La concezione del potere e della democrazia in Humberto Maturana: il caso Regione Puglia

di Antonio Bruno

(Riflessioni per una Rivoluzione Riflessiva, col vento e l’odore di mare lontano)

Al Bar Sport del paese, sotto il televisore che manda a ciclo continuo partite di serie C e promesse elettorali, qualcuno ogni tanto nomina filosofi. Non lo fanno per darsi un tono, ma perché qui le parole volano come rondini e a volte finiscono per posarsi sui tavoli di plastica insieme alle carte del tresette.

Humberto Maturana, ad esempio, è arrivato qui portato dal vento di Adriana Petrucci, che organizza conversazioni in una sala immensa con volte a stella. “Il potere”, diceva il cileno, “non è comandare, ma convivere.”
Al Bar Sport ci hanno riso su, ma poi ci hanno pensato: perché convivere, qui in Puglia, significa dividere il pane, l’ombra di un fico e persino la sedia di plastica quando manca posto.

La Regione, invece, sembra spesso una barca che prende acqua da tutte le parti: chi ha il secchio, chi la spugna, chi fa finta di remare. E intanto i passeggeri discutono su chi debba comandare il timone, dimenticando che il mare sotto è lo stesso per tutti.

Il vento del Salento, intanto, fa il suo mestiere: spazza le piazze, asciuga i panni e porta via le promesse troppo leggere. Ogni volta che arriva un’elezione, le parole volano come volantini sul corso, ma alla fine restano i muri scrostati, le panchine vuote, i ragazzi che partono in treno.

Eppure, la democrazia qui sa essere poesia semplice: una festa di paese dove la banda suona per tutti, non solo per i notabili in prima fila. Un comizio improvvisato sotto il lampione, dove qualcuno ti guarda negli occhi e non sul numero di tessera. Una pizzica che nasce spontanea: nessuno comanda, tutti seguono il ritmo.

Maturana avrebbe sorriso nel vedere queste serate di riflessione salentina, con vino e domande, più che con grafici e statistiche. Perché la rivoluzione riflessiva non è un grido, ma un respiro profondo: fermarsi, ascoltare, chiedersi se il vicino ha davvero bisogno di un favore o solo di un saluto.

Il potere, allora, non è un palazzo di vetro ma un tavolo di legno sotto la pergola. La democrazia non è un verbale, ma il silenzio rispettoso mentre l’altro parla.
E la Puglia, con le sue contraddizioni, resta una terra che può ancora insegnare: che governare non significa vincere, ma condividere; che la politica non dovrebbe somigliare a un’asta, ma a un pranzo di famiglia dove nessuno resta senza pane.

Il vento del Salento lo sa. Soffia tra gli ulivi secolari, porta polvere nelle piazze e pensieri nuovi nei cuori. Ci ricorda che ogni scelta, anche la più piccola, lascia un seme. E che la vera rivoluzione è saper coltivare insieme quel seme, senza gelosie, senza fretta.

Perché, come al Bar Sport, la vita è una lunga partita a carte: si vince, si perde, si bara pure. Ma alla fine conta solo restare insieme al tavolo, ridere del gioco e dividere l’ultima birra fresca.

 

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