Puglia in fiamme: estate devastante, emergenza senza fine
di Antonio Bruno
Dal Gargano al Capo di Leuca, dal cuore del Barese fino alle coste del Salento, la Puglia brucia. In meno di due mesi, dal 15 giugno all’8 agosto, la regione ha contato 810 incendi boschivi. È la seconda più colpita in Italia, superata solo dalla Sicilia, dove nello stesso periodo se ne sono registrati 898.
I numeri sono devastanti: 42.281 interventi complessivi dei vigili del fuoco e della protezione civile in tutta la nazione, oltre 6.400 in più rispetto allo stesso periodo del 2024. In Puglia, ogni giorno, una media di 33 azioni di soccorso.
E quando il fuoco divampa, il cielo si riempie del ruggito dei Canadair. Solo nella prima settimana di agosto, 69 missioni aeree hanno tentato di domare le fiamme. Ma la flotta antincendio italiana soffre di carenze strutturali: nessuna base lungo la dorsale adriatica e il Canadair più vicino decolla da Lamezia Terme, in Calabria. Ogni minuto perso può significare ettari in più ridotti in cenere.
Luoghi simbolo cancellati dal fuoco
Il 18 luglio, le fiamme hanno inghiottito l’Oasi del Lago Salso, nel cuore del Parco Nazionale del Gargano: un paradiso di biodiversità, ridotto a un deserto fumante. Pochi giorni dopo, la Baia delle Orte a Otranto — meta turistica e scrigno naturale — è diventata un paesaggio spettrale.
In ogni provincia, il copione si ripete: focolai che diventano muri di fuoco, macchia mediterranea e pinete divorate in poche ore, comunità locali costrette ad assistere impotenti.
Oltre l’emergenza: le cause e le responsabilità
Gli incendi, quasi sempre dolosi, raramente hanno origine da autocombustione. Spesso basta un fiammifero, o una sigaretta lanciata dal finestrino. E troppo spesso — denunciano gli operatori — si attende prima di chiamare i soccorsi, finché le fiamme non sono già fuori controllo.
Ma dietro i numeri c’è anche un problema strutturale. Il Piano regionale antincendio richiama alla responsabilità tutti gli attori: istituzioni, comuni, protezione civile, forze dell’ordine, tecnici e operatori. La formazione AIB (Antincendio Boschivo) è carente, la manutenzione dei boschi insufficiente, l’agricoltura abbandonata.
Alcuni puntano il dito persino contro l’applicazione disinvolta di schemi della PAC (Politica Agricola Comune), che in certi casi avrebbero incentivato scelte di uso del suolo senza valutare l’impatto sul rischio incendi.
Un cambio di mentalità necessario
La lotta alle fiamme non è solo una questione di mezzi e uomini, ma di mentalità. Il passaggio a un modello di sviluppo sostenibile — economico, sociale e ambientale — richiede competenze nuove, collaborazione tra pubblico e privato, e soprattutto la volontà collettiva di proteggere ciò che resta.
"Non bastano i convegni", osserva un professionista locale impegnato nella protezione civile. "Servono tavoli di lavoro che trasformino le idee in azioni concrete. Perché la qualità della vita di tutti noi dipende anche da questo."
Questa estate, in Puglia, il fuoco non ha solo bruciato boschi: ha lasciato ferite profonde, visibili e invisibili. E mentre i dati continuano a crescere, una domanda resta sospesa nell’aria: quante estati ancora dovremo raccontare così?