Non avere paura del tempo
Di Antonio Bruno
Ci insegnano, da bambini, che gli amici devono essere come noi. Nati nell’anno giusto, con lo zaino della stessa stagione e il cuore che batte al ritmo delle stesse mode. Ma poi la vita ci sorprende: le emozioni più vere spesso nascono proprio dall’incontro fra mondi lontani. E allora, sarà che la saggezza non ha età e che la felicità non fa la conta degli anni?
Le amicizie intergenerazionali sono ancora rare: solo il 37% degli adulti ammette di avere tra le sue persone più care qualcuno molto più giovane o più anziano di sé. Eppure, queste relazioni sono tutto tranne che una stranezza. Gli anziani raccontano che ritrovano uno scopo e un senso profondo quando si sentono ascoltati dai giovani. Quei giovani che hanno fretta e sogni, ma che davanti a una voce carica di esperienza imparano a vedere oltre il muro delle abitudini.
Come ha spiegato il professor Marc Schulz, che coordina l’Harvard Study of Adult Development, “le conversazioni tra persone di generazioni diverse regalano energia e ci aiutano a relazionarci con mondi che non conoscevamo”. Siamo tutti in cammino, ciascuno con il suo bagaglio: chi ha più strada alle spalle trasmette storie, chi ne ha meno spalanca finestre su futuri possibili.
La scienza ci dice che l’amicizia, in qualsiasi forma, è il miglior antidoto alla solitudine e uno degli ingredienti fondamentali della felicità. Lo studio di Harvard, che va avanti da quasi novant’anni, non distingue tra amici coetanei e non; individua però, senza esitazione, la qualità dei legami come principale predittore di benessere. Le relazioni autentiche preservano la salute mentale, ci aiutano ad affrontare le tempeste e, sì, rendono la vita più lunga e più luminosa.
Ci ostiniamo a pensare che il dialogo tra generazioni sia difficile, e a volte lo è. Portiamo con noi stereotipi, paure del giudizio, l’imbarazzo di non capire linguaggi diversi. Ma ogni barriera diventa una porta quando abbiamo il coraggio di bussare: basta una domanda, una risata fuori tempo, una confidenza sussurrata per scoprire che tutti, in fondo, abbiamo bisogno di sentirci accolti.
Non è solo retorica: i dati mostrano che vedere la vita attraverso gli occhi di chi è più giovane – o più anziano – aiuta a rompere i pregiudizi, a trovare nuove prospettive e a costruire una società più empatica. Una società capace davvero di prendersi cura delle fragilità e dei sogni dei suoi membri, senza lasciarli ai margini solo perché sono troppo avanti o troppo indietro nella corsa.
Forse la vera rivoluzione non sarà mai generazionale, ma generosa: aprire un po’ di più la nostra cerchia, scegliere di essere amici di chi non ci assomiglia. Per scoprire che, a volte, le differenze sono il miglior regalo che possiamo farci.
Bibliografia
1. Pazienti.it, “Amicizie intergenerazionali: ecco perché una persona amica non coetanea potrebbe farci stare meglio,” 17/11/2024
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3. Malasanitamedica.it, “L’importanza delle relazioni intergenerazionali e i benefici sugli anziani”
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5. Concolato, M. “Interventi di mentoring e service-learning intergenerazionali,” Unipd [PDF]
6. AARP Research: Embracing Friendships Across Generations, 11/06/2019
7. Geopop.it, “Le relazioni sociali sono il miglior indicatore della felicità? Harvard Study of Adult Development,” 19/03/2025
8. Fondazione Oikia, “Generazioni e amicizia,” 02/09/2025
9. AARP, “The Positive Impact of Intergenerational Friendships,” 21/05/2025
10. Harvard Gazette, “Good genes are nice, but joy is better,” 10/01/2024