Puglia, il mare che arretra. E la politica che tentenna
di Antonio Bruno
In Puglia il mare avanza. E la costa arretra. Non è una suggestione poetica, ma la più brutale delle constatazioni scientifiche: oltre il 53% delle spiagge sabbiose della regione è ormai inghiottito dall’erosione. Un’emergenza paesaggistica, ambientale, economica. Perché se ogni metro quadrato di arenile vale, in media, 1.600 euro l’anno di indotto turistico – che diventano 5mila in località “blasonate” come Forte dei Marmi – il danno prodotto dal silenzio delle istituzioni e dall’inerzia della politica diventa incalcolabile.
Le colpe del ritardo
Resistenza al cambiamento, lentezza nel riconoscere il problema, frammentazione eccessiva nella gestione del sistema mare: è questo il trinomio che ha condannato la Puglia a un decennale ritardo nell’affrontare la crisi. E lo conferma, senza mezzi termini, uno dei massimi esperti del settore: Roberto Tomasicchio, ordinario di Costruzioni idrauliche e marittime all’Università del Salento, presidente dell’Associazione di ingegneria offshore e marina e direttore del laboratorio Eumer.
Il suo giudizio è netto: «Il bando regionale per il contrasto dell’erosione costiera è un riconoscimento importante, ma tardivo. Le risorse stanziate sono insufficienti e la competizione tra comuni, ciascuno alle prese con altre emergenze, è un errore metodologico. L’erosione è un problema sovracomunale e va gestito in modo unitario». Non a caso, dei 96 comuni costieri pugliesi, nessuno è riuscito a presentare un progetto entro la prima scadenza.
L’esperienza sul campo
Chi scrive ha avuto il privilegio di conoscere Tomasicchio in un’aula universitaria, al Master in Diagnostica Urbana e Territoriale dell’Università del Salento. Le sue lezioni sull’erosione costiera e sulle dinamiche litoranee erano – e sono – un raro esempio di competenza scientifica e visione tecnica. È sorprendente che figure di tale livello debbano sottoporsi a bandi e procedure concorsuali che rallentano l’operatività di progetti strategici. Sarebbe logico, oltre che necessario, valorizzare professionalità così consolidate con incarichi diretti e continuità di gestione.
Un approccio diverso
Tomasicchio invita le amministrazioni a un salto di qualità: «Il mare e la costa sono un sistema dinamico. Ogni intervento su un tratto di litorale può avere effetti fino a decine di chilometri di distanza. Per questo servono opere protettive – dighe a scogliera, pennelli, ripascimenti – progettate e monitorate con costanza. E serve un servizio regionale unico, capace di superare la frammentazione attuale».
Un approccio “dinamico” anche nella gestione dei lavori: non cantieri a scadenza rigida, ma contratti flessibili che prevedano verifiche, aggiustamenti, ottimizzazioni in corso d’opera. Perché le opere marittime, a differenza delle costruzioni statiche, vivono e respirano con le onde e con le correnti.
Gli errori del passato
Gli esempi negativi non mancano. A Cerano Sud, negli anni ’90, si è tentato di arginare l’arretramento di una falesia d’argilla ignorando il ruolo dei sedimenti che alimentavano le spiagge salentine. Sul Gargano, un porto turistico ha fatto sparire chilometri di arenile. A Torre dell’Orso, l’eliminazione dei sedimenti provenienti dalle zone limitrofe ha accelerato la scomparsa della spiaggia.
Storie di ordinaria miopia amministrativa.
Il tempo che stringe
Il quadro è chiaro, i rimedi sono noti, gli esperti ci sono. Manca la volontà politica di trasformare la scienza in decisione. Ma il tempo non è infinito: l’erosione non aspetta, il mare non retrocede.
La Puglia rischia di perdere il suo bene più prezioso: la costa. E con essa, un pezzo della sua identità.