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UNIVERSITA’ DEL SALENTO

INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO 2015/2016

IL RETTORE VINCENZO ZARA: «DIGNITÀ PER IL SISTEMA UNIVERSITARIO. COSÌ SI RESTITUISCE DIGNITÀ AL SISTEMA PAESE»

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Si è aperta nel ricordo di Giulio Regeni la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2015/2016 dell’Università del Salento, che si è tenuta questa mattina presso il centro congressi del Complesso Ecotekne alla presenza della vice ministra allo Sviluppo economico Teresa Bellanova.

«Come parte della comunità scientifica internazionale rivendichiamo di conoscere la verità su quanto è accaduto a Giulio Regeni», ha esordito il Rettore Vincenzo Zara, «Lo dobbiamo alla sua famiglia e a noi tutti, noi che crediamo nel valore dello studio e della ricerca». Il discorso si è poi incentrato sulla rivendicazione della dignità per il sistema universitario come chiave per restituire dignità al sistema Paese: «Nonostante le minori entrate dovute alle riduzioni delFondo di Finanziamento Ordinario degli ultimi anni e della contribuzione studentesca, minore per le Università del Sud a causa delle minore capacità reddituale dei territori di riferimento, l’Ateneo salentino riesce a essere attrattivo grazie alla riqualificazione dell’offerta formativa e al rafforzamento dei rapporti con le scuole secondarie superiori: gli immatricolati “puri”, cioè coloro che per la prima volta si iscrivono al Sistema universitario nazionale, crescono all’Università del Salento in controtendenza rispetto al trend della Puglia e del resto del Sud Italia», ha aggiunto Zara, «Da un’analisi dei più recenti dati dell’Anagrafe nazionale degli studenti emerge che, rispetto all’anno accademico 2014/15, nel contesto di un calo generale delle immatricolazioni “pure” in Puglia (13.095 in valore assoluto, -5.5%), UniSalento cresce con un incremento del +1.7%, ben superiore rispetto alla media nazionale (+0.4%), e in netta controtendenza rispetto al dato regionale e in generale rispetto al Sud Italia (-3.0%)». Risultati positivi anche nel settore della ricerca: «Nei finanziamenti ai progetti di ricerca la nostra Università è in media rispetto a Università di analoghe dimensioni per i bandi nazionali, e al di sopra della media per i finanziamenti provenienti da programmi comunitari, sia a carattere nazionale che regionale. Siamo invece nettamente sopra la media nazionale nei finanziamenti ERC – European Research Council, dedicati alla ricerca d’eccellenza». E per quanto riguarda la“terza missione”, «cioè la rete di relazioni e progetti che ci lega al nostro territorio di riferimento con positive ricadute sul suo sviluppo, è necessario un “riallineamento” e una maggiore collaborazione verso obiettivi condivisi».

Restituire dignità al sistema universitario per restituirlo al sistema Paese, ha aggiunto il Rettore: «Un Paese come l’Italia, che voglia essere moderno, che voglia competere a livello internazionale, ha il diritto a un sistema di istruzione superiore competitivo e di qualità. Questo è un principio di civiltà. Guardiamo ai fatti: nel nostro Paese soltanto il 23% della popolazione tra i 30 e i 34 anni è in possesso di laurea, un dato ben lontano dalla prospettiva europea di raggiungere il 40% entro il 2020. Questo è un problema non dell’Università in sé, del sistema universitario, questo è un problema del sistema Paese, è un problema culturale. Per fare ricerca, e per continuare a farla bene, è necessario investire sulle risorse umane e fornire adeguato supporto finanziario», ha aggiunto Zara, «riconoscendo fino in fondo la dignità dei docenti universitari. Non trova spiegazione plausibile, a questo riguardo, la disposizione normativa che implica per i docenti universitari italiani una reiterata austerità contributiva da cui tutte le altre categorie del pubblico impiego sono state sollevate dal gennaio 2015». Poi sulprecariato: «Questa cerimonia vuole richiamare l’attenzione sull’importanza dell’investimento sull’Università per lo sviluppo culturale, economico e sociale del nostro Paese. Trovo grave che non si comprenda come questo disinvestimento danneggi non solo l’attuale sistema universitario e la capacità programmatoria degli Atenei, ma in maniera ancora più significativa le giovani leve, e cioè i dottorandi, gli assegnisti, i ricercatori a tempo determinato, per i quali il futuro è assai incerto. L’Università è un propellente intellettuale e scientifico», ha concluso Zara, «un centro di energia culturale che affianca le Istituzioni e le forze vive della per farle crescere e per rafforzarle».

«Prendiamo atto con soddisfazione dell’impegno assunto dalla vice ministra Bellanova di seguire da vicino tutti gli aspetti che riguardano il sistema universitario e in particolare le Università del Sud», commenta infine il Rettore Zara, «e per la comune sintonia evidenziata, nel considerare che una visione strategica del sistema Paese non può prescindere dalla formazione di capitale umano qualificato, fondamentale per lo sviluppo culturale e di conseguenza economico e sociale dei territori».

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Il ruolo, le risorse e le sfide dell’Università per lo sviluppo culturale, economico e sociale

Discorso del Magnifico Rettore Vincenzo Zara
Onorevole Vice Ministra,Magnifici Rettori,Autorità religiose, civili e militari,Colleghi,Cari Studenti,Gentili Ospiti,Voglio aprire questa cerimonia di inaugurazione del 61° Anno Accademico dell’Università del Salento chiedendo a nome della nostra comunità di studio e di ricerca la verità sulla morte di Giulio Regeni. Perché è morto Giulio?
Abbiamo letto nei giorni scorsi dettagli terribili sulle torture subite da questo giovane ricercatore assassinato in Egitto, abbiamo ascoltato la mamma di Giulio raccontare di aver visto sul volto del cadavere di suo figlio tutto il male del mondo. La signora Paola Deffendi Regeni ce lo ha descritto come “un ragazzo contemporaneo, aperto al mondo,un ragazzo del futuro”, allegro, studioso, curioso, con amici di tutto il mondo: la figura di questo ricercatore di ventotto anni ci ricorda tanti nostri studenti e giovani ricercatori, quelli che affollano le nostre aule e i nostri laboratori, che incontriamo nei corridoi, a mensa, al bar, tra i banchi, via e-mail, nei compiti e negli esami. Persone per le quali vorremmo contribuire a costruire, appunto, un futuro. Anche per questo la morte di Giulio ci addolora, ci commuove, ci indigna, anche per questo il suo omicidio non può restare oscuro: come parte della comunità scientifica internazionale rivendichiamo di conoscerne la verità. Lo dobbiamo alla sua famiglia e a noi tutti, noi che crediamo nel valore dello studio e della ricerca. D’altronde lo studio e la ricerca da quasi mille anni fanno vivere l’istituzione universitaria, che è cambiata profondamente nel corso del tempo per adattarsi alle nuove esigenze sociali e ai nuovi bisogni degli studenti, senza però mai smarrire il proprio significato universale di luogo di formazione e di produzione della conoscenza collettiva.
Sono valori che l’Università del Salento ha ribadito celebrando il sessantesimo anno della fondazione, tornando a sottolineare l’importanza del rapporto con il suo territorio.
A questo proposito abbiamo parlato di “rifondare un patto”: quello con i cittadini salentini, che sessant’anni fa vollero autotassarsi per dare vita alla nostra Istituzione, ritenuta chiave fondamentale per lo sviluppo di questo territorio. Vogliamo tornare su quest’aspetto, affermando con forza che investire nell’Università significa investire nel futuro, per lo sviluppo culturale, economico e sociale.
Occorre però fare i conti con un dato oggettivo: negli ultimi sei/sette anni, la contrazione di circa un miliardo di euro del Fondo di Finanziamento Ordinario, al quale si è aggiunto l’aumento della quota premiale nell’ambito dello stesso Fondo e delle stesse risorse (invece che, come avrebbe dovuto essere, utilizzando risorse aggiuntive), ha dato vita a un meccanismo perverso nel quale le Università all’interno del sistema sono spinte a fagocitarsi a vicenda. La contribuzione studentesca, minore per le Università del Sud a causa delle minore capacità reddituale dei territori di riferimento, ha comportato un’ulteriore contrazione dei fondi disponibili. A questo si aggiunge un turn-over del personale ancora più ridotto di quanto già non fosse, perché essenzialmente legato alle entrate.
In questo fosco scenario, che avrebbe potuto spingere a un atteggiamento conservativo o di arretramento, l’Università del Salento ha scelto invece di avanzare, di guardare ostinatamente al futuro, di assumere un atteggiamento d’avanguardia operando scelte di investimento nelle giovani generazioni, con azioni la cui riuscita è stata e sarà possibile solo grazie alla collaborazione tra tutte le componenti della comunità universitaria e il fondamentale apporto del personale tecnico-amministrativo, la cui professionalità, competenza e merito andranno sempre meglio valorizzati e premiati.
Un rinnovato impegno nell’orientamento in ingresso, anche con specifici progetti (Piano Lauree Scientifiche, Riesci, To Be, Future Perfect, Bridge, Propilei, Orientarsi) e convenzioni con le scuole superiori, ha valorizzato la nostra offerta formativa costituita da 23 Corsi di Laurea Triennale, 30 Corsi di Laurea Magistrale e 2 Corsi di Laurea Magistrale a Ciclo Unico. Tra questi, sei sono i Corsi di Laurea Magistrale tenuti in lingua inglese e quattro i corsi con mobilità strutturata degli studenti e rilascio di titolo doppio o multiplo (cioè valido sia in Italia che nei Paesi delle Università convenzionate), nell’ottica di un percorso di internazionalizzazione della nostra offerta formativa che si svilupperà ulteriormente.
Parliamo quindi di un’offerta formativa sempre più qualificata e competitiva, alla quale ci pare che i giovani e le famiglie ricomincino a dare fiducia. È un risveglio che giunge in primo luogo dalle scuole secondarie del nostro territorio, che stanno ospitando iniziative di orientamento per gli studenti degli ultimi anni sempre più frequenti e dense di informazioni, in modo da poter presentare ai giovanissimi l’intero ventaglio di possibilità formativa dell’Università del Salento.
A riprova di quest’impressione, un risultato che possiamo vantare e che è stato possibile grazie all’impegno di tutti: gli immatricolati “puri”, cioè coloro che per la prima volta si iscrivono al Sistema universitario nazionale, crescono all’Università del Salento in controtendenza rispetto al trend della Puglia e del resto del Sud Italia. Da un’analisi dei più recenti dati dell’Anagrafe nazionale degli studenti emerge che, rispetto all’anno accademico 2014/15, nel contesto di un calo generale delle immatricolazioni “pure” in Puglia (13.095 in valore assoluto, -5.5%), UniSalento cresce con un incremento del +1.7%, ben superiore rispetto alla media nazionale (+0.4%), e in netta controtendenza rispetto al dato regionale e in generale rispetto al Sud Italia (-3.0%).
Anche alla luce di questi dati, ci sentiamo impegnati in un ulteriore investimento per il potenziamento della nostra offerta formativa: supereremo le difficoltà che, nei mesi scorsi, hanno messo in “pausa” i nostri progetti, e sono sicuro che riusciremo ad affermarci con dignità piena e pari a quella delle altre Università.
Ulteriori investimenti si avranno nei servizi per gli studenti, la cui centralità nel sistema non è uno slogan ma un impegno quotidiano, per far sì che l’esperienza dello studio possa essere la più gratificante ed entusiasmante possibile. In questa direzione va interpretata la scelta di utilizzare parte dei contributi-studenti assegnati ai Dipartimenti fino all’anno 2012/2013 e non impegnati alla data del 30 giugno 2015 per progetti che prevedono il potenziamento di specifici servizi per gli studenti stessi. In questa direzione si devono leggere le scelte di integrazione delle borse di mobilità e l’istituzione di nuove borse (di mobilità): soprattutto in questa direzione voglio garantire il massimo impegno, in stretta collaborazione con il Direttore Generale, perché si risolvano nel più breve tempo possibile i piccoli o grandi intoppi che possono rendere a ostacoli l’esperienza universitaria dei nostri studenti.
Nel 2015 sono stati 3.267 i laureati e laureate all’Università del Salento: su questi giovani qualificati, che rappresentano la principale risorsa per il futuro del nostro Paese, vogliamo continuare a puntare anche con più efficaci azioni di “job placement”. Non è facile nel nostro contesto, come sappiamo, ma conosciamo quanta energia, entusiasmo e idee possano avere i nostri studenti, che peraltro vediamo regolarmente distinguersi in contesti nazionali e internazionali anche in tema di imprenditorialità. Ben vengano, quindi, le reti, le collaborazioni e ogni progetto che conduca i nostri laureati dalle aule e dai laboratori della nostra Università a un mondo del lavoro che vorremmo fosse capace di valorizzarne il talento. Vorremmo essere capaci di valorizzare il talento e le capacità anche di coloro i quali intendono fare della ricerca la propria professione. Nella scorsa valutazione della ricerca, l’Università del Salento ha potuto vantare 6 aree disciplinari su 14 sopra la media nazionale (e altre tre molto prossime), e risultati ancora migliori analizzando i neo-assunti o promossi nell’Ateneo. Inoltre, sono molto intense le collaborazioni con altre realtà ed Enti di ricerca, a livello locale, nazionale e internazionale. Come abbiamo avuto modo di sottolineare già nella Conferenza d’Ateneo sulla ricerca dello scorso dicembre, per quanto riguarda i finanziamenti ai progetti di ricerca la nostra Università è in media rispetto a Università di analoghe dimensioni per i bandi nazionali, e al di sopra della media per i finanziamenti provenienti da programmi comunitari, sia a carattere nazionale che regionale. Siamo invece nettamente sopra la media nazionale nei finanziamenti ERC – European Research Council, dedicati alla ricerca d’eccellenza.
Abbiamo tutti i numeri, insomma, per continuare a crescere, e vogliamo farlo anche con un sempre maggior impegno nella valorizzazione dei brevetti e del know how dei nostri ricercatori.
Per fare ricerca, e per continuare a farla bene, però, è necessario investire sulle risorse umane e fornire adeguato supporto finanziario, riconoscendo fino in fondo la dignità dei docenti universitari. Non trova spiegazione plausibile, a questo riguardo, la disposizione normativa che implica per i docenti universitari italiani una reiterata austerità contributiva da cui tutte le altre categorie del pubblico impiego sono state sollevate dal gennaio 2015. La dignità dei docenti implica un rispetto per il loro lavoro e per le loro proposte, che – così come la loro produzione scientifica – hanno il diritto e il dovere di essere prese in considerazione e valutate correttamente.
La questione della valutazione sembra essere l’argomento principale sul quale si è focalizzata l’attenzione nell’ultimo periodo. La valutazione è solo un mezzo pe comprendere se le cose vengono fatte bene e ha l’obiettivo principale di promuovere il miglioramento continuo di ciò che si fa. Ma l’aspetto più importante è poter competere (forse, meglio, poter cooperare) con le altre realtà internazionali nel campo della ricerca (e della didattica) ad “armi pari”: già i ricercatori italiani fanno tantissimo con molto poco, ma credo sia diabolico continuare con questo trend di disinvestimento nel campo dell’istruzione superiore e della ricerca. Ne va della formazione qualificata del capitale umano di cui tanto si parla, ma su cui molto poco si investe. Ciò che più dispiace è che il “capitale umano” sia diventato poco più di uno slogan da utilizzare quando si vuole apparire un Paese moderno, competitivo e proiettato verso il futuro. Noi non abbiamo più bisogno di slogan.
Questa cerimonia vuole quindi richiamare l’attenzione sull’importanza dell’investimento sull’Università per lo sviluppo culturale, economico e sociale del nostro Paese. Trovo grave che non si comprenda come questo disinvestimento danneggi non solo l’attuale sistema universitario e la capacità programmatoria degli Atenei, ma in maniera ancora più significativa le giovani leve, che sono la “primavera” autentica delle università. Uso questa parola – “primavera” – riferendomi a una recente iniziativa nazionale della CRUI, che a Lecce abbiamo voluto incentrare sui dottorandi, gli assegnisti, i ricercatori a tempo determinato, per i quali il futuro è assai incerto. Per queste categorie professionali abbiamo prospettive drammatiche: la platea di giovani ricercatori non strutturati è enorme, quali possibilità reali abbiamo di inserimento nei prossimi anni?, su che cosa stiamo investendo se molto probabilmente la maggioranza dei nostri più giovani e brillanti ricercatori sarà costretto a uscire dal sistema universitario, magari per l’estero?
Né si può ritenere che il disinvestimento da parte dello Stato possa essere colmato dall’intervento dei privati. Questa logica io credo abbia dei limiti.
Un Paese come l’Italia, che voglia essere moderno, che voglia competere a livello internazionale, io credo abbia il diritto a un sistema di istruzione superiore competitivo e di qualità, indipendentemente dal contributo dei privati. Questo è un principio di civiltà. Guardiamo ai fatti: nel nostro Paese soltanto il 23% della popolazione tra i 30 e i 34 anni è in possesso di laurea, un dato ben lontano dalla prospettiva europea di raggiungere il 40% entro il 2020. Questo è un problema non dell’Università in sé, del sistema universitario, questo è un problema del sistema Paese, è un problema culturale.
L’Università del Salento ci crede, e per questo ha scelto di sostenere finanziariamente il 32mo ciclo del Dottorato di ricerca recuperando le risorse per sostenerne integralmente il nuovo ciclo per una cifra pari a 2,1 milioni di euro nel triennio. Una scelta importante, un segnale che chiede di prendere coscienza che l’investimento sulla formazione superiore e sulla ricerca è un investimento sulla cultura, e quindi sulla crescita e lo sviluppo del Paese.
L’Università del Salento crede che questa logica debba guidare ogni azione e collaborazione istituzionale, essere applicata a tutti i livelli territoriali. Per questo crediamo che, parlando di “terza missione”, cioè della rete di relazioni e progetti che ci lega al nostro territorio di riferimento con positive ricadute sul suo sviluppo, sia necessario un “riallineamento” e una maggiore collaborazione verso obiettivi condivisi. Rifondiamo quindi assieme quel patto, tornando a credere che i nostri figli possano trovare in questa Università il giusto ambiente per crescere ed affermarsi, come i numeri delle iscrizioni sembrano suggerire.
Il mio pensiero conclusivo torna a Giulio. La nostra comunità si è stretta intorno a quel corpo martoriato e vi ringrazio di aver partecipato con commozione al suo ricordo e alla rivendicazione della verità sul suo omicidio. Ma la nostra comunità si è stretta anche intorno alle idee che animavano Giulio Regeni: il suo desiderio di conoscere la società si è accompagnato all’uso di metodi e pratiche di ricerca che nelle nostre aule si sperimentano e si insegnano.
Gli studiosi e gli studenti sono dentro la società e nello stesso tempo la sondano, la interrogano, la interpretano. Non è sempre un compito agevole, né una missione priva di potenti implicazioni etiche. Ed è l’azione collettiva – perché di questo si tratta – che vogliamo e dobbiamo continuare a intraprendere con il sostegno di tutti. Non si tratta di retorica localistica: al contrario. Intendiamo proiettare il nostro territorio in una dimensione compiutamente internazionale e per questo abbiamo bisogno di ricordare che questa nostra terra, il Salento, è piena di qualità: eco-diversità straordinarie, incroci culturali millenari, tradizioni artigianali preziose e propensione alla tecnologia avveniristica. Il Salento è anche e soprattutto la sua Università.
L’Università è il propellente intellettuale e scientifico del Salento. Un centro di energia culturale che affianca le Istituzioni e le forze vive della società per farle crescere e per rafforzarle.
Con questo auspicio
DICHIARO APERTO IL 61° ANNO ACCADEMICO DELL’UNIVERSITÀ DEL SALENTO

La vera sfida è il rilancio culturale del valore dell’Università pubblica e del sapere

Intervento del Vice Presidente della Consulta del Personale Tecnico-Amministrativo
TIZIANO MARGIOTTA
I quattro governi che si sono succeduti alla guida del Paese nell’ultimo decennio, si sono caratterizzati – tutti – per gli ingenti tagli apportati ai finanziamenti all’Università e alla Ricerca, causa di una grave aggressione al sistema pubblico italiano della conoscenza.
La conseguenza di queste politiche è che l’Italia oggi si colloca al penultimo posto nell’OCSE, seguita solo dal Lussemburgo, per spesa destinata all’istruzione universitaria in rapporto al PIL. Ma non solo: l’Italia è all’ultimo posto in Europa anche per percentuale di laureati. Senza proseguire ulteriormente con la triste anagrafe sullo stato dell’Università italiana, bastino questi pochi indicatori per avere chiaro il quadro di un sistema universitario pubblico in via di liquidazione, che così facendo, contribuirà alla colonizzazione del sistema Italia, come immaginato dai teorici dell’europeismo a due velocità.
Ma come si arriva a questo primato del disvalore? Da una parte va considerato che gli Atenei italiani, a seguito dei tagli finanziari, hanno dovuto sopperire aumentando considerevolmente le tasse studentesche e riducendo l’offerta formativa. Dall’altra, si deve tenere conto delle ricadute negative ad opera del blocco del turn over dei
docenti, dei ricercatori, dei lettori e del personale tecnico-amministrativo. Infatti, se da un lato si è depauperata la qualità della didattica, della ricerca e dei servizi, dall’altro si è creato un gravissimo problema sociale, causa il proliferare abnorme del precariato, nel tentativo di compensare la carenza di personale della conoscenza.
Parallelamente alla politica dei tagli, i governi nazionali si sono esercitati in una serie di opzioni, spesso prive di spiegazioni razionali. Non è dato sapere, infatti, quali principi sottendano il paradosso di favorire il settore privato della formazione d’eccellenza, a fronte dei tagli al sistema pubblico della conoscenza. Così come non si spiegano altre scelte governative, come quella di finanziare solo alcuni settori della Ricerca e non altri.
Negli ultimi dieci anni l’Istituto Italiano di tecnologia – fondazione di diritto privato – ha ricevuto finanziamenti dell’ordine di 100 milioni l’anno e, recentemente, il governo attuale ha annunciato la creazione dell’Human Technopole, coordinato proprio dall’I.I.T., che drenerà altre risorse mentre, per converso, tutto il sistema della ricerca delle università pubbliche sarà finanziato attraverso i PRIN con appena 30 milioni di euro l’anno per tre anni.
Ma se la politica dei tagli ha penalizzato l’intera università pubblica con ricadute gravissime sulla crescita economica, politica, culturale e sociale del Paese, vi è da dire che ancora più penalizzate risultano essere le università meridionali. La legge Gelmini ha, infatti, introdotto la cosiddetta valutazione del “merito” attraverso criteri assolutamente opinabili che determinano un ulteriore divario tra Università del Nord e quelle del Sud. Queste ultime non possono che essere penalizzate dall’insistere su un territorio diversamente produttivo e con differenti caratteristiche sociali ed economiche rispetto alle prime.
E’ prevalso un modello che punta a configurare le Università non come epicentri del sapere critico e di qualità, ma come supporter del mondo economico e del profitto.
E’ scomparsa la figura del ricercatore a tempo indeterminato per essere sostituito da quello a tempo determinato con la conseguenza di una grande diffusione del precariato strutturale con l’affermarsi di forme contrattuali parasubordinate
e collaborazioni occasionali, prive di ogni minima tutela sociale e previdenziale.
Peraltro, l’ultima legge di stabilità ha disconosciuto l’indennità di disoccupazione per tutti i precari della ricerca.
In queste condizioni è abbastanza difficile che l’Università del Salento, al pari delle altre, possa rispondere positivamente al tema che oggi è all’ordine del giorno di questa cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico.
Anche la nostra Università corre il rischio di perdere la sfida del futuro e di non poter fornire il suo indispensabile contributo allo sviluppo culturale, economico e sociale.
Alla carenza di risorse e di organici, infatti, si aggiungono altri fattori che spingono verso la perdita di dignità sia della classe docente e sia del personale tecnicoamministrativo.
Il blocco degli scatti stipendiali per i docenti, ricercatori e lettori, e quello del Contratto collettivo e del salario accessorio stanno producendo l’umiliazione dei primi e l’impoverimento dei secondi. Va da sé che in queste condizioni è abbastanza improbabile trovare forti motivazioni tra il personale tutto dell’Università, con conseguenti ulteriori ricadute negative sulla qualità dei servizi offerti dall’Ateneo, a detrimento della competitività e della crescita delle immatricolazioni.
Se si vuole salvaguardare una realtà come quella di una piccola Università qual è la nostra – preziosa per il territorio su cui insiste, tanto per il valore in termini di sviluppo economico e sociale, quanto e soprattutto per il valore in termini di sviluppo  culturale, in una realtà di frontiera – il Governo, qui autorevolmente rappresentato, deve davvero decidere di “cambiare verso” e rotta.
Ma se il cambiamento sarà la cosiddetta “Buona Università” non possiamo che essere ulteriormente preoccupati dopo aver già sperimentato i disastri prodotti dalla cosiddetta “Buona Scuola”.
E a questo impegno verso il cambiamento di rotta invocato a livello nazionale, deve corrispondere un impegno altrettanto deciso a favore del rilancio di buone prassi a livello locale. Il personale tecnico amministrativo, gli studenti e il corpo docente, sono consapevoli di essere integrati in un sistema che partecipa un destino comune, legato allo sviluppo della ricerca, della didattica e della terza missione, attraverso un filo sottile fatto di condivisione, partecipazione e relazioni all’insegna del sentire comune e delle buone pratiche.
Le buone pratiche devono impedire che si spezzi quel filo che tiene assieme l’Università e il territorio, implementando gli investimenti di risorse organizzative a favore della creazione di strutture in grado di raccordare il distretto della conoscenza al distretto lavoro: non è solo una sfida economica, ma una sfida sociale.
Le buone pratiche devono impedire che si spezzi quel filo che tiene assieme, in un unico sentire, i lavoratori della conoscenza impegnati ai vari livelli dell’organizzazione di Ateneo, attraverso investimenti di risorse a favore della trasparenza e del merito, allo scopo di alimentare la motivazione e la competitività, al riparo dal cannibalismo sociale: non è solo una sfida per lo sviluppo sociale, ma una sfida culturale.
E la sfida più grande che può partire dall’Università del Salento, è proprio contenuta nel messaggio di rilancio culturale del valore dell’Università pubblica e del sapere, in questo territorio di frontiera che non ha mai smesso di rivendicare la propria identità culturale – a partire dalla forte connotazione umanistica, fino alle sfide scientifiche degli ultimi decenni – così come non ha mai smesso di rimboccarsi le maniche per riaffermare il valore dell’”anima dei luoghi” e il valore dei saperi custoditi nella “materia e nella memoria”.
In questa stagione in cui, assieme al destino della conoscenza pubblica, si decide il destino di un territorio e di migliaia di giovani, la nostra Università deve contribuire a riannodare i fili che uniscono uomini e culture, aspirazioni e modelli, attraverso investimenti in strumenti in grado di favorire la condivisione delle sfide culturali, economiche e sociali. In tal senso, la nostra università, di pari passo alla promozione dei saperi, deve promuoverne le prospettive, favorendo l’apertura di “autostrade della comunicazione” attraverso le quali realizzare quelle convergenze sociali ed economiche, foriere del solo sviluppo culturale in grado di prospettare un futuro per l’Università pubblica.

Quale futuro per Università e Ricerca nel Mezzogiorno?

Intervento del Presidente del Consiglio degli Studenti MARIA PIA DE MEDICI
Cari studenti, Cari precari della conoscenza, dottorandi, ricercatori, Cari professori, Personale tecnico – amministrativo, Amplissimi Presidi, Magnifico Rettore, Autorità tutte presenti, gentili ospiti.
In un’occasione importante come quella di oggi quale è l’inaugurazione dell’anno
accademico dell’università del salento, è opportuno e necessario illustrarvi quali siano le esigenze di un sistema formativo, nazionale e locale in forte crisi e in continuo declino e quali ne siano le priorità.
In un documento dell’aprile 2015 l’Eurostat certifica il disastro dell’università italiana, precipitata all’ultimo posto in Europa per numero di laureati nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni; nonostante vi siano esempi di paesi che si collocano ben sopra al 50%, come la Lituania, il Lussemburgo, Cipro e l’ Irlanda. L’Italia, con la percentuale del 23,9%, si trova nelle posizioni opposte della scala, collocandosi agli ultimi posti insieme alla Romania, a Malta, alla Slovacchia e alla Repubblica Ceca.
La drammatica situazione emerge anche rapporto della Fondazione Res dove si assiste alla forte contrazione del finanziamento statale; Gli studenti immatricolati si sono ridotti, i docenti sono scesi a meno 17%; il personale tecnico amministrativo ha segnato un meno 18%; il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) è diminuito del 22,5%. Nel rapporto si legge che “l’Italia, nel giro di pochi anni, ha compiuto un disinvestimento molto forte nella sua università, in contrasto alle politiche adottate dagli altri Paesi avanzati che continuano invece ad accrescere la propria formazione superiore, basti pensare che mentre in Italia si contraeva la crescita del 23%, in Germania il finanziamento pubblico alle univerità cresceva del 23%”.
Il crollo del numero di laureati diventa ancor più preoccupante se a questo drammatico dato si aggiunge il crollo delle immatricolazioni, con la conseguenza di rimanere assai distante da quel 40% che l’Unione Europea si è posto come obiettivo per il 2020.
Dal Rapporto SVIMEZ emerge in modo chiaro come la sofferenza del sistema accademico meridionale vada collocata nel declino dell’economia meridionale e degli strumenti di intervento a favore del Mezzogiorno.
Il divario tra Nord e Sud del Paese si consolida con il calo delle immatricolazioni nel Sud e nelle Isole, pari al doppio rispetto al Nord del Paese. Il dato più preoccupante è che a rinunciare alla possibilità di raggiungere il più alto grado di formazione siano specialmente i giovani provenienti dalle famiglie meno abbienti. Cresce poi il fenomeno della fuga, con un sempre maggior numero degli studenti meridionali che si iscrivono nelle università centro-settentrionali, il fenomeno inverso è quasi inesistente, com’è quasi inesistente la mobilità all’interno dell’area meridionale.
Al Sud, la percentuale di studenti che abbandonano il percorso di formazione accademico, oscilla tra il 17 e il 25 per cento a seconda delle sedi, contro la percentuale del 12-15 per cento nel Centro-Nord; il numero dei posti nei corsi di dottorato, la possibilità di assunzione di nuovi docenti, le loro possibilità di carriera, fanno risultare gli atenei del Mezzogiorno ancora più indietro rispetto a quelli del resto del Paese.
Ci troviamo nuovamente di fronte a due Italie e ancora una volta sempre più lontane.
Questi numeri ci preoccupano e sono stati motivo delle proteste che in questi anni ha portato avanti il movimento studentesco;proteste che miravano e mirano ancora ad invertire la rotta. Quello che continuiamo a chiederci è come sia possibile che questi dati non comportino immediate e adeguate misure compensative da parte di chi ha la
responsabilità politica della formazione superiore in Italia Studiare, raggiungere il più alto grado di formazione, garantire il diritto allo studio a tutti i privi di mezzo è un principio cardine della nostra costituzione, ma le politiche portate avanti dal 2008 ad oggi lo rendono inattuabile e sempre più un miraggio a causa di una spesa statale per borse di studio ferma a 160 milioni annui da dieci anni.
Solo il 7% degli studenti italiani riceve una borsa di studio contro il 27% dei colleghi francesi e il 30% dei colleghi tedeschi a fronte di tasse universitarie cresciute del 51%.
Negli ultimi anni più del 93% dei giovani ricercatori è stato costretto ad abbandonare il proprio percorso a causa di mancati investimenti statali sulla ricerca. Il rapporto docenti/studenti è il peggiore d’Europa e la docenza, rispetto ai principali paesi OCSE, è la più anziana e la meno retribuita.
Questo il brillante risultato di una politica di vero e proprio disinvestimento dell’istruzione superiore e della ricerca. Rispetto al totale della spesa pubblica, il comparto universitario è quello che ha fatto segnare negli ultimi anni la maggiore riduzione del personale e della spesa stessa.
Siamo al punto di non ritorno, adesso è necessario invertire la rotta, ripensare ad una politica per un reale sviluppo e perciò chiediamo a gran voce il rifinanziamento del sistema di formazione.
E’ necessario gestire e porre soluzione al problema drammatico del precariato della ricerca, colpito da alti tassi di espulsione, da scarse tutele e da fenomeni di progressivo slittamento in avanti dell’età di ingresso in ruolo; è necessario quindi rifinanziare il reclutamento e semplificare le figure pre-ruolo; avviare sin da subito l’ASN (Abilitazione Scientifica Nazionale) prevista per legge, senza la quale non si può garantire un ricambio generazionale della docenza (ad oggi quasi inesistente, a causa del blocco del turn over ancora in atto).
Al pari del diritto allo studio e del precariato, il tema dello sblocco degli scatti stipendiali restituisce, dal canto suo, l’ennesimo segnale di malessere della comunità accademica.
In questi mesi, una parte non trascurabile della docenza universitaria ha preso le mosse da questa rivendicazione allargando poi lo sguardo critico al sistema di governance e alle politiche accademiche portati avanti a partire dal 2008. Ciò che è accaduto nell’ambito dei nuovi processi di valutazione non può essere oggetto di scontro e di rapporti di forza ma deve costituire terreno di confronto, libero e scevro da pregiudizi, sul progetto di governo di questa università e dell’università italiana nel complesso.
La formazione superiore rappresenta il miglior investimento a lungo termine, perché garantisce un ritorno economico di gran lunga superiore a quanto investito, sia per il singolo individuo sia per lo Stato. In un mondo nel quale la conoscenza sta alla base dello sviluppo e della crescita, la carenza di formazione superiore va considerata in modo non dissimile dell’analfabetismo nei primi anni dell’unità d’Italia, sottofinanziare la formazione e la ricerca, è un chiaro atto di condanna.
La nostra comunità accademica deve muovere un ulteriore passo in avanti, in direzione della riflessione, del confronto e della comprensione reciproca. Si tratta di uno sforzo imprescindibile, al fine di individuare le comuni istanze in difesa di un ateneo meridionale che rischia di pagare a caro prezzo la sua collocazione geografica e le scelte nazionali che lo penalizzano.
Investire di più in formazione superiore, puntare sulla crescita del numero dei laureati e dei dottori di ricerca, sviluppare processi di valutazione a garanzia della qualità della formazione in linea con i paesi più avanzati, priorità assolute e scelte obbligate per la crescita del paese senza le quali sarebbe condannato ad un inevitabile declino economico, politico e sociale e ad una posizione di arretratezza tra i paesi dell’Unione europea.

Partecipazione, trasparenza e comunicazione come chiavi per il buon funzionamento e l’ammodernamento del nostro Ateneo

Intervento del Direttore Generale EMANUELE FIDORA
Rivolgo il mio più cordiale saluto al Magnifico Rettore dell’Università del Salento, ai Magnifici Rettori, ai Professori, ai Componenti degli Organi di Ateneo, a tutto il Personale Tecnico Amministrativo, agli Studenti, alle Autorità e a tutti i presenti.
L’inaugurazione dell’Anno Accademico è una tappa fondamentale per fare il punto della situazione complessiva del nostro Ateneo, evidenziando i risultati che sono stati raggiunti in questo ultimo anno ma soprattutto presentando il percorso che faremo assieme nel prossimo futuro.
Vorrei innanzitutto soffermarmi sul contesto esterno di riferimento in cui operiamo, sempre più caratterizzato da una tendenza alla razionalizzazione complessiva delle risorse pubbliche a disposizione del sistema universitario, il quale sta inevitabilmente, in senso a volte anche distorto, portando a una stagione di forte competitività tra gli Atenei. Tale razionalizzazione è, oltretutto, aggravata dalla contingenza economica complessiva che dobbiamo affrontare, con conseguente difficoltà di attingere a finanziamenti esterni. In questo quadro, risultano penalizzate la capacità di sostenere le spese correnti e la possibilità di conservare e valorizzare il patrimonio strutturale esistente, e di conseguenza la possibilità del Sistema Universitario di svolgere al meglio i propri compiti istituzionali.
In tale contesto, una delle leve su cui si può e si deve puntare è il miglioramento della struttura organizzativa e amministrativa attraverso un innalzamento delle condizioni di lavoro di tutta la comunità accademica, con il conseguente raggiungimento di tutti gli obiettivi strategici e operativi fissati dagli Organi di Governo.
Proprio in questi giorni si sta dando attuazione al processo di riorganizzazione che ha dovuto confrontarsi con l’attuale contesto esterno di riferimento e le molteplici sfide gestionali che il nostro Ateneo è chiamato ad affrontare. In un periodo in cui anche il turnover delle Università risulta fortemente penalizzato dalle norme di contenimento della spesa pubblica, appare evidente come solo una gestione ottimale delle risorse umane e strutturali disponibili possa valorizzare al massimo le capacità individuali di ognuno, garantendo al contempo la sostenibilità dell’attività amministrativa di Ateneo. Proprio in quest’ottica, partendo da un’indagine sul benessere organizzativo recentemente condotta dall’Ateneo, da cui è emersa una quasi unanime richiesta di intervento in tema di organizzazione, valorizzazione del merito e trasparenza attraverso maggiore comunicazione, è stato concepito un progetto di riorganizzazione complessiva delle strutture dell’Amministrazione centrale, con l’obiettivo di migliorare la funzionalità delle stesse strutture nell’ottica di un accrescimento del livello qualitativo dei servizi forniti all’utenza.
Ma questi interventi rappresentano solo la prima fase di un processo finalizzato a migliorare e ottimizzare la macchina amministrativa, perseguendo la logica della semplificazione e standardizzazione delle procedure e dell’informatizzazione dei servizi, con l’obiettivo di agevolare l’operatività quotidiana di coloro che operano sui processi dando risposte efficaci alle esigenze dei portatori di interesse e soprattutto degli studenti.
Gli obiettivi strategici recentemente approvati dagli organi di Governo per il triennio 2016-2018 e, per ognuna delle mission dell’Ateneo (ricerca, didattica, internazionalizzazione e rapporti con il territorio), la serie di obiettivi operativi individuati, rappresentano il percorso che abbiamo intrapreso e che ci porterà a incrementare la qualità della ricerca di base e della ricerca applicata, a potenziare le collaborazioni con altre Istituzioni universitarie ed Enti di ricerca nazionali e internazionali, a incrementare la qualità dell’offerta formativa per potenziare l’attrattività e contrastare la dispersione studentesca, a intensificare la sinergia tra formazione universitaria e mondo del lavoro, a rendere la nostra Università sempre più internazionale, a coinvolgere ancora di più la componente studentesca nella vita dell’Ateneo, a creare il necessario raccordo con il contesto socio-economico in cui operiamo.
Il personale tecnico-amministrativo è stato coinvolto nell’individuazione degli obiettivi operativi la cui realizzazione, nel corrente anno, permetterà di accrescere il livello dei servizi offerti a tutta la comunità accademica e in particolare agli studenti, che rappresentano la ragione dell’esistenza stessa dell’Università.
Il miglioramento dei servizi passa necessariamente attraverso l’informatizzazione e la digitalizzazione degli stessi. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’emanazione di tante nuove normative in tema di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, che hanno generato inevitabilmente importanti conseguenze sull’organizzazione e sui servizi erogati.
Il filo conduttore di tutti questi processi è quello di favorire la digitalizzazione e la semplificazione amministrativa mediante il potenziamento e la standardizzazione dei servizi. Basti pensare all’iscrizione on line, la verbalizzazione digitale degli esami e il fascicolo personale dello studente, oramai consolidati e che hanno portato a grandi cambiamenti nella gestione della carriera dei nostri studenti.
Tanto è stato fatto, ma ritengo che tanto ancora potrà e dovrà essere fatto per portare il nostro Ateneo ai livelli di eccellenza che gli studenti meritano.
Per far questo tutta la comunità accademica deve fare la sua parte perché solo collaborando, ognuno per le proprie competenze, è possibile continuare il processo di miglioramento dei servizi erogati e, conseguentemente, rendere più appetibile la nostra offerta.
In questa logica, il processo di miglioramento dovrà avvenire principalmente con
il supporto e i suggerimenti degli stessi studenti, che possono fornirci feedback in
tempo reale su quanto si sta realizzando. Proprio in quest’ottica, quest’anno abbiamo
avviato diversi gruppi di lavoro che hanno coinvolto i rappresentanti degli studenti nella riprogettazione e modellazione dei servizi a loro rivolti.
Uno dei primi processi avviati è quello di ammodernamento del sistema portali di Ateneo, composto dal portale istituzionale www.unisalento.it e da circa 50 siti tematici di altrettante community, che rappresenta il canale di riferimento per la comunicazione verso gli studenti, le famiglie, le aziende e i vari Enti del territorio, oltre che essere il principale punto di erogazione di servizi e informazioni fondamentali.
Contestualmente è stato avviato il processo di digitalizzazione dell’intera carriera degli studenti, che ci permetterà di informatizzare gradualmente tutte le fasi della carriera stessa, eliminando completamente il flusso cartaceo delle informazioni. Tutto ciò permetterà di ripensare le attuali Segreterie studenti in segreterie anche virtuali in grado di affrontare e risolvere, mediante i più moderni sistemi di comunicazione, qualunque problematica lo studente incontri nella sua carriera.
Nel corso del 2016 si procederà, inoltre, alla realizzazione di sistemi informativi centralizzati di supporto per la gestione dei progetti di ricerca e dei risultati della ricerca che, assieme alla riorganizzazione delle strutture amministrative di supporto alla progettualità, avranno come obiettivo quello di rendere sempre più interdisciplinare e competitivo il nostro Ateneo nel recupero dei finanziamenti alla ricerca.
Si interverrà anche sull’ottimizzazione e digitalizzazione dei processi amministrativogestionali relativi all’internazionalizzazione, puntando ad avere un incremento della mobilità out-going e in-coming di studenti e dottorandi.
Sempre nel corso del 2016 abbiamo previsto molti interventi finalizzati a incrementare e migliorare i rapporti con il territorio, accrescere la fiducia attraverso il potenziamento degli effetti generati localmente dalla didattica e dalla ricerca in termini di sviluppo culturale, sociale ed economico.
Questi sono solo alcuni degli interventi che sarà nostro compito portare avanti nei prossimi mesi, e che ci vedranno coinvolti tutti per il miglioramento del nostro Ateneo.
Permettetemi infine un riferimento specifico al personale tecnico-amministrativo che mi onoro di rappresentare, e che ha da sempre dimostrato, seppur tra mille difficoltà, un senso del dovere impareggiabile. Avendo vissuto una lunga esperienza lavorativa anche presso il Ministero posso affermare, senza timore di essere smentito, che la professionalità del personale in servizio presso la nostra Università (dai dirigenti al personale EP a quello dei livelli, sia amministrativo che tecnico che bibliotecario) sia di altissimo livello, con vere e proprie punte di eccellenza difficilmente riscontrabili in altri ambienti lavorativi. Ritengo fondamentale, quindi, proseguire il percorso intrapreso negli ultimi mesi, nell’ottica di garantire la più ampia partecipazione alle scelte, anche attraverso il giusto riconoscimento del ruolo attivo delle rappresentanze sindacali e degli organi rappresentativi del personale (Consulta del Personale in primis). Partecipazione nel processo decisionale, trasparenza, comunicazione e formazione rappresentano per me aspetti fondamentali per il buon funzionamento della struttura amministrativa, e sono convinto che solo con queste modalità potrà generarsi un processo virtuoso che avrà sul lavoro evidenti ricadute positive.
Per concludere vorrei ringraziare il Magnifico Rettore e gli Organi di Ateneo per la fiducia e la stima che mi sono stati accordati, e vorrei ringraziare anche tutti i Colleghi del Personale Tecnico Amministrativo e il Corpo Docente per il costante impegno profuso nel processo di miglioramento e ammodernamento del nostro Ateneo.
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