Crisis globale: la doppia ingiustizia della povertà e del clima
di Antonio Bruno
La crisi della povertà multidimensionale non è solo una questione sociale. Quest’anno il Multidimensional Poverty Index ci sbatte in faccia una verità sconvolgente: quasi un miliardo e duecento milioni di persone nel mondo vivono in condizioni di povertà acuta. Ma non basta. Otto su dieci di loro sono esposte a rischi climatici come caldo estremo, siccità, alluvioni e inquinamento, in una spirale che assomiglia sempre di più a una condanna aggiuntiva.
Le statistiche ci dicono che la maggioranza dei poveri vive in paesi a basso o medio reddito, dove lo sviluppo arranca e la giustizia sociale si allontana. Mentre la politica internazionale si perde in mediazioni e dichiarazioni di intenti, la realtà quotidiana è quella di famiglie costrette a cucinare con combustibili solidi e senza acqua potabile, bambini che non vanno a scuola e milioni di vite divorate dall’assenza di prospettive.
Il vero dramma risiede nelle contraddizioni della governance globale: mentre i paesi avanzati parlano di transizione ecologica, quelli poveri rischiano di soccombere ai disastri ambientali, che moltiplicano le disuguaglianze e rendono impossibile qualsiasi fuga dalla povertà. Senza investimenti veri, senza una nuova alleanza per la giustizia climatica e sociale, il baratro si allarga.
Il Report MPI 2025 lancia l’allarme: se non agiamo, il riscaldamento globale potrebbe raddoppiare la popolazione in povertà estrema entro il 2050. Sono numeri che chiedono una risposta politica, non solo economica. Serve coraggio, serve una scelta radicale: mettere davvero la lotta alle disuguaglianze e il contrasto agli shock climatici al centro dell’agenda internazionale.
Non è più tempo di retorica. Il futuro si gioca dove povertà e clima si incrociano e stritolano intere generazioni. Bisogna agire, subito.