"Fitofarmaci, la proposta che fa tremare i polsi: solo un agronomo può spruzzare"
di Antonio Bruno
Bruxelles sta per varare un pacchetto di semplificazione normativa che promette di alleggerire il carico burocratico sugli agricoltori europei. Tra droni, biocidi, residui e mangimi, si cerca di rendere più snello un sistema legislativo diventato, col tempo, un labirinto di carte, scadenze e controlli. Ma in questo clima di “meno burocrazia, più efficienza”, arriva da Lecce una proposta che suona quasi rivoluzionaria — e che, se adottata, rischia di ribaltare il senso stesso della semplificazione.
L’Associazione ADAF Lecce — laureati in Scienze Agrarie e Forestali — chiede infatti che l’uso dei fitofarmaci sia consentito solo sotto la diretta supervisione di un professionista laureato, il quale ne assuma piena responsabilità civile e penale. Non più l’agricoltore da solo in campagna con lo spruzzatore, non più il “fai-da-te” con il rischio di errori, inquinamento o residui fuori norma. Ma un atto tecnico, meditato, tracciabile — affidato a chi ha studiato agronomia, fitopatologia, ecotossicologia e normativa europea.
A prima vista, sembra una misura che aggiunge vincoli, non li toglie. Eppure, se si guarda oltre la superficie, la proposta dell’ADAF Lecce è in perfetto allineamento con lo spirito del Green Deal e con la strategia “Farm to Fork”: meno chimica, più competenza. Perché il vero onere non è la burocrazia, ma l’ignoranza. E il vero costo non è la consulenza, ma il danno ambientale, sanitario o commerciale causato da un trattamento sbagliato.
Oggi, in Italia, chiunque può acquistare e usare un prodotto fitosanitario, purché abbia il patentino — un corso di poche ore, spesso più formale che sostanziale. Il risultato? Campi trattati con dosi eccessive, miscele incompatibili, tempi inadeguati, contaminazioni di corsi d’acqua, prodotti bloccati ai confini per residui oltre soglia. E poi, quando scoppia il caso, nessuno sa chi ha deciso cosa.
La proposta leccese capovolge il paradigma: trasforma il fitofarmaco da strumento alla portata di tutti in un atto professionale, come prescrivere un farmaco o progettare un impianto idraulico. Non si tratta di creare un monopolio, ma di riconoscere che la difesa delle colture è una scienza, non un’arte empirica. E che la transizione ecologica passa anche — anzi, soprattutto — dalla qualificazione del capitale umano che opera in campagna.
Certo, i coltivatori storceranno il naso. “Un altro passo verso la burocratizzazione dell’agricoltura”, diranno. Ma la verità è un’altra: l’agricoltura del futuro non sarà fatta di meno regole, ma di più competenza. E se Bruxelles vuole davvero ridurre i rischi senza indebolire la produttività, farebbe bene a considerare questa idea non come un vincolo, ma come un’opportunità.
Perché alla fine, non si tratta di chi può spruzzare, ma di chi deve sapere quando, come e perché spruzzare. E su questo, i laureati in Scienze Agrarie non chiedono privilegi: offrono garanzie.
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Antonio Bruno
13 ottobre 2025