Dove il dolore diventa luce

di Davide Tommasi

San Cesario di Lecce abbraccia la forza di una madre: emozioni e cultura alla presentazione del libro di Gisella Centonze "Sopravvivere ad un figlio"

San Cesario di Lecce, 1 ottobre 2025 – Ci sono serate che non si dimenticano. Eventi che vanno oltre la cronaca, perché toccano corde profonde dell’animo umano, attraversano il silenzio e diventano testimonianza viva, emozione collettiva, memoria condivisa. È ciò che è accaduto nella splendida cittadina salentina di San Cesario di Lecce, dove si è svolta la presentazione del libro “Sopravvivere ad un figlio” di Gisella Centonze.

Un titolo forte, crudo, necessario. Una madre che sceglie di scrivere, non per dimenticare, ma per ricordare. Per dare voce al dolore più grande che si possa immaginare: la perdita di un figlio. E da lì – da quella ferita aperta – nasce un libro che non è solo racconto, ma inno alla vita, gesto di resistenza, atto d’amore.

Un’intera comunità riunita attorno a una storia che è di tutti

A ospitare l’evento, la calorosa Sala Consiliare del Comune di San Cesario di Lecce, gremita in ogni posto disponibile, con tante persone in piedi o affacciate alla porta, spinte dal desiderio non solo di ascoltare, ma di esserci. Di partecipare. Di condividere. Presenti autorità, famiglie, giovani, anziani, amici e semplici lettori: uniti da un unico sentimento, l’empatia.

A fare da filo conduttore della serata è stata l’Assessore alla Cultura Anna Luperto, che ha aperto l’incontro con parole piene di consapevolezza:

«Scrivere è un atto d’amore, leggere è un atto di cura. In una società che corre e spesso dimentica, noi qui a San Cesario scegliamo di fermarci, di ascoltare, di leggere. Questa città è parte del progetto Una città che legge, e oggi più che mai dimostra di meritare quel titolo. La cultura è il nostro modo di restare umani, e questa serata ne è la prova».

Il Sindaco Giuseppe Distante: "Grazie, Gisella, per averci donato la tua verità"

A prendere la parola poi è stato il Sindaco Giuseppe Distante, che ha raccontato il momento in cui è arrivata la proposta di ospitare l’evento:

«Quando è giunta la richiesta, non c’è stato alcun dubbio. Ho detto subito sì, senza esitazioni. Perché questo libro non è solo una testimonianza, ma un atto di coraggio. Un atto che parla a ogni genitore, a ogni essere umano. Grazie, Gisella, per averci aperto il tuo cuore. Con le tue parole hai trasformato il dolore in consapevolezza, la tua voce in speranza per tanti altri».

Medicina e umanità: la Dott.ssa Titti Tornesello tra memoria e speranza

Tra gli interventi più intensi, quello della Dottoressa Titti Tornesello, primaria del reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce. Oltre a essere medico, è amica dell’autrice e ha seguito da vicino la storia di Filippo, figlio di Gisella.

«Ironia della sorte – ha detto con voce rotta dall’emozione – oggi mi piace pensare che Filippo e Stefano siano qui, tra di noi. Sorridenti, seduti in fondo alla sala. Oggi la ricerca ha fatto passi da gigante: l’80% dei tumori pediatrici è curabile. Ma la vera cura, quella dell’anima, passa anche dalla memoria. E questo libro è una cura per tutti noi».

La Dottoressa Tornesello ha sottolineato anche l’importanza della musica come strumento terapeutico, parlando del progetto nato proprio grazie a Gisella, che ha donato una tastiera professionale al reparto, per permettere ai bambini di esprimersi suonando.

Angela Perulli: “La parola scritta come ponte tra dolore e rinascita”

Ha poi preso la parola la poetessa e scrittrice Angela Perulli, che ha accompagnato l’autrice nel suo percorso editoriale, raccontando i dubbi, le pause, le emozioni, fino alla pubblicazione del libro:

«Scrivere questo libro è stato per Gisella un parto dell’anima. Ogni parola pesa, ogni riga è un passo in bilico. Ma il risultato è un’opera potente, che non solo racconta, ma abbraccia. Sopravvivere a un figlio è un inno alla vita, una preghiera laica, un modo per dire: “Non sei solo”».

Il ricordo dell’amicizia: la voce di Francesca Luperto

Altro momento carico di emozione è stato l’intervento di Francesca Luperto psicologa , compagna di scuola di Filippo, che ha portato in sala un pezzo del suo vissuto:

«Filippo era luce. Sempre. Anche nei giorni più difficili. Ricordo le nostre giornate a scuola, le battute, gli sguardi complici, i sogni condivisi. Parlare di lui oggi è difficile, ma è anche necessario. Perché chi ci ha amato davvero resta con noi. E Filippo, in qualche modo, è ancora qui».

Gisella Centonze: “Scrivo per chi non può più farlo”

Poi è arrivato il momento più atteso: la voce di Gisella Centonze, accolta da un lungo applauso, caldo e sincero. L’autrice, visibilmente emozionata, ha parlato con semplicità e profondità, senza maschere, senza retorica:

«Sopravvivere ad un figlio non è una scelta. È un obbligo imposto dalla vita. E io ho deciso di non restare ferma nel dolore. Ho scelto di scrivere. Di ricordare. Di fare qualcosa di utile, come se Filippo fosse ancora accanto a me. Quando ho chiesto alla Dottoressa Tornasello: "Come posso aiutare?", la risposta è stata: la musica. Ed è nato il progetto della tastiera donata al reparto. E poi ancora, eventi, incontri, iniziative. Perché il dolore, se condiviso, può diventare luce».

La musica come ponte: i fratelli Renis e Monica Terlizzi in un omaggio sonoro a Filippo

Uno dei momenti più toccanti della serata è stato quello musicale, a cura dei Fratelli Giovanni e Luigi Maria Renis, accompagnati da Monica Terlizzi alla tastiera. I due musicisti hanno suonato la batteria che Filippo suonava ogni giorno , riportando idealmente in vita il suo suono, la sua passione, la sua energia.

Ogni nota sembrava un respiro, ogni battito un ricordo. Il pubblico, in religioso silenzio, ha ascoltato con occhi lucidi e cuore aperto. La musica è diventata preghiera, abbraccio, memoria viva.

Nel corso della serata, l’insegnante Graziella Albani ha letto alcuni brani tratti dal libro, dando voce scritta ai pensieri di Gisella. Le sue parole hanno attraversato la sala come un sussurro dolce e profondo, chiudendo il cerchio della narrazione.

Firmacopie, dediche e abbracci: la forza delle storie vere

Il finale è stato quello che ogni evento culturale sogna: una fila lunga e ordinata di persone che si sono avvicinate a Gisella per una firma, una dedica, una parola, un abbraccio. In molti non hanno trattenuto la commozione. Altri, silenziosi, hanno semplicemente stretto la mano all’autrice, come a dire: “Grazie per averci raccontato ciò che spesso non riusciamo a dire”.

“Sopravvivere ad un figlio”: un libro che è molto più di un libro.È un atto di coraggio.

È una madre che non si arrende.È un figlio che continua a vivere tra le parole, tra le note, tra noi.

Indietro
Indietro

SOCIETA’ CALCIO Casarano

Avanti
Avanti

AL BYBLOS I RITMI BALCANICI DEGLI ZINGARUA. SPECIAL GUEST TERRON FABIO