Acaya, la città perfetta che l’Italia rischia di perdere

(un racconto di Antonio Bruno dottore agronomo)


È un pomeriggio di tramontana sul tacco d’Italia. Il vento arriva dritto dalle Cesine e lambisce i bastioni di Acaya, la «piccola Anversa» del Salento: un quadrato di pietra leccese, strada maestra – cardo – che corre da nord a sud, decumano che la taglia a metà, tre piazze come i nodi di un rosario. Cinquecento anni fa Gian Giacomo dell’Acaya, ingegnere di Carlo V, disegnò questo borgo come un’architettura di carta millimetrata, un modello di città ideale prima che la parola «urbanistica» esistesse. Oggi, tra le mura che ancora profumano di Rinascimento, l’erba invade i cunicoli, il convento francescano ospita capre, una torre campanaria minaccia di venire giù. È la storia di un’Italia che sa costruire capolavori e, talvolta, dimentica di custodirli.

Dal sogno di Carlo V al lento oblio

La parabola di Acaya ha l’andamento di una tragedia classica. Nel 1521 l’ottavo barone, Gian Giacomo, cinge l’antico Segine di bastioni a prova di artiglieria, scava un fossato, incide nei conci le cannoniere «traditrici», imposta l’impianto a scacchiera che ancora oggi lascia stupiti gli storici dell’arte gruppoarcheologicokr.itit.wikipedia.org. In meno di quindici anni la cittadella diventa laboratorio militare e manifesto estetico: la sala ennagonale del castello è un salotto umanista, mentre i silos ipogei in piazza d’Armi assicurano ai sudditi pane nelle stagioni cattive lecceoggi.com.

Poi la linea ascendente si spezza. Le scorrerie ottomane del 1714, la vendita a famiglie che badano al reddito più che alla gloria, infine l’abbandono: quando Pier Fausto Palumbo vi mette piede nel 1962, annota che le fosse granarie sono state colmate di terra, le cannoniere bruscamente mozzate, un varco aperto a picconate per far passare le auto – «un delitto contro qualcosa che non può protestare», scrive sul «Archivio Storico Pugliese».

Le ferite ancora aperte

Molto di ciò che Palumbo denunciava resta attuale. Il castello – acquistato dalla Provincia di Lecce e restaurato tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, con la scoperta dell’affresco quattrocentesco della Dormitio Virginis – appare oggi in condizioni dignitose ecclesiacesarina.comit.wikipedia.org. Ma basta oltrepassare la porta di Sant’Oronzo per ritrovare le piaghe: murature sbriciolate dal tempo, pietre di tufo divorate dai licheni, crolli nel convento di Santa Maria degli Angeli segnalati dalla gente del posto trnews.it.

Nel 2022 il Consiglio regionale ha votato l’esproprio dei tratti di mura lasciati in rovina da proprietari privati; una mozione dello stesso tenore è tornata in aula nel 2025, ma i fondi non sono ancora arrivati lecceprima.ittrnews.it. Intanto la pioggia filtra fra i conci, le radici di fico si insinuano nelle crepe, la retorica dei convegni si dissolve al primo temporale.

Un unicum da salvare

Perché Acaya conta? Perché è l’unico borgo fortificato rinascimentale dell’Italia meridionale rimasto pressoché integro nel tracciato urbano historiaregni.it. Perché chiunque studi l’evoluzione delle tecniche belliche – dai bastioni «a lancia» alla difesa radente – deve fare tappa qui pugliaplanet.com. Perché questa cittadella, lontana dalle rotte del turismo di massa, racconta con chiarezza la promessa e il limite della nostra Penisola: la grandezza del passato, la fragilità del presente.

Una scelta di responsabilità

Acaya chiede poco: qualche milione per consolidare le mura, un progetto di valorizzazione che trasformi il fossato in percorso museale all’aperto, l’energia di giovani guide disposte a raccontare la storia a chi arriva in bicicletta dalle Cesine. Ma, soprattutto, chiede di non essere più «terra di nessuno». Un Paese che ha saputo ricostruire L’Aquila e progettare il Mose può salvare anche un borgo di ottocento anime. Basterebbe volerlo.

In fondo, come ammonisce la lapide che campeggia sul bastione sud-est, «Fecit melius tempus» – «Il tempo può fare di meglio». Tocca a noi decidere se quelle parole rimarranno un auspicio o una condanna.

Bibliografia essenziale

  • P. F. Palumbo, «Acaya: un borgo rinascimentale va in rovina», Archivio Storico Pugliese, XV (1962), fasc. 1-4.

  • G. G. dell’Acaya: l’architetto che riprogettò il Castello di Crotone, Gruppo Archeologico Krotoniate gruppoarcheologicokr.it.

  • «La cittadella fortificata di Acaya», Puglia Planet, 1 luglio 2024 pugliaplanet.com.

  • «Il Castello di Acaya», Historia Regni, 2023 historiaregni.it.

  • «Acaya», voci Wikipedia consultate il 5 giugno 2025: pagina generale e pagine «Castello di Acaya» it.wikipedia.orgit.wikipedia.org.

  • Redazione, «Salvare Acaya: ok alla mozione sull’esproprio di parti di mura», LeccePrima, 5 aprile 2022 lecceprima.it.

  • Redazione, «Salviamo le mura del borgo di Acaya», Telerama News, 18 gennaio 2025 trnews.it.

  • C. E. Marseglia, «Il Salento dalla preistoria alla modernità: Acaya», LecceOggi, 2023 lecceoggi.com.

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