Fra Giuseppe Michele Ghezzi: da Conte a Frate Minore

di Davide Tommasi

Un viaggio spirituale tra le radici di Cocumola

Si è tenuto il 19 agosto 2025, nella suggestiva Piazza San Nicola di Cocumola, frazione del Comune di Minervino di Lecce, l’intenso e partecipato convegno dal titolo “Da Conte a Frate Minore”, dedicato alla figura di Fra Giuseppe Michele Ghezzi, frate minore che ha segnato in profondità la vita spirituale e sociale di questa comunità.

Una serata densa di emozione e spessore culturale, che ha riportato alla luce la straordinaria parabola umana e vocazionale di Fra Ghezzi, il quale proprio a Cocumola visse a lungo prima di intraprendere il cammino francescano che lo condusse a percorrere l’Italia come servo del Vangelo e testimone della fraternità.

Un tributo della comunità

Ad aprire l’iniziativa, l’Amministrazione Comunale di Minervino, con il Sindaco Antonio Marte e l’intera Giunta, ha voluto onorare la memoria del frate con l’installazione di una targa commemorativa presso Palazzo Rizzo Bitonti, residenza storica legata alla sua vicenda personale e spirituale.

“Dedicare qualcosa a chi ha vissuto nella nostra comunità e ha lasciato un segno – ha dichiarato il Sindaco Marte – ci fa onore. Ricordare e tramandare queste figure è un atto di responsabilità verso le nuove generazioni. La memoria è orgoglio, è identità.”

Sotto lo sguardo attento del pubblico, Don Matteo Brunetta ha moderato il convegno

A moderare il convegno, sotto lo sguardo attento e partecipe del pubblico numeroso accorso in piazza, è stato Don Matteo Brunetta, parroco di Minervino di Lecce e di Specchia Gallone. Con sobrietà e profondità, Don Matteo ha guidato i lavori dell’incontro, presentando gli ospiti, introducendo i temi e offrendo preziosi spunti di riflessione sulla figura di Fra Ghezzi.

Le parole del Vice Sindaco

Commosso e ispirato l’intervento del Vice Sindaco, dott. Nicola Guglielmo, che ha detto:

“I migliori, i superiori, li mandino in periferia. Quando parlo di periferie, parlo di tutte le periferie: anche quelle del pensiero. Parlare con i non credenti, con gli gnostici, quella è una periferia. Poi ci sono le periferie sociali, dei poveri. Scegliete bene chi inviare nelle periferie, soprattutto quelle più pericolose. I migliori devono andare lì.”

“Ho voluto citare queste parole di Papa Francesco rivolte ai consacrati il 2 maggio 2017, perché oggi siamo qui a venerare la figura di Fra Giuseppe Ghezzi: lui ha scelto sempre la periferia per portare la parola del Vangelo e dare speranza. Siamo onorati che anche qui a Cocumola ci siano testimonianze della sua presenza.”

“Cercheremo di valorizzare la sua figura, mettendo in luce l’importanza storica e spirituale, il suo ruolo di guida e di modello per i fedeli. Ringrazio Sua Eccellenza Mons. Francesco Neri, Fra Massimo Tunno, gli illustri relatori Noè Fanciullo, Andrea Maniglia e un ringraziamento personale a Fra Giancarlo Maria Greco. Grazie anche ai nostri parroci, Don Matteo e Don Salvatore.”

“Grazie a Josephine e David, proprietari del Palazzo Rizzo, per l’autorizzazione a installare la targa, e alla Famiglia Cerrato che ci ha fatto conoscere la figura di Fra Giuseppe. Un ringraziamento speciale a Fabio Foscarini per il supporto tecnico.”

“Chiudo mettendo in evidenza la grande virtù di Fra Ghezzi: l’ascolto. Ascoltare non è sentire: è mettersi da parte per entrare in comunione con l’altro. È questa la grande lezione che ci ha lasciato: non c’è gioia più grande che vedere la felicità negli occhi di chi abbiamo aiutato. E voglio dedicare questa serata a un nostro amico che ha avuto un grave incidente: Graziano, preghiamo per te.”

Gli interventi dei relatori

Numerosi e di grande spessore gli interventi susseguitisi nel corso della serata:

  • Andrea Maniglia,studioso e profondo conoscitore della spiritualità francescana, ha tracciato con rigore accademico e partecipazione personale la complessa e intensa parabola esistenziale di Fra Giuseppe Michele Ghezzi, delineandone le tappe fondamentali, le scelte radicali e il contesto storico in cui si è sviluppata la sua vocazione. In particolare, si è soffermato sul valore simbolico e spirituale del saio francescano, inteso non solo come abito religioso, ma come manifestazione esteriore di una scelta interiore definitiva: quella della povertà, della rinuncia, del servizio e dell’identificazione totale con i valori evangelici.

  • Don Salvatore Palma, con tono pacato ma carico di intensità spirituale, ha offerto una riflessione profonda sul valore dell’umiltà come tratto distintivo della figura di Fra Giuseppe Michele Ghezzi, non intesa come semplice virtù personale, ma come stile di vita, come modo autentico di stare nel mondo e tra gli altri, nella discrezione e nel servizio silenzioso. Ha inoltre evidenziato l’importanza dell’epistolario lasciato dal frate, definendolo una memoria viva della sua interiorità, un patrimonio spirituale e umano che ci permette oggi di entrare in dialogo con la sua anima. Le lettere, ha detto, rivelano una fede vissuta con coerenza, fatta di ascolto, tenerezza e verità, e mostrano quanto la scrittura fosse per Fra Ghezzi uno strumento privilegiato per coltivare relazioni profonde e durature.

  • Noè Fanciullo, diacono permanente nominato da Mons. Donato Negro, ha illustrato con competenza e sensibilità la fitta e profonda relazione epistolare intercorsa tra Fra Giuseppe Michele Ghezzi e la storica famiglia Rizzo Bitonti, sottolineando come queste lettere rappresentino non solo un prezioso documento spirituale e affettivo, ma anche una straordinaria testimonianza culturale. Attraverso le missive – ha spiegato – emergono valori, legami, fedi condivise e un linguaggio intriso di calore umano e radici popolari. Particolarmente interessante è l’aspetto dialettale, che restituisce con autenticità il colore e la voce del territorio, conferendo a questi scritti anche una forte valenza identitaria. Non a caso, ha ricordato espressioni come “lu monacu cercantinu” o “lu monaceddu”, soprannomi affettuosi che rivelano l’approccio umile e vicino alla gente del frate, e che rendono tangibile la sua presenza ancora oggi nella memoria della comunità cocumulese.

  • Fra Giancarlo Maria Greco, vice postulatore della causa dei santi, ha evidenziato il valore profondo dell’epistolario che lega Fra Giuseppe Michele Ghezzi e Donna Clotilde Bitonti, sottolineando come queste lettere parlino con un’intensità che va ben oltre la comunicazione ordinaria. Ha osservato: «Oggi comunichiamo con messaggi istantanei, ma prima si scriveva per riflettere, per sentire, per vivere la relazione». Ha aggiunto che restaurare questa dimensione scritta significa recuperare memorie autentiche, intime, che resistono al tempo. Per lui, le lettere di Fra Ghezzi sono un deposito spirituale e umano, una testimonianza viva della fede incarnata e della fraternità, che merita di essere custodita con cura e passione.“Le lettere tra Fra Giuseppe e Donna Clotilde Bitonti ci mostrano la profondità di una fede incarnata. Anche se oggi comunichiamo con messaggi istantanei, scrivere resta un gesto sacro. Quelle lettere valgono più di mille parole digitali.”

  • Fra Massimo Tunno, Ministro Provinciale dei Frati Minori di Lecce, ha preso la parola con spirito di gratitudine e rispetto, riconoscendo l’importanza dell’incontro come momento di memoria viva e discernimento comunitario. Ha dichiarato:

    “Non ho avuto il privilegio di conoscere personalmente Fra Giuseppe Michele Ghezzi, ma ho sentito il dovere di approfondire la sua vicenda umana e spirituale attraverso le numerose testimonianze e, in particolare, il suo ricchissimo epistolario. Le sue lettere non sono semplici scambi affettivi: sono pagine di Vangelo vissuto, frammenti di spiritualità incarnata nella quotidianità, in dialogo costante con le persone e con Dio.”

    Ha poi proseguito sottolineando la fragilità e la potenza che convivono in queste testimonianze scritte:

    “Quella di Fra Ghezzi è una figura spirituale tanto profonda quanto vulnerabile, nel senso più autentico del termine: capace cioè di farsi toccare dalla sofferenza altrui, di accogliere senza giudicare, di portare la speranza laddove mancava anche la parola. È questa vulnerabilità feconda che oggi ci interroga e ci stimola.”

    Ha infine concluso con un auspicio carico di significato ecclesiale:

    “Mi auguro sinceramente che questo cammino di riscoperta della sua vita possa tradursi, nei tempi e nei modi che la Chiesa vorrà, in un vero e proprio processo di canonizzazione. Perché l’esempio di Fra Giuseppe, radicato nella semplicità evangelica e nel servizio discreto, possa essere donato alla Chiesa universale come modello di santità contemporanea.”

Il Vescovo Neri: l’amicizia come vocazione

A concludere l’incontro, con parole dense di significato spirituale e affettivo, è stato Mons. Francesco Neri, Arcivescovo di Otranto e frate francescano, il quale ha scelto di soffermarsi su uno dei temi più intimi e ricorrenti nella vita e nelle lettere di Fra Giuseppe Michele Ghezzi: l’amicizia.

“Fra Giuseppe – ha affermato il Vescovo – dava all’amicizia un valore altissimo. Non la intendeva come semplice affinità o simpatia personale, ma come un fondamento autentico della vocazione cristiana: un legame gratuito, profondo, capace di resistere al tempo e alla distanza. Le sue lettere, così dense di affetto e di spiritualità, ci mostrano una rete di relazioni animate da una carità viva, operosa, concreta.”

Ha poi rivolto un messaggio accorato ai più giovani, tracciando un ponte tra la tradizione epistolare e la sensibilità contemporanea:

“Ai giovani voglio dire con forza: scrivere non è tempo perso. È un allenamento per l’anima, un atto di consapevolezza e di cura, un modo per custodire ciò che conta. In un’epoca dominata dalla comunicazione veloce e superficiale, la scrittura ci invita a pensare, a ricordare, a comunicare con profondità, a dare forma e senso ai nostri sentimenti e alle nostre relazioni.”

Mons. Neri ha infine voluto restituire alla comunità cocumulese l’onore e la responsabilità di essere custode di una memoria preziosa:

Cocumola deve essere orgogliosa di custodire e tramandare storie come quella di Fra Giuseppe Michele Ghezzi. Perché chi ha vissuto per il bene degli altri, chi ha scelto la via dell’umiltà, del servizio, dell’amore silenzioso, non muore mai. Continua a vivere nel cuore di una comunità che sa ricordare, che sa riconoscere il valore della santità quotidiana e della testimonianza nascosta.”

Un applauso lungo e commosso ha chiuso l’incontro, mentre nella piazza si respirava un senso di gratitudine collettiva, come se la voce di Fra Ghezzi – mite, umile, profondamente umana – continuasse ancora a risuonare tra le pietre antiche del suo paese natale.

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