Viticoltori del Salento, è il momento di cambiare passo

Produzione integrata, certificazioni vegan e vitigni autoctoni per costruire il futuro del nostro vino

dI Antonio Bruno

Dalla Franciacorta un esempio vincente: il biologico non è solo una scelta etica, ma una strategia di qualità e competitività. Ora tocca al Salento fare sistema e rilanciare la propria identità nel mondo, unendo sostenibilità, innovazione e territorio.

In un momento in cui il mondo del vino affronta sfide sempre più complesse – dal cambiamento climatico alla crisi dei mercati tradizionali – emerge con forza un messaggio chiaro: il futuro è nella sostenibilità integrata e nella valorizzazione delle nostre radici.

Non è una teoria, ma una strategia concreta e già vincente. Guardiamo alla Franciacorta e all’esperienza di Barone Pizzini: 60 ettari di vigneti certificati bio, oltre 300.000 bottiglie prodotte, una delle prime aziende italiane ad aver ottenuto la certificazione vegan e una presenza stabile nelle più prestigiose guide internazionali.

«Il metodo bio non è più un’opzione solo green – spiega il CEO Silvano Brescianini – ma un approccio tecnico che rafforza la fertilità del suolo, migliora l’umidità e rende le piante più resilienti. E con il vegan parliamo il linguaggio dei giovani consumatori».

Perché anche il Salento può fare questo salto di qualità

Siamo un territorio con una tradizione millenaria, un’identità forte e varietà autoctone uniche al mondo. Ma oggi, per non restare indietro, dobbiamo investire in un modello agricolo più evoluto. Ecco cosa proponiamo:

1. Produzione integrata e rigenerazione dei suoli

Pratiche come sovescio, compostaggio, rotazioni e gestione della copertura vegetale possono rigenerare i nostri terreni, oggi impoveriti e stressati dalla siccità.

Maggiore sostanza organica significa più resilienza idrica, meno trattamenti, piante più sane e costi più contenuti nel medio termine.

2. Certificazione biologica e vegan

Il bio non è più un'etichetta di nicchia, ma una garanzia di qualità percepita nei mercati internazionali.

Il vegan attrae una nuova fascia di consumatori, giovani, etici, digitali, che cercano coerenza tra valori e acquisti.

Le aziende che investono in questo percorso, oggi, sono le stesse che domani guideranno l’export di qualità.

3. Recupero dei vitigni autoctoni salentini

Sull’esempio dell’Erbamat in Franciacorta – oggi vinificato accanto a Chardonnay e Pinot Nero – anche il Salento può (e deve) valorizzare le proprie uve storiche:

Susumaniello: ideale per rosati moderni, freschi e acidi.

Ottavianello: elegante, versatile, con grande potenziale nel blend.

Negroamaro bianco: rarità genetica che può diventare una firma distintiva.

Con il supporto scientifico dell’Università del Salento e del CNR, queste varietà possono diventare nuovi simboli identitari e strumenti di differenziazione.

4. Strategie di promozione internazionale

Non basta fare bene: bisogna comunicarlo meglio. Proponiamo di lanciare:

"Salento Capsule": eventi di degustazione sincronizzati in ristoranti di tutto il mondo (sull’esempio dell’"Animante Night" di Franciacorta), dove i nostri vini bio e vegan incontrano piatti tipici rivisitati in chiave vegetale.

Collaborazioni con la Guida Michelin, eventi culturali e festival internazionali per accreditare il nuovo Salento del vino.

5. Fare sistema: una rete di produttori, non solo singole aziende

Questa proposta si rivolge a tutti i viticoltori del territorio, dalle piccole aziende familiari alle cantine più strutturate. L’unione fa la forza:

Lavoriamo insieme su disciplinari comuni.

Avviamo gruppi di acquisto e consulenza agronomica.

Costruiamo una narrazione collettiva del Salento sostenibile, giovane e autentico.

Casi di successo nel mondo

Tablas Creek Vineyard (California): vitigni rodani, agricoltura rigenerativa e fermentazioni spontanee.

Champagne Fleury (Francia): biodinamica e longevità.

Bodegas Parés Baltà (Spagna): biologico e vegan, con forte appeal nei mercati USA.

Il mondo è pronto a ricevere un nuovo Salento del vino. Ora spetta a noi cogliere questa opportunità.

Bibliografia sintetica:

Altieri, M.A., Nicholls, C.I. (2005) Agroecology and the Search for a Truly Sustainable Agriculture

Scienza, A. (2021) Vitigni d’Italia

OIV (2023) Sustainability and Innovation in Viticulture

Palliotti, A. et al. (2014) Climate change and adaptation in viticulture

Conclusione:

Non possiamo più limitarci a difendere ciò che siamo stati.

Dobbiamo immaginare ciò che vogliamo diventare: un territorio sostenibile, giovane, competitivo e apprezzato nel mondo.

Il Salento ha tutte le carte in regola. Mettiamoci in gioco.

Indietro
Indietro

iTEG svela la Puglia on the road fa tappa a Monopoli

Avanti
Avanti

Piazza Castello si illumina di bellezza con “Miss Informissima d’Italia”