. Sono i suoi imprenditori ipocriti.

 

Bibliografia:

– Progetto RIUBSAL, Dipartimento Di.S.S.P.A., Università di Bari, Regione Puglia, PSR 16.2

– Report Consorzio di Bonifica di Lecce, 2024

– Telesveva.it, 16/12/2024

– ARPA Puglia, Report qualità acque reflue Gallipoli, 2024

– UE Regolamento 741/2020

– Brochure DEMOWARE, ARTI Puglia

– Antonio Bruno, “L’uso delle acque reflue depurate a fini irrigui”, 2007

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