“Quel palazzo che racconta chi siamo”

di Antonio Bruno

C’è un’Italia che non urla, che non si mette in posa per la foto di gruppo, ma che resiste — pietra dopo pietra — dentro i vicoli delle nostre città storiche. A Nardò, nel cuore del Salento, c’è un palazzo che racconta una storia lunga secoli: il Palazzo Sambiasi della Porta.

Ora, voi mi direte: “E che c’entra un palazzo con la vita di oggi, con le bollette, con la crisi, con la confusione che abbiamo in testa?”. E invece c’entra, eccome se c’entra. Perché quei muri, quelle finestre barocche, quel portale bugnato che ti guarda con l’aria severa del Rinascimento... sono parte della nostra identità. E io — che ho sempre amato ascoltare le storie degli italiani — vi dico che quando perdiamo la memoria dei nostri luoghi, perdiamo anche un pezzo di noi.

Il Palazzo Sambiasi, oggi, non è solo un edificio. È un simbolo. Un ponte tra epoche diverse: il Medioevo dei feudatari, il Settecento delle architetture eleganti, il Novecento delle suore, e oggi, il tempo di chi lo ha restaurato con amore, rispetto e pazienza. E guai a pensare che sia solo roba da esperti o da architetti: questo è un racconto popolare, perché dentro ci sono le storie delle famiglie, dei riti, delle attese dietro le persiane, dei bambini che giocavano nei cortili e degli artigiani che modellavano la pietra leccese come fosse burro.

Ecco perché dobbiamo difendere questi luoghi. Non come si difende un bene di lusso, ma come si custodisce un ricordo di famiglia. Perché l’Italia — quella vera, quella che vale — è fatta così: di case che parlano, di balconi pieni di fiori, e di palazzi come questo che, se li ascolti bene, ti sussurrano: “Ricordati chi sei”.

E allora, magari, la prossima volta che passate da Nardò, non limitatevi a una foto veloce. Fermatevi un attimo. Guardate quella facciata scolpita nel tempo, e pensateci: là dentro c’è un pezzo di voi.


Palazzo Sambiasi della Porta a Nardò: storia, architettura e restauro conservativo

Nel cuore del centro storico di Nardò (LE), sorge il maestoso Palazzo Sambiasi della Porta. La sua imponente struttura verticale, con tre livelli e alta rispetto agli edifici circostanti, rappresenta una delle emergenze architettoniche più rilevanti del tessuto urbano neretino

Origini medievali e identità nobiliare

Originariamente abitazione nobiliare del XV secolo, il palazzo viene attribuito alla famiglia Sambiasi (scritta anche Sambiase o de Sancto Blasio), presente in Salento fin dal XIII secolo e di nobile lignaggio, forse legata alla casata dei Sanseverino. La famiglia possedeva diversi feudi e laziali importanti cariche ecclesiastiche: tra questi, il vescovo di Lecce del 1260 e vescovi domenicani nel XV secolo.

La posizione di Palazzo Sambiasi – lungo l’antica via Garibaldi, all’epoca detta “pittagio Castelli Veteris”, vicino a una delle porte urbiche – ne conferisce una valenza strategica, luogo di transito e fil rouge tra cittadella militare (la rocca) e centro urbano.

Evoluzione stilistica: dal Rinascimento al Barocco sette-ottocentesco

Il prospetto su via Marco Basseo presenta un portale a bugne a forte aggetto, testimonianza della sobria eleganza del tardo Rinascimento, con finestre incorniciate e un cornicione di coronamento armonioso.

Nel XVIII secolo, la famiglia Sambiasi incaricò probabilmente l’architetto Emanuele Manieri, figura chiave dell’architettura leccese settecentesca, per ammodernare l’androne, lo scalone e il loggiato del piano nobile. L'intervento testimonia la transizione dal gusto tardobarocco a soluzioni neoclassiche di sobria eleganza .

Lo stile interno rifletteva influenze barocche, in linea con il “Barocco leccese”, corrente scultorea sviluppata dal Seicento al Settecento in Puglia, con ornamenti naturali e ricche decorazioni dagli architetti come Giuseppe Zimbalo e Manieri stessi.

Interventi e rimaneggiamenti: tra convento e abitazione privata

Negli anni ‘70, l’edificio fu convertito in convento delle Teresiane, prima della ripresa della destinazione abitativa privata dopo la soppressione dei beni ecclesiastici . Da allora è stato sottoposto a una serie di ristrutturazioni conservativi che ne hanno recuperato l’originaria identità rinascimentale e barocca.

Aspetti architettonici e decorativi

Studi approfonditi (ad es. Galante) evidenziano come l’intonaco e le superfici decorate conservino materie prime locali quali tufi calcarei e tufo leccese, con strati di calce aerea, sabbia e polvere di pietra leccese . Questi materiali rappresentano l’intonachino di base, sovradipinto o rimaneggiato nei secoli successivi.

Le nicchie votive e stemmi araldici rispondono alla tradizione rinascimentale di inserire riferimenti simbolici nelle facciate e nelle volte a botte; alcuni stemmi lapidei, incastonati internamente, risalgono probabilmente alla metà del XVI secolo .

Significato culturale e fruizione

Palazzo Sambiasi rappresenta un esempio significativo della stratificazione storica e architettonica di Nardò. È nominato nei cataloghi del Ministero (cod. 1600197937) come bene in condizioni di alta rilevanza storico‑architettonica.

Inserito in itinerari turistici e culturali (visite guidate, percorsi "Visit Nardò"), viene esibito come modello di condivisione del patrimonio urbano e della memoria cittadina . Il recupero puntuale di decorazioni originali, stemmi e strutture architettoniche testimonia l’approccio filologico e conservativo adottato, allineandosi con le migliori pratiche del restauro dei beni architettonici in area salentina .

Bibliografia

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"La Speranza Verde degli Olivi: La Scienza contro la Xylella"

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