A Lequile il carrubo che salva il Salento e semina futuro
di Antonio Bruno
E se la rinascita del Salento partisse da un albero che non fa rumore? Il carrubo non sfila nei cortei dell’agroindustria, non promette raccolti miracolosi né titoli in borsa. Sta lì, da secoli, come certi nonni silenziosi che non parlano mai ma tengono in piedi la casa. È un albero antico quanto il Mediterraneo e moderno quanto il futuro che ci manca. E oggi torna protagonista non per nostalgia, ma per necessità.
Quando la Xylella ha fatto strage di ulivi, non ha abbattuto solo alberi: ha spezzato memorie, paesaggi, economie. Ha fatto del Salento un grande cimitero vegetale a cielo aperto. Eppure, proprio in quel deserto che avanza, spunta una speranza coriacea: il carrubo. Non si ammala di Xylella, non teme la siccità, non chiede acqua che non c’è. Resiste. Una parola che in Puglia suona familiare.
La scienza oggi gli tende la mano. Gli studi dell’Università di Bari hanno mappato più di 260 mila ettari dove il carrubo può crescere. Non per fare arredamento, ma reddito. Perché questo albero produce: semi preziosi per l’industria alimentare e farmaceutica, polpa dolce che diventa farina “senza sensi di colpa”, buona per chi non vuole zucchero ma neppure rinunciare al piacere. È il miracolo laico dell’agricoltura: trasformare una pianta rustica in un’economia gentile.
Nasce così una filiera che prima non c’era. Un’alleanza tra agricoltori, ricercatori e imprese che punta a mettere ordine nel caos e futuro nel passato. Si innesta in vivaio – come le idee buone – per accorciare i tempi, si pianta a densità ragionata, si gestisce con la tecnologia. Altro che ritorno alle origini: è un passo avanti fatto con scarpe antiche.
E poi ci sono i campi pilota, a Lequile. Pochi ettari che contano come una prova generale del domani. Lì si misura se le promesse diventano frutti, se l’innovazione sa sporcarsi le mani di terra senza perdere eleganza. Perché l’agricoltura del futuro non è una cartolina: è una fabbrica a cielo aperto che rispetta il paesaggio e paga le bollette.
Il carrubo, dicono, sequestra carbonio, ferma l’erosione, regala ombra. Ma soprattutto restituisce dignità. Trasforma la parola “infetto” in “fertile”. E in tempi di slogan, ci vuole un albero per ricordarci che il futuro non si grida: si pianta.
Per approfondire:
Francesco Maldera, Francesco Nicolì, Fabrizio De Castro, Pino Varratta, Salvatore Camposeo, Carrubo, in Puglia una nuova filiera per il post Xylella - terra vita n. 23-2025 28 novembre