FESTIVAL GIORNALISTI DEL MEDITERRANEO 2025
In un’epoca segnata da smarrimento, violenza e incertezze globali, il valore della riflessione e del confronto diventa più che mai necessario. La diciassettesima edizione del Festival Giornalisti del Mediterraneo, in programma dal 3 al 6 settembre 2025 nello scenario suggestivo di Largo Porta Alfonsina a Otranto, si propone come spazio concreto per la costruzione di un pensiero condiviso. Un’occasione per tornare a interrogarsi sulle grandi questioni del presente, con uno sguardo critico, umano e soprattutto non rassegnato.
Il Festival nasce da una consapevolezza profonda: viviamo in un mondo che spesso appare incomprensibile, disordinato, attraversato da conflitti e crisi sistemiche che minano il senso stesso dell’esistenza. Eppure, è proprio in questa complessità che va ricercata una via comune, un insieme di valori capaci di resistere alla deriva del nichilismo, alla rassegnazione, alla violenza cieca che troppo spesso si manifesta anche nelle pieghe della vita quotidiana.
Un’agorà del pensiero in riva al Mediterraneo
“Per la sua posizione, Otranto è sempre stata luogo di passaggio, d’incontro, di dialogo tra civiltà”, sottolinea il sindaco Francesco Bruni. “Una città che ha conosciuto l’orrore della guerra, ma ha scelto la pace come orizzonte. Ed è questo il messaggio che vogliamo ribadire, soprattutto oggi, mentre il Mediterraneo è attraversato da conflitti drammatici che sembrano non trovare fine.”
Ed è proprio il Mediterraneo, con la sua storia millenaria fatta di scambi e tensioni, il cuore simbolico del Festival. Ma al centro del dibattito ci saranno anche le crisi che scuotono l’intero pianeta: la guerra in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente, l’impatto del cambiamento climatico sul cibo e sulle economie locali, le dinamiche geopolitiche che ridisegnano gli equilibri globali.
Accanto a questi, temi delicatissimi che toccano la sfera più intima e personale dell’esistenza: il dramma dei suicidi, la piaga dei femminicidi, la violenza domestica, la parità di genere ancora troppo spesso negata. Un’esplorazione a tutto tondo del vivere contemporaneo, in cerca di nuovi strumenti per comprenderlo e affrontarlo.
Il giornalismo come bussola etica
Al centro dell’edizione 2025, il ruolo del giornalismo e il diritto alla verità. “Fare il punto sulla nostra professione è oggi più urgente che mai”, spiega Tommaso Forte, ideatore del Festival. “In un contesto in cui l’informazione è sottoposta a pressioni, distorsioni, minacce, occorre tornare a difendere con forza l’indipendenza, la sicurezza e l’imparzialità del giornalista.”
Non si tratta solo di una questione professionale: il giornalismo è un presidio democratico, uno strumento fondamentale per garantire ai cittadini l’accesso a un’informazione corretta, pluralista, verificata. È un lavoro che richiede coraggio, rigore e una profonda responsabilità etica. E questo il Festival lo riconosce e lo celebra.
I protagonisti e il Premio Caravella del Mediterraneo
Tra i momenti più significativi della rassegna, anche quest’anno, la consegna del Premio Caravella del Mediterraneo, riconoscimento assegnato a figure di alto profilo che si sono distinte nella difesa dei diritti umani, della pace e della verità.
Il 5 settembre, i premi andranno a:
Ibrahim Faltas, Vicario della Custodia di Terra Santa, simbolo di dialogo in una terra martoriata dal conflitto;
Nello Scavo, inviato speciale di Avvenire, tra le voci più autorevoli del giornalismo d’inchiesta e di guerra.
Il 6 settembre, invece, saranno premiati:
Gen. Guido Geremia, comandante della Guardia di Finanza per la Puglia;
Mariangela Pira, giornalista di Sky TG24, esperta di economia globale;
Silvia De Santis, reporter della trasmissione Carta Bianca;
Mons. Francesco Neri, vescovo di Otranto, per il suo impegno a favore della dignità umana;
Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, voce critica e pungente del panorama giornalistico italiano.
Uno spazio per ripensare il presente
Il Festival Giornalisti del Mediterraneo non è un semplice evento culturale: è un laboratorio vivo, un luogo dove si costruiscono connessioni tra storie, saperi e sensibilità diverse. È un invito a fermarsi, ad ascoltare, a mettere in discussione certezze e pregiudizi. È, soprattutto, un atto di fiducia nella possibilità di ritrovare – insieme – il filo logico e umano delle cose.
Perché solo nel confronto onesto, nella ricerca della verità e nella volontà di comprendere, possiamo trovare antidoti alla disumanizzazione del nostro tempo