Chi sputa in cielo… raccoglie Xylella: il morso amaro del Barese

di Antonio Bruno

Eh già, cari lettori, pare proprio che Madre Natura abbia un debole per le ironie. I baresi, con l’aria di chi la sa lunga e il dito puntato verso sud, hanno per anni osservato con un misto di compassione e superiorità quanto accadeva ai cugini salentini: ulivi secolari che cadevano come mosche, ettari bruciati dal morbo, intere economie polverizzate come polline al vento. “Da noi mai!”, si diceva in coro, come se la Xylella avesse paura di attraversare il confine con il Barese. “Eh no, qui non può succedere. Troppo puliti, troppo ordinati, troppo... barese.”

E invece eccoci qui, col proverbio che ritorna come uno sputo in cielo: puntuale, in caduta libera e con destinazione precisa. A Conversano, cuore dell’olivicoltura, patria di frantoi e orgoglio da 64 milioni di euro, sono stati scoperti tre ulivi infetti. Tre! E in Puglia si sa: da tre si passa a trentamila nel tempo di un’estate secca.

Ma attenzione, niente panico. Gli agrumi, il pesco, l’albicocco e il susino sono salvi – perché, test scientifici alla mano, “non suscettibili alla Xylella fastidiosa sottospecie pauca genotipo ST53”. La sottospecie pauca... che nome affettuoso per un killer silenzioso. E proprio quel genotipo ST53 pare non farsi mancare nulla, nemmeno una gita a nord, verso Bisceglie e, chissà, magari a breve anche nel Foggiano.

Intanto i tecnici dell’Osservatorio fitosanitario – gli 007 delle piante – si aggirano come moderni ghostbusters, con le pinze da campionamento al posto dei proton pack. E cosa trovano? Quattro nuovi ulivi infetti nella Bat, subito eradicati, zona rossa istituita, tampone per tutti. Mancava solo il bollettino delle 18.00 e l’hashtag #iorestoinsalamoia.

I baresi, che finora si erano vantati di essere il cuore pulsante dell’olivicoltura italiana (e in effetti, con 6 milioni di chili di olio e oltre 60 milioni di ulivi in Puglia, qualche ragione ce l’hanno), ora iniziano a tastarsi il polso. Il battito è accelerato. Perché la Xylella non guarda i bilanci d’esercizio, non si commuove davanti ai frantoi secolari, e non fa differenze tra Salento e Murge. Avanza. Macina chilometri come un ciclista in fuga e si insinua tra i rami come un vecchio debito dimenticato.

Nel frattempo, la Regione corre ai ripari. Due milioni di nuove piante, progetti da 27 milioni, fondi europei e varietà resistenti. Tutto bello. Ma il sospetto che si stia rincorrendo l’epidemia con una scopa in mano mentre lei guida un TGV, è forte.

E mentre la sputacchina, vettore della Xylella, si gode indisturbata le sue vacanze estive tra i campi abbandonati e i cigli stradali non diserbati (un vero paradiso per insetti single in cerca di avventure batteriche), i Comuni sono chiamati a pulire, bonificare, intervenire. Ma anche a rispondere, magari, di quella antica certezza: “Da noi? Mai!”

E invece sì, cari baresi. Adesso tocca anche a voi. E se i salentini vi guardano con un misto di tristezza e ghigno, sappiate che non è cattiveria. È solo la legge universale del karma agricolo: chi sputa in cielo, alla fine si ritrova con la Xylella in giardino.

Buona potatura a tutti.


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