Mediterraneo, clima e diritti il Festival 2025 lancia un messaggio forte per il futuro del pianeta
di Davide Tommasi
Otranto, 4 settembre 2025 – Una riflessione profonda, concreta e urgente quella che ha animato la seconda serata del Festival 2025, nella suggestiva cornice del Salento. Il titolo dell’incontro – “Mediterraneo, giustizia ambientale e climatica: per un futuro inclusivo dei diritti umani” – non è rimasto uno slogan, ma si è trasformato in una narrazione corale, capace di mettere al centro persone, territori e visioni.
A condurre il panel, un parterre di ospiti che conosce bene le complessità del Mediterraneo e le sue tante contraddizioni: Marianna Balfour (WWF Mediterraneo), i giornalisti Patrizio Nissirio, Angela Gennaro, e Luca Eufemia, esperto di sostenibilità. Esperienze diverse ma unite da una consapevolezza comune: il Mediterraneo non è solo mare, ma un laboratorio politico e umano che racchiude in sé le sfide più grandi del nostro tempo.
Mediterraneo: fragile frontiera e crocevia di diritti
Il Mediterraneo è oggi uno dei luoghi simbolo della crisi climatica globale. Una regione in cui si intrecciano crisi ambientali, migrazioni forzate, perdita di biodiversità e tensioni geopolitiche. “Non si può parlare di giustizia climatica senza parlare di diritti umani”, è stato il filo conduttore di tutti gli interventi.
Non si tratta solo di abbattere le emissioni o tutelare l’ambiente: si tratta di garantire l’accesso equo alle risorse, la salute pubblica, la tutela dei lavoratori e la possibilità concreta di partecipare alle scelte che riguardano il proprio futuro.
La pesca artigianale: tra crisi climatica e resilienza
Emblematica la scelta di porre al centro dell’incontro il tema della pesca artigianale, una pratica millenaria oggi messa a dura prova dai cambiamenti climatici. A raccontarlo, non solo i dati, ma le storie di chi ogni giorno affronta in mare gli effetti della crisi: specie che scompaiono, normative sempre più stringenti, costi crescenti e una rappresentanza politica quasi nulla.
La pesca artigianale non è solo economia: è cultura, identità, presidio del territorio. Ma è anche una delle vittime più evidenti dell’ingiustizia climatica, che colpisce chi ha meno strumenti per difendersi dai cambiamenti in atto.
Le donne della pesca: le invisibili del cambiamento
Tra i momenti più intensi della serata, la riflessione sul ruolo delle donne nella filiera della pesca. Una presenza costante, fondamentale, eppure invisibile: escluse dalle statistiche, assenti dai tavoli decisionali, dimenticate dalle politiche pubbliche.
È stato ricordato il primo Incontro mediterraneo delle donne della pesca, svoltosi a Spalato, che ha messo in rete esperienze da diversi Paesi. Un evento che ha dato visibilità e forza a una voce troppo spesso ignorata. “Non ci può essere sostenibilità senza equità di genere”, è stato ribadito con fermezza.
Migrazioni climatiche: storie da raccontare, narrazioni da cambiare
Il panel ha acceso i riflettori anche su un altro tema poco esplorato ma cruciale: quello dei migranti climatici. Milioni di persone, nei prossimi decenni, saranno costrette ad abbandonare le proprie terre a causa di desertificazione, innalzamento del livello del mare e eventi climatici estremi.
Ma oltre all’emergenza, c’è una sfida narrativa: superare i racconti allarmisti, dare voce ai protagonisti, raccontare la complessità. Il giornalismo, è stato detto, ha la responsabilità di costruire ponti di comprensione, non barriere di paura.
Secondo panel: l’Area Marina Protetta Otranto–Leuca–Tricase come modello di sviluppo sostenibile
Nella seconda parte della serata, il dibattito si è spostato su un progetto concreto che guarda al futuro: la nascita della nuova Area Marina Protetta Otranto–Leuca–Tricase. Sul palco: Francesco Bruni (sindaco di Otranto), Michele Tenore (presidente Parco Regionale Otranto-Leuca-Tricase), Gianfranco Gadaleta (coordinatore Interreg Grecia-Italia), Serena Triggiani (assessora all’Ambiente Regione Puglia), Pasquale Guastamacchia (Confindustria Bari-Bat) e Maristella Massari (Gazzetta del Mezzogiorno).
Il messaggio emerso è stato chiaro: tutela e sviluppo non sono in contrasto, anzi. La protezione della biodiversità può essere un volano per l’ecoturismo, la ricerca scientifica, l’educazione ambientale e le cooperazioni internazionali. L’area – che coinvolge dodici Comuni – è oggi al centro di un percorso amministrativo articolato, con un orizzonte di circa 18 mesi per il riconoscimento formale.
Particolare attenzione è stata data anche al delicato equilibrio tra tutela del paesaggio e transizione energetica: sì alle rinnovabili, ma con una pianificazione rispettosa dei territori e delle comunità.
L’ambiente come diritto, non come privilegio
“Un ambiente sano non è un lusso. È un diritto umano.” Questo concetto, ripetuto più volte dai relatori, ha rappresentato la chiave di volta di tutta la serata. Parlare di giustizia climatica, infatti, significa cambiare approccio: non ridurre la sostenibilità a tecnicismi o buone pratiche, ma riconoscerla come parte integrante dei diritti civili e sociali.
Un altro futuro è possibile. Ma va costruito insieme
In chiusura, è stata ribadita una visione condivisa: la sostenibilità autentica non può che essere partecipata, radicata nei territori e profondamente inclusiva. Servono processi democratici, ascolto attivo delle comunità locali, riconoscimento del ruolo delle donne, valorizzazione delle conoscenze tradizionali e delle economie locali.
Il Mediterraneo, con le sue fragilità e le sue potenzialità, può diventare un laboratorio di giustizia climatica e sociale. Ma solo se si parte da una consapevolezza chiara: non esiste transizione ecologica senza diritti umani.
E allora, come hanno ricordato i protagonisti del Festival 2025, il futuro si costruisce davvero così: dalla terra, dal mare, e soprattutto dalle persone. Insieme.
Terzo Panel – Il cibo al tempo del cambiamento climatico: agricoltura, Mediterraneo e testimonianze di sostenibilità
Otranto, 4 settembre 2025 – La terza serata del Festival 2025 ha affrontato un tema di fondamentale importanza: il rapporto tra cibo, agricoltura e cambiamento climatico nel contesto mediterraneo. L’incontro, intitolato “Il cibo al tempo del cambiamento climatico: agricoltura, Mediterraneo, testimonianze”, ha riunito sul palco diverse voci autorevoli, capaci di intrecciare scienza, cultura e pratiche locali in un dialogo concreto e coinvolgente.
A coordinare la discussione sono stati protagonisti di rilievo come Gian Pietro Di Sansebastiano, professore di Botanica all’Università del Salento, Sergio Longo di Slow Food Lecce, Fabiana Renzo dell’azienda agricola Sante Le Muse, i fotografi Flavio & Frank Sabato, promotori del Yeast Photo Festival, e il giornalista Antonio Greco di Telerama.
Adattarsi per sopravvivere: biodiversità e tecniche sostenibili
Il fulcro del dibattito è stato il concetto di adattamento, inteso come necessità imprescindibile per garantire la sicurezza alimentare e preservare le tradizioni agricole nel Mediterraneo. La biodiversità, rappresentata dalle varietà locali di piante e sementi, è stata valorizzata come un patrimonio da tutelare, essenziale per la resilienza dei sistemi agricoli di fronte ai cambiamenti climatici.
Sono stati inoltre presentati esempi concreti di tecniche agricole a basso impatto ambientale, come la gestione oculata delle risorse idriche e la manutenzione dei muretti a secco, strumenti efficaci non solo nella difesa del suolo dall’erosione, ma anche nella creazione di microclimi favorevoli alla coltivazione.
Dal campo alla tavola: ridurre sprechi e rivedere le diete
La discussione si è poi allargata alle abitudini di consumo, sottolineando l’urgenza di un cambiamento culturale in grado di ridurre gli sprechi alimentari e contenere l’impronta ecologica. È stato evidenziato il valore di un approccio integrato che coinvolga tutta la filiera, dai produttori ai consumatori, supportato da iniziative di educazione alimentare e comunitaria.
Il messaggio emerso è stato chiaro: innovare senza tradire le radici, coltivando una visione che coniughi equità, rispetto ambientale e sostenibilità sociale.
Yeast Photo Festival: il cibo come spazio culturale
I fotografi Flavio & Frank Sabato hanno illustrato il Yeast Photo Festival, un progetto culturale che utilizza l’arte fotografica per raccontare le trasformazioni e le sfide dell’agricoltura mediterranea. Nato come laboratorio di narrazione e riflessione, il festival promuove un dialogo tra comunità e innovazione, ponendo al centro il valore sociale e culturale del cibo.
Attraverso le immagini e le storie raccolte, il festival testimonia l’impegno quotidiano delle comunità agricole nel reinventarsi e adattarsi ai cambiamenti climatici, senza mai perdere il legame con il proprio territorio e le tradizioni.
Una serata di speranza e impegno
La terza serata del Festival 2025 si è così conclusa con un messaggio di speranza e responsabilità: il Mediterraneo, con la sua complessità e ricchezza, può diventare un modello virtuoso di agricoltura sostenibile. Le risposte alle sfide ambientali globali possono infatti nascere da soluzioni locali, concrete e partecipate.
Biodiversità, gestione tradizionale del territorio, innovazione culturale e tecnologica sono strumenti fondamentali per costruire un futuro alimentare più giusto e resiliente, dove il cibo è non solo fonte di nutrimento, ma anche ponte di comunità e custode di identità.