Calimera abbraccia l’acero di Raffaele “Padreterno”
di Davide Tommasi
Calimera (LE) — Nella villa comunale di Calimera, in un pomeriggio in cui anche l’aria sembrava trattenere il fiato, la comunità si è radunata attorno a un gesto che ha superato la commemorazione per diventare un rito collettivo, quasi sacro. Un silenzio pieno di significato ha preceduto la piantumazione dell’acero: un silenzio che non era vuoto, ma abitato da ricordi, volti, sorrisi, assenze che pesano e presenze che restano.
L’iniziativa, portata avanti con cuore e determinazione dall’associazione Mana Grika, insieme a cittadini e istituzioni, è diventata un momento identitario. Non solo un evento, ma un atto d’amore nei confronti della propria comunità, delle proprie radici e di quella memoria condivisa che unisce più della parola “paese”: un gesto che dice “famiglia”.
Al centro di tutto, come un raggio di luce che continua a filtrare anche quando il sole non c’è più, c’era lui: Raffaele, “Padreterno” per tutti. Il suo ricordo non aleggiava nell’aria come un’ombra, ma come un sorriso, come una presenza capace di scaldare. Gli amici l’hanno voluto così: non una commemorazione che ferma il tempo, ma un seme che lo trasforma. L’acero messo a dimora è diventato metafora perfetta: Raffaele continua a crescere attraverso loro, attraverso la comunità, attraverso le radici che non si spezzano.
A rendere ancora più profondo e palpabile il momento, la presenza della famiglia di Raffaele, che ha vissuto l’intera cerimonia con una dignità commovente. I loro sguardi, affettuosi e intensi, hanno ricordato a tutti che dietro ogni ricordo condiviso c’è sempre un amore che resta e che continua a parlare, anche quando le parole non bastano più. La comunità, stringendosi idealmente attorno a loro, ha voluto dire: “Non siete soli. Raffaele è parte di tutti noi.”
Un simbolo che parla al cuore
L’acero non è stato scelto a caso. È un albero che racconta la vita meglio di tante parole: resiste al vento, cambia colore con le stagioni, si rinnova senza perdere la sua natura. Ogni foglia sembra una promessa, ogni ramo un orizzonte.
Questo significato profondo è stato al centro dell’intervento dell’assessore all’Associazionismo e alle Politiche Giovanili, Brizio Maggiore, che ha parlato con una commozione autentica, la stessa che ha condiviso con gli amici di Raffaele nei giorni più spensierati:
«Piantare questo albero insieme agli amici di Raffaele è stato un vero onore. Qui, in questo punto esatto della villa, abbiamo riso insieme, ci siamo stretti. Dai ricordi nasce un dolore grande, sì, ma anche la bellezza di poterlo trasformare. Questo albero è bellezza che resta, è speranza che cresce».Parole che hanno attraversato la platea come un abbraccio.
Subito dopo, l’assessore all’Ambiente e vicesindaco Giuseppe Mattei ha aggiunto una riflessione che ha dato ancora più profondità al gesto:
«Non stiamo solo piantando un albero. L’acero è un maestro silenzioso: insegna la resilienza, la capacità di rialzarsi. Ci ricorderà ogni giorno che le radici ci tengono uniti, che i rami ci spingono a guardare avanti, anche quando il cammino è difficile».
Il contributo tecnico e umano dell’Agraria Giannuzzi
Un ringraziamento particolarmente sentito è stato rivolto all’Agraria Giannuzzi, realtà del territorio che, con professionalità e competenza, ha reso possibile la piantumazione dell’albero. Senza il loro supporto tecnico, la loro disponibilità e la loro attenzione alla qualità del lavoro, questo gesto simbolico non avrebbe potuto essere realizzato con la stessa cura.
Il loro contributo è stato riconosciuto pubblicamente come fondamentale:
un esempio concreto di come le forze del territorio, quando si uniscono, possano dare vita a qualcosa che rimane.
La voce dei ragazzi, il futuro che ricorda
Uno dei momenti più intensi è stato l’intervento del Sindaco dei Ragazzi di Calimera, che ha portato sul palco non solo la voce dei più giovani, ma anche la loro sensibilità limpida, quasi disarmante:
«Ricordare significa sapere chi siamo. Significa tenere accanto chi non vediamo più, continuare a imparare dal loro esempio. Questo albero crescerà con noi, e noi cresceremo con lui».
Le sue parole, semplici e autentiche, hanno commosso i presenti, ribadendo come la memoria sia un’eredità che i giovani sanno custodire con sorprendente responsabilità.
La scuola come cuore della comunità
La presenza della dirigente dell'Istituto Comprensivo Calimera–Martignano–Caprarica, Elisabetta Dell’Atti, ha aggiunto un ulteriore valore simbolico alla cerimonia. Presentata dall’assessore Maggiore con parole di profonda stima, la dirigente è stata riconosciuta come una guida attenta e sensibile:
«La sua presenza ci onora e fa onore a tutta Calimera. La scuola non è solo un luogo di formazione: è il centro vivo della nostra comunità».
Nel suo discorso, uno dei più emozionanti dell’intero pomeriggio, la dirigente ha voluto ricordare tre parole chiave: comunità, amicizia, ricordo.
«Questa è comunità: vedersi, incontrarsi, sostenersi. Non servono grandi gesti per costruire l’appartenenza; a volte basta un abbraccio, un sorriso, un albero piantato insieme. Questo acero ci insegnerà ogni giorno che non siamo soli».
Un abbraccio che non si scioglie
Quando l’albero è stato finalmente affidato alla terra, la comunità si è stretta attorno a esso come attorno a un simbolo che appartiene a tutti.
C’erano lacrime e sorrisi, mani che si stringevano, ricordi sussurrati piano.
C’erano amici, volontari, associazioni.
E c’era soprattutto la famiglia di Raffaele, che ha ricevuto l’abbraccio più grande, quello che una comunità offre quando sceglie di farsi casa per chi porta un dolore che non passa.
Il ringraziamento finale, spontaneo e collettivo, è stato il sigillo emotivo di un pomeriggio che non sarà dimenticato. Non un evento, ma una pagina di storia comunitaria.
L’acero ora cresce. E con lui cresce anche Calimera
Oggi quell’albero è fragile, come fragile è la memoria quando la si affida alla terra per la prima volta.
Ma domani — e ogni giorno dopo — crescerà, allargerà i suoi rami, accenderà di colore le stagioni, offrirà ombra, rifugio, pace.
Diventerà un punto di riferimento:
un luogo in cui tornare, un luogo in cui parlare a chi non c’è più, un luogo in cui ritrovarsi.
Calimera, ancora una volta, ha mostrato la sua anima più profonda:
una comunità capace di trasformare il dolore in luce,
il ricordo in forza,
l’assenza in presenza.
Un acero è stato piantato. Una memoria è stata affidata alla terra.
Una comunità si è stretta.
E da quel pomeriggio, a Calimera, qualcosa cresce più forte del vento: il legame che nessuno potrà spezzare.