TORREPADULI TERRA DEL TAMBURELLO

di Davide Tommasi

Tradizione, innovazione e tanta musica: tre giorni indimenticabili nel cuore del Salento

Si sono conclusi ieri sera, 17 agosto 2025, i festeggiamenti in onore di San Rocco nella frazione di Torrepaduli, nel comune di Ruffano, con un bilancio più che positivo. Migliaia di persone hanno invaso Largo San Rocco, teatro dei tre giorni di celebrazioni che hanno saputo coniugare tradizione e innovazione, nel segno della devozione popolare e della cultura salentina.

Un nuovo cuore pulsante: Largo San Rocco

Quest’anno, i festeggiamenti civili hanno trovato una nuova casa, un luogo simbolico e carico di significato: Largo San Rocco, che si è trasformato in un autentico palcoscenico a cielo aperto, gremito di luci, colori, voci e passi danzanti. Una scelta non casuale, ma frutto di una visione chiara e condivisa, portata avanti con passione e dedizione dal Comitato Feste San Rocco, sotto la guida del delegato Antonio Carrara.

Un cambiamento apparentemente semplice, ma carico di valore: riportare il cuore pulsante della festa là dove batte più forte la devozione, dove la storia incontra la comunità, e dove la memoria si fa presente vivo e partecipato. Largo San Rocco, con la sua centralità affettiva e simbolica, è diventato così lo scenario ideale per fondere sacro e profano, antichità e contemporaneità, offrendo ai visitatori un'esperienza immersiva, autentica, indimenticabile.

Il comitato ha curato ogni dettaglio con attenzione meticolosa: dalla disposizione degli spazi alla qualità degli eventi, dall’accoglienza al coinvolgimento attivo di giovani e anziani, commercianti e volontari. Il risultato? Tre giorni intensi, vibranti, partecipati, che hanno visto Torrepaduli brulicare di vita, musica, spiritualità e festa.

«Qualcuno temeva che qualche piccolo cambiamento avrebbe snaturato la tradizione – ha dichiarato Carrara – ma i fatti hanno dimostrato il contrario. Tutto si è svolto nel migliore dei modi, grazie anche al supporto di volontari, attività commerciali, tecnici, artisti e alla strategia di comunicazione mirata. È stato un successo che ci inorgoglisce. San Rocco è leggenda, e noi abbiamo scritto un’altra bella pagina».

E quella pagina è fatta di volti sorridenti, mani alzate al cielo, tamburelli che risuonano come battiti del cuore collettivo, sguardi che si accendono alla vista della statua del Santo. Una pagina che parla di coraggio, di cura, di senso di comunità. E che proietta la festa nel futuro, senza mai dimenticare da dove tutto è cominciato.

15 agosto: la Notte delle Ronde – il cuore ancestrale della festa

Come ogni anno, la notte tra il 15 e il 16 agosto ha rappresentato il cuore pulsante, antico e sacro dei festeggiamenti in onore di San Rocco Guaritore: la leggendaria Notte delle Ronde. Un evento che non è solo tradizione, ma rito collettivo, danza mistica, teatro a cielo aperto della spiritualità popolare salentina.

Già al tramonto, l’aria di Torrepaduli comincia a cambiare. Il suono dei primi tamburelli, quasi sommesso, si diffonde per le vie del paese come un richiamo ancestrale. Le luci si abbassano, i passi si fanno più lenti. Largo San Rocco si trasforma in un’arena sospesa nel tempo, dove migliaia di spettatori e danzatori – giovani e anziani, locali e viaggiatori – si ritrovano per assistere, o meglio, per partecipare a un rito che si tramanda da secoli: la pizzica-scherma, o danza delle spade, una delle espressioni popolari più misteriose e affascinanti del Sud Italia.

In cerchio, con lo sguardo fisso, due danzatori si affrontano in un duello simbolico, armati solo di mani e passi, in un linguaggio fatto di ritmo, improvvisazione e sfida. Il tamburello scandisce i movimenti come un metronomo sacro, mentre i fiati accompagnano la tensione crescente. Ogni passo, ogni gesto, è codificato in un’antica grammatica non scritta, appresa sul campo, attraverso lo sguardo e il rispetto. Nessun contatto fisico, solo energia che si incrocia, che si sfida, che si riconosce.

Secondo la leggenda, durante la sua prigionia, San Rocco avrebbe insegnato ai suoi compagni di cella l’arte della scherma come forma di resistenza spirituale e disciplina del corpo. Da questo episodio remoto nasce il senso profondo della danza, che ancora oggi viene eseguita non per spettacolo, ma per onore, devozione e identità.

A rendere ancora più tangibile il legame tra il Santo e la sua comunità, si tramanda un altro episodio miracoloso: quando si tentò di trasferire la statua di San Rocco da Torrepaduli al vicino comune di Ruffano, essa divenne improvvisamente pesantissima, impossibile da sollevare. Solo quando fu riportata verso il suo Santuario a Torrepaduli, tornò leggera come se avesse voluto dire: "Qui è la mia casa. Qui voglio restare."

Questa notte è il battito della memoria, dove sacro e profano si intrecciano, dove la fede prende il volto della danza, e la danza quello del rito. Un momento unico, dove il corpo diventa preghiera, il tamburello invocazione, e ogni spettatore – anche il più lontano – viene catturato in una spirale di ritmo, sudore e meraviglia.

La Notte delle Ronde non si può solo raccontare. Va vissuta, respirata, attraversata. È il respiro profondo di un popolo che non dimentica le sue origini, e che, nella musica e nella danza, ritrova ogni anno la sua anima.

Il 16 agosto: Rachele Andrioli & Redi Hasa – Musica come emozione pura

Il secondo giorno dei festeggiamenti ha regalato al pubblico un momento di altissima intensità artistica e spirituale, capace di sospendere il tempo e trasformare Largo San Rocco in uno spazio sacro della bellezza: Rachele Andrioli e Redi Hasa hanno letteralmente incantato il pubblico con una performance potente, poetica, viscerale, fatta di silenzi che parlano e suoni che accarezzano l’anima.

Il palco, illuminato da luci calde e discrete, sembrava galleggiare nel buio di una sera perfetta. La voce profonda e ipnotica di Rachele, capace di spaziare dal sussurro alla vibrazione viscerale del canto salentino, si è intrecciata magistralmente con le note struggenti del violoncello di Redi Hasa, che sembrava parlare una lingua antica, quasi preumana, fatta di corde e cuore.

Ogni brano era un viaggio, un racconto senza parole che attraversava il Mediterraneo, le sue storie di partenze, attese, ritorni. Dal lamento delle madri alla gioia delle nascite, dalle preghiere contadine ai canti d’amore, la musica si è fatta corpo, respiro, memoria.

Il pubblico – variegato, silenzioso, partecipe – ascoltava come si ascolta una confessione, un’eredità, un segreto. C’erano bambini seduti per terra, famiglie intere, anziani con gli occhi lucidi. Tutti raccolti intorno a un suono che non era solo da sentire, ma da sentire dentro.

«Un’emozione vera», ha dichiarato un turista tedesco, visibilmente commosso.
«Non capivo le parole, ma capivo tutto. È stata una serata che non dimenticherò mai. Questa musica ti entra nel petto e ci rimane.»

Alla fine, non è servito chiedere il bis: gli applausi sono arrivati da soli, spontanei, come un’onda emotiva che ha attraversato tutta la piazza. Alcuni si sono alzati in piedi, altri hanno pianto in silenzio. Quella sera, a Torrepaduli, non si è semplicemente ascoltato un concerto: si è vissuto un rito di bellezza.

Una magia che solo la musica più autentica, quella che nasce dal cuore e ritorna al cuore, sa generare.

Le istituzioni e la Chiesa: “Un evento identitario per tutto il territorio”

Presenti anche le autorità civili e religiose. Il rettore del Santuario di San Rocco, in rappresentanza del vescovo Mons. Vito Angiuli, ha portato il saluto della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, ribadendo con forza:
«La tradizione va tramandata. Questi festeggiamenti lo stanno dimostrando: sono frutto di un lavoro condiviso, realizzato con amore e rispetto per il nostro passato e le nostre radici spirituali».

A prendere la parola anche il commissario Dott. Claudio Sergi, che ha voluto rimarcare l’importanza dell’evento a livello sociale e culturale:
«San Rocco non è soltanto il Santo patrono di una frazione, ma è simbolo di guarigione, di speranza e di unità. I festeggiamenti che ogni anno si svolgono a Torrepaduli rappresentano un patrimonio identitario per tutto il territorio salentino. Non si tratta solo di folklore, ma di un'esperienza viva che lega fede, arte, cultura e senso di appartenenza. Il mio più sentito ringraziamento va al Comitato Feste San Rocco, a tutti i volontari, gli operatori, gli artisti e la comunità intera che ha reso possibile questo evento straordinario».

Il concertone finale: "Terra del Tamburello", omaggio ad Amedeo De Rosa

Il gran finale del 17 agosto ha rappresentato il culmine emotivo di tre giorni di celebrazioni, accendendo i cuori e i tamburelli di un'intera comunità. A salire sul palco, in un Largo San Rocco gremito fino all'inverosimile, sono stati I Tamburellisti di Torrepaduli, storica formazione nata nel 1990 grazie alla visione del Prof. Pierpaolo De Giorgi e all’anima musicale dello scomparso Amedeo De Rosa, maestro e pioniere del tamburello salentino.

Il concerto, intitolato “Terra del Tamburello”, non è stato solo un evento musicale, ma un rito collettivo, un atto d’amore verso la memoria, la musica popolare e la forza identitaria di un popolo. Un pubblico commosso, coinvolto, in piedi per ore, ha assistito a quello che più che un’esibizione è sembrato un abbraccio intergenerazionale, tra passato e presente, tra padri e figli, tra chi ha custodito una tradizione e chi la porta con fierezza nel futuro.

L’edizione 2025 ha assunto un significato ancora più profondo: è stata un omaggio ad Amedeo De Rosa, scomparso nel 1999, che per primo ha avuto il coraggio di portare alla ribalta lo strumento del tamburello, in un’epoca in cui era considerato marginale, legato a un folclore quasi dimenticato. È stato lui, con amore e perseveranza, a restituire dignità e orgoglio a uno strumento che oggi è simbolo del Salento nel mondo.Chi era Amedeo De Rosa?

Amedeo De Rosa, scomparso nel 1999, è stato un maestro straordinario del tamburello, figura chiave per la rinascita e la valorizzazione di una delle più antiche e affascinanti forme musicali del Salento: la pizzica-pizzica.

Il suo lavoro si intreccia con le scoperte etnomusicologiche del professor Pierpaolo De Giorgi, grazie alle quali il gruppo dei Tamburellisti di Torrepaduli è diventato all’avanguardia nel recupero e nella reinterpretazione di questa musica tradizionale. La pizzica-pizzica non è solo una danza frenetica e coinvolgente, ma una vera e propria musica rituale legata al fenomeno del tarantismo, un antico rito di guarigione e rinascita, un’eredità culturale che affonda le radici nei culti di Dioniso e della Madre Terra.

Negli anni ’90, quando il tamburello e la pizzica erano ancora guardati con sospetto e quasi vergogna, Amedeo De Rosa suonava con passione e determinazione il suo tamburello, anche il giorno di San Rocco, proprio davanti al Santuario di Torrepaduli. In un’epoca in cui suonare il tamburello era considerato qualcosa di marginale o addirittura disonorevole, lui non si è mai nascosto, mostrando invece orgoglio e amore per la propria terra e per la sua musica.

Con i Tamburellisti di Torrepaduli, Amedeo ha contribuito a riportare in vita questa tradizione, non semplicemente ripetendola, ma arricchendola con nuove melodie, testi poetici e rielaborazioni originali. Il loro approccio rispettoso e profondo alla cultura popolare segue i principi del grande musicista Béla Bartók, evitando qualsiasi banalizzazione o folklorismo superficiale.

Il tamburello salentino “a cornice”, suonato da Amedeo con virtuosismo, offre un ritmo unico e coinvolgente, capace di combinare poliritmie complesse (simultaneamente in 4/4 e 6/8), che incantano e trascinano il pubblico. Le performance dei Tamburellisti di Torrepaduli sono così un’esperienza di grande intensità emotiva, capace di scuotere chiunque le ascolti, facendo rivivere un’antica magia.

In sintesi, Amedeo De Rosa è stato non solo un musicista, ma un vero custode e innovatore di una tradizione viva, la cui eredità continua a pulsare forte, battito dopo battito, nel cuore della pizzica salentina.

A emozionare la platea, l’ensemble “Amedeo De Rosa”, composta da oltre 30 tamburellisti di tutte le età, donne e uomini, giovani e veterani, riuniti in un unico battito corale. Sul palco, si è respirata un’atmosfera densa, vibrante, quasi mistica. Tamburi che parlavano, corpi in trance, occhi lucidi, piedi che battevano il ritmo della terra.

Momento toccante, la presenza della figlia del maestro De Rosa, che con voce tremante ha detto:

«Fin da piccola papà mi ha insegnato a suonare il tamburello. È giusto che questa tradizione venga tramandata di padre in figlio. Questo palco oggi è anche casa nostra».

Una dichiarazione semplice, eppure carica di tutta la potenza affettiva e simbolica che solo la musica popolare sa custodire e trasmettere. Un passaggio di testimone che ha commosso e fatto riflettere: la musica non muore, cambia voce, cambia mani, ma resta viva.

I Tamburellisti hanno poi rapito il pubblico con una sequenza incalzante di ritmi ipnotici, danze vorticosamente liberatorie, canti arcaici e moderni intrecciati, trascinando tutti in un flusso ancestrale di energia e liberazione. Era impossibile restare fermi: la pizzica pizzica si è fatta linguaggio universale, rito terapeutico, guarigione collettiva.

A ricordare l’essenza profonda di tutto questo, le parole del prof. Pierpaolo De Giorgi, che ha ribadito:

«L’innovazione consisterà nel riprendere l’antico, incrementandone la forza espressiva e producendo nuova bellezza».

Non una frase qualunque, ma un manifesto culturale. Perché la pizzica pizzica – e con essa tutto il patrimonio etnomusicale salentino – non è solo spettacolo, è un codice, una chiave d’accesso alla memoria, un gesto sacro, un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra la terra e l’anima.

E così, sotto il cielo stellato di Torrepaduli, con il tamburello che batteva come un cuore gigante e il pubblico in estasi, si è chiusa un’edizione memorabile, fatta non solo di note, ma di emozioni condivise, di memoria che si rinnova, di radici che diventano ali.

"La tradizione popolare salentina non è una nostalgia del passato, ma un ponte vivo che unisce generazioni, identità e territori."

Anche quest’anno, Torrepaduli si è confermata Terra del Tamburello, luogo magico dove ritmo, storia, fede e passione si intrecciano nella “pizzica-scherma”, nella musica, nei volti di chi ancora crede che le radici siano il miglior trampolino per il futuro.



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