Conversazione permanente
di Antonio Bruno
L’ascolto dei cittadini non può essere un gesto passeggero, confinato ai giorni che precedono le elezioni.
L’ascolto vero è un’apertura continua, un atto quotidiano di fraternità civile. È la disposizione a ricevere ogni voce, anche quella che non si impone, anche quella che ha paura di non valere.
Le conversazioni con i cittadini non sono una strategia, ma una forma di vita democratica. Esse devono avvenire sempre, in ogni luogo, tra chi desidera costruire insieme un progetto comune. Solo dalla conversazione nasce l’accordo, e solo dall’accordo nasce una comunità che si riconosce.
Non c’è un tempo per la conversazione: essa dura finché c’è un “tu” che risponde, finché l’ascolto non diventa costume, finché le parole non si fanno azione naturale.
Quando questo accadrà, non avremo più bisogno di convocazioni o di appelli: la democrazia sarà nel respiro delle persone, come l’aria che circola senza rumore.
Chi si riconosce nella cultura della competizione e della gerarchia non può comprendere questa forma di vita aperta e collaborativa. Ma chi crede nella compresenza, nell’unità profonda tra tutti gli esseri, sa che la politica vera non è conquista, ma cooperazione.
Antonio Decaro ha detto che il voto è un atto d’amore. È vero: ma l’amore civile non può esaurirsi nel giorno del voto. Deve continuare nella cura, nell’incontro, nella parola che non smette di cercare l’altro.
Finché la conversazione non sarà permanente, le parole rimarranno promesse.
Se davvero egli saprà aprire questa via di ascolto con i cittadini, allora — e solo allora — le sue parole avranno trovato radice.
Perché la vera rivoluzione democratica non si misura nei risultati, ma nella qualità del legame umano che sappiamo mantenere ogni giorno.
Manifesto della Conversazione Permanente
La democrazia non vive nei giorni del voto,
ma nei giorni dell’ascolto.
Ogni cittadino è voce.
Ogni voce è presenza.
Ogni presenza è un invito all’incontro.
La politica non è comando,
ma dialogo che non finisce,
cura reciproca,
apertura all’altro.
Conversare è amare la città.
È credere che nessuno sia inutile,
che ogni parola possa illuminare il cammino comune.
Non chiediamo ai cittadini solo un voto,
ma una parola, un pensiero, un gesto di attenzione.
Così si costruisce la libertà:
non dall’alto, ma accanto.
Quando la conversazione diventa permanente,
la comunità diventa viva.
E la democrazia non è più promessa,
ma respiro quotidiano.